Care compagne, quando abbiamo deciso intorno agli inizi di febbraio di fare questo nostro coordinamento il 20 marzo, presagendo, e sbagliando, un determinato risultato elettorale, ci eravamo ripromesse di parlare in relazione della presenza femminile all’interno delle liste dei candidati e quindi in Parlamento. Non vi nascondo che il risultato elettorale aveva abbastanza minato il mio entusiasmo nell’affrontare il tema, toccando a me la relazione. Poi sabato, con l’elezione di Laura Boldrini a Presidente della Camera… qualcosa è cambiato. Non solo perché è una donna ad assumere un incarico così importante (la terza, dopo Nilde Iotti e Irene Pivetti), ma perché è la donna che ha fatto QUEL discorso di insediamento che tanti uomini, soprattutto di destra ma non solo, giudicano retorico e pieno di luoghi comuni. Probabilmente perché lo ha fatto una donna? Io non so se è retorico, so che molti, come me, si sono emozionati nell’ascoltarlo, e non credo sia così comune emozionarsi nell’ascoltare un discorso di insediamento, in Italia. Ma sentire che:
“la Camera deve essere anche luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno” che “tutti dovranno impegnarsi a restituire piena dignità ad ogni diritto” nella battaglia “contro la povertà e non contro i poveri”. Sentire che “quest’aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale” e “farsi carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore”. E soprattutto che. “la politica deve tornare ad essere una SPERANZA, UN SERVIZIO, UNA PASSIONE”.
Credo abbia restituito a tanti il senso perduto delle cose, e la speranza che qualcosa stia davvero cambiando. Ed il cambiamento passa necessariamente attraverso un ricambio generazionale ed una maggiore presenza delle donne nei luoghi decisionali della politica, positivi quindi i dati relativi alle ultime elezioni:
- età media deputati : 45 (ulitma legislatura 54)
- età media senatori: 53 (ultima leg. 57)
- donne alla Camera: 32% (ultima leg. 21%)
- donne al Senato: 30% (ultima leg. 19%) nelle liste in posizione avanzata PD con 41% donne e M5S 38%
Il cambiamento passa attraverso un ricambio generazionale e una maggiore presenza femminile nei luoghi decisionali perché la situazione di donne e giovani è la più compromessa. Il rapporto “Donne in Italia” del 2012 voluto dal Ministero del Lavoro e dall’Ue dimostra che nonostante teorie economiche, ormai di qualche anno fa e che noi conosciamo bene grazie all’economista Luisa Rosti, che dimostravano come lo sviluppo e la ripresa passino dal lavoro femminile, nulla è cambiato da quella elaborazione, anzi è peggiorato.
Illuminante anche il rapporto BES 2013, Benessere Equo Sostenibile in Italia, pubblicato la settimana scorsa, realizzato dal CNEL e dall’ISTAT, una tappa importante nel dibattito mondiale iniziato nei primi anni del 2000 dall’OCSE, a cui è seguita la dichiarazione di Istanbul del 2007 sulla necessità di misurare il progresso di una società andando oltre le misure economiche convenzionali (PIL pro capite). Il BES 2013 individua 12 indicatori der misurare il benessere della società tra cui:
- La salute
- Il lavoro e la conciliazione dei tempi di vita
- Il benessere economico
- la politica e le istituzioni
- qualità dei servizi
e si propone di diventare riferimento costante e condiviso dalla società (coinvolte parti sociali e cittadinanza) con funzione di indirizzo dell’attività politica e delle parti sociali. Da questa indagine emerge ancora il cattivo impiego delle risorse umane del Paese, con particolare riferimento a donne e giovani.
Tasso di occupazione tra i più critici dell’UE a 27: peggiorato con la crisi Tasso di disoccupazione peggiorato, in particolare giovani, donne giovani Peggiorati indicatori qualità dell’occupazione (stabilità, regolarità, retribuzione, coerenza occup-formazione) Accentuate diseguaglianze accesso al lavoro (di genere,territoriali) DONNE
- Tasso di occupazione femminile non raggiunge il 50% (media europea 65%)22 p.p. di differenza con uomini
- Più elevata instabilità occupazionale
- Più lavoro a termine
- Minore probabilità di stabilizzazione entro l’anno Salari più bassi
- Più alta probabilità di lavoro non coerente con formazione
- Più elevato tasso di mancata partecipazione al lavoro (donne che cercano poco attivamente o scoraggiate)
La qualità dell’occupazione di un Paese si misura anche dalla possibilità che le donne, in particolare quelle con figli piccoli, riescano a conciliare lavoro retribuito e cura familiare. In Italia le donne con figli piccoli hanno probabilità di lavorare 30% inferiore alle donne senza figli. Cause: mancanza di servizi ma anche permanere di una differenza di genere nella ripartizione del lavoro di cura. Solo il 9% degli uomini prende congedo parentale (soprattutto al CentroNord)-. Il dato preoccupante è che per più della metà delle donne che interrompono il lavoro dopo la nascita di un figlio non è una libera scelta.
Sui congedi parentali porto alla vostra attenzione un fatto grave segnalato dalla compagna Barbara Malini, che si occupa delle lavoratrici delle agenzie in gestione libera: per cui il consiglio nazionale consulenti del lavoro avrebbe assunto l’indirizzo che il congedo parentale (maternità facoltativa) non dia diritto al TFR. Credo sia superfluo dire quanto sia oltre che ingiusto, pericoloso questo indirizzo che potrebbe estendersi ad altri settori, vanificando ulteriormente un importante strumento di conciliazione. Chiedo alle compagne che seguono il settore di verificare l’estensione del fenomeno e di farcelo sapere, mentre verifichiamo quale strada sia possibile intraprendere.
Strumenti di conciliazione. Il PART TIME: 29% donne italiane (media europea 31,4%; Germania 45% Olanda 76%) Ma per il 46,(% il p.t. NON è una libera scelta, ma condizione determinata dall’impossibilità di trovare lavoro a tempo pieno (media eu 24%). ASILI NIDO Insufficienti perché inevaso il 25% delle domande STRUTTURE PUBBLICHE garantiscono assistenza domiciliare solo al 3%.
Permane il GAP SALARIALE rapportando la retribuzione lorda per giornata retribuita la donna guadagna in media il 72% del salario dell’uomo (questa percentuale scende al 66% nelle attività finanziarie). Anche le PENSIONI sono più basse per le più basse retribuzione e la vita lavorativa più discontinua 2008 pensione media 992,00 per le donne 1428,00 per uomini Il 27% donne ha pensione inferiore a 500. Il 59% inferiore a 1000.
In Italia aumenta il RISCHIO POVERTA’ le famiglie non riescono più a fare da ammortizzatore economico per i soggetti più deboli (donne e giovani), hanno tamponato la progressiva erosione del potere di acquisto intaccando i risparmi e alcuni anche indebitandosi (tra il 2007 e il 2010 l’indebitamento delle famiglie è aumentato di 8 pp) Donne: rischio povertà più elevato soprattutto nelle fasce anziane. Le donne con reddito sotto la soglia di povertà sono il 19,8%, gli uomini il 17%.
In Italia quasi 7 milioni di donne hanno subito una VIOLENZA FISICA O SESSUALE e nel 90% dei casi non la denuncia. Sono in aumento le donne vittime di omicidi (più di un quarto del totale) e sono in aumento gli stupri. Solo NEL MONDO DEL LAVORO sono un milione e 220mila le donne che hanno nsubito molestie o ricatti sessuali: al momento della ricerca del lavoro, per l’assunzione, per mantenere il posto o fare carriera. Anche in questi casi l’81% non ne parla con i colleghi e praticamente NESSUNO DENUNCIA. Per questi motivi, per il permanere di una condizione di disparità in tanti, troppi campi abbiamo bisogno di donne in politica, nel Parlamento per fare le leggi, e nel sindacato per una politica di genere nella contrattazione. Da parte nostra infatti dobbiamo continuare a tenere alta l’attenzione e l’elaborazione sui temi di genere, non dandoli mai per scontati o acquisiti, per poi tradurli nella pratica delle CPO e nella CONTRATTAZIONE. Sul tema della
CONCILIAZIONE TEMPI DI VITA : La riforma del Mercato del Lavoro prevede congedo di paternità (un giorno obbligatorio e 2 facoltativi) direttamente esigibili; passo in avanti per una migliore distribuzione del lavoro di cura ma ancora non sufficiente. Si può facilitare prevedendo più giorni o maggiore integrazione salariale nei contratti integrativi La legge di stabilità ha previsto la possibilità di fruire i congedi parentali a ore, ma lascia alla contrattazione nazionale la regolamentazione, ed è attualmente oggetto del verbale di accordo in tema di conciliazione tempi di vita e lavoro, Pari opportunità e RSi di cui ci parlerà Elena Aiazzi, come ipotesi di usare questa possibilità come part time “garantito” e meglio retribuito fino ai due anni e mezzo del figlio. Nel ns settore la possibilità per le aziende di estendere l’orario di lavoro, cosa che per il momento è avvenuta in Intesasanpaolo, ma già altre aziende dichiarano di volerla applicare, sta creando non pochi problemi e criticità sulla reale possibilità di conciliazione. In Intesasp i problemi si traducono anche in tensioni tra colleghe e colleghi, a causa della non turnazione dei part time, oltre a problemi di pendolarismo, di chiusura scuole e asili, e problemi di sicurezza nelle filiali in zone isolate e a più alto rischio criminalità. Come Coordinamento donne il 6 marzo del 2012 avevamo fatto un ordine del giorno in cui, tra gli altri punti, esprimevamo tutta la nostra preoccupazione per le possibili ricadute sulla qualità della vita dei lavoratori, e soprattutto delle lavoratrici, sulle quali ricade ancora prevalentemente il lavoro di cura, derivanti dall’estensione dell’orario. Raccomandavamo si tenesse in massima considerazione la volontarietà delle donne in considerazione proprio dei problemi connessi alla sicurezza, oltre ad auspicare si individuassero tutte le possibili innovazioni in termini di flessibilità positiva per poter prestare l’attività lavorativa in fasce orarie compatibili con carichi familiari). La Fisac sta cercando di portare queste istanze all’interno dell’accordo in tema di conciliazione, di cui vi ho accennato sopra e che darà vita alla CPO nazionale e all’Osservatorio nazionale in tema di RSI. Nell’attività della CPO si prevede che si valuti attentamente l’ODL per favorire la parità di genere nella retribuzione > attenzione su questo punto alle ricadute che accordo separato produttività e il seguente Decreto di detassazione sul salario di produttività, prevedendo che quote del salario nazionale possano essere rimesse al secondo livello di contrattazione, legandolo alla produttività derivante da flessibilizzazione degli orari quindi in base a presenza/quantità di lavoro saranno penalizzanti per le donne! In alcuni settori già ci sono premi di produttività legati alla presenza e quindi discriminanti nei cfr delle donne ( a volte incidono perfino assenze per maternità obbligatoria) Questi sono temi da far vivere a tutti i livelli dell’organizzazione, a tutti i livelli di contrattazione, nella cpo aziendali.
Ma un REALE CAMBIAMENTO che porti ad una REALE CONTRATTAZIONE DI GENERE come nella politica, così nel sindacato, può avvenire solo se le donne sono presenti nei luoghi decisionali, ci vuole insomma una rappresentanza paritaria nelle delegazioni trattanti. Molto è stato fatto dentro il sindacato, la Fisac sicuramente avanti rispetto ad altre categorie per quanto riguarda la norma antidiscriminatoria, ma non basta, andiamo avanti.