L’Italia investe sempre meno nella formazione degli adulti. A differenza della maggioranza dei paesi europei, nel corso della crisi il nostro paese ha ulteriormente ridotto l’investimento nella formazione degli adulti.
Le persone tra i 25 e i 64 anni che si dedicano alla propria formazione sono sensibilmente diminuite e passate dal 6,2% del 2010 al 5,7% del 2011. Una percentuale molto distante dall’obiettivo europeo che prevede che entro il 2020 almeno il 15% della popolazione di quell’età partecipi alla formazione, mentre la media del resto d’Europa è dell’8,9%.
“Questo – spiegano fabrizio Dacrema e Patrizia Dandolo del dipartimento Formazione e ricerca della CGIL nazionale – è il dato principale che il XIII Rapporto ISFOL sulla formazione continua ci consegna insieme all’immagine di una paese che non sta “utilizzando” la crisi per affrontare i problemi strutturali che frenano la crescita economica, tra i quali uno dei principali è rappresentato dal deficit formativo della popolazione attiva”.
I paesi del Nord Europa, il cui tasso di crescita economica è decisamente superiore alla media europea, hanno anche tassi di partecipazione degli adulti alla formazione altrettanto superiori. La Danimarca vede infatti il 32,3% della popolazione tra i 25 e i 64 anni dedicarsi alla formazione, il 25% in Svezia, Paesi Bassi con il 16,7%. In Italia la formazione degli adulti era cresciuta nel 2004-2008, la tendenza si è invertita nel 2008 e continua ad avere un segno meno. “Una tendenza – avvertono i due sindacalisti – decisamente preoccupante in un paese in cui oltre 28 milioni di adulti sono in possesso solo del titolo di studio del primo ciclo di istruzione”.
Siamo quindi di fronte, proseguono dacrema e Dandolo “ad una vera e propria emergenza che impone un impegno congiunto di istituzioni e parti sociali affinché si assegni alla formazione continua un ruolo centrale, definendo bene gli obiettivi da raggiungere, cioè – spiegano – verso quali settori, aree, lavoratori e professionalità indirizzare la negoziazione di politiche formative più ampie, condivise, e finalizzate al rilancio delle politiche industriali e dei servizi”.
In allegato pubblichiamo una nota di Fabrizio Dacrema e Patrizia Dandolo in cui si analizzano nel dettaglio i dati forniti dall’indagine dell’Isfol e il testo del rapporto.
Le persone tra i 25 e i 64 anni che si dedicano alla propria formazione sono sensibilmente diminuite e passate dal 6,2% del 2010 al 5,7% del 2011. Una percentuale molto distante dall’obiettivo europeo che prevede che entro il 2020 almeno il 15% della popolazione di quell’età partecipi alla formazione, mentre la media del resto d’Europa è dell’8,9%.
“Questo – spiegano fabrizio Dacrema e Patrizia Dandolo del dipartimento Formazione e ricerca della CGIL nazionale – è il dato principale che il XIII Rapporto ISFOL sulla formazione continua ci consegna insieme all’immagine di una paese che non sta “utilizzando” la crisi per affrontare i problemi strutturali che frenano la crescita economica, tra i quali uno dei principali è rappresentato dal deficit formativo della popolazione attiva”.
I paesi del Nord Europa, il cui tasso di crescita economica è decisamente superiore alla media europea, hanno anche tassi di partecipazione degli adulti alla formazione altrettanto superiori. La Danimarca vede infatti il 32,3% della popolazione tra i 25 e i 64 anni dedicarsi alla formazione, il 25% in Svezia, Paesi Bassi con il 16,7%. In Italia la formazione degli adulti era cresciuta nel 2004-2008, la tendenza si è invertita nel 2008 e continua ad avere un segno meno. “Una tendenza – avvertono i due sindacalisti – decisamente preoccupante in un paese in cui oltre 28 milioni di adulti sono in possesso solo del titolo di studio del primo ciclo di istruzione”.
Siamo quindi di fronte, proseguono dacrema e Dandolo “ad una vera e propria emergenza che impone un impegno congiunto di istituzioni e parti sociali affinché si assegni alla formazione continua un ruolo centrale, definendo bene gli obiettivi da raggiungere, cioè – spiegano – verso quali settori, aree, lavoratori e professionalità indirizzare la negoziazione di politiche formative più ampie, condivise, e finalizzate al rilancio delle politiche industriali e dei servizi”.
In allegato pubblichiamo una nota di Fabrizio Dacrema e Patrizia Dandolo in cui si analizzano nel dettaglio i dati forniti dall’indagine dell’Isfol e il testo del rapporto.
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