Sì, noi siamo indignati. Perché il Monte dei Paschi in pochi giorni ha cancellato due mesi di collaborazione e di innovazione per tutelare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori e per riuscire a tenere in piedi la banca e la sua complessa operatività.
La settimana scorsa, il giorno 15 maggio, a sole due ore dalla conclusione di una dura settimana di lavoro, i dipendenti della banca hanno saputo con una mail che lo smart working era cancellato nella Rete delle Filiali. In poche ore si è passati dalla prudenza e dall’attenzione per evitare al massimo la diffusione del contagio del Covid 19 alla cancellazione pressoché totale della forma di tutela reale dei lavoratori: lavorare da casa. Da lunedì 18 maggio si rientra al lavoro e si passa direttamente alla Fase 3, saltando persino il Protocollo sottoscritto con le parti sociali, previsto dal Governo come allegato all’ultimo DPCM. La banca decide quindi che nelle filiali si deve garantire una presenza massima del 75% degli organici. Il 25%, però, non andrà al lavoro a proprie spese, con ferie, Aso o con l’utilizzo discrezionale da parte dell’azienda del codice 893, cioè quei giorni a carico del Fondo di Solidarietà destinati ad una platea comunque ridotta di lavoratori. E chi decide chi resterà a casa? Con quali criteri oggettivi? E come sarà programmata la presenza o l’assenza? E gli altri? Tutti coloro che hanno carichi familiari, perché le scuole resteranno chiuse, come si organizzeranno? Come potranno organizzare la gestione dei bambini e degli adolescenti sfibrati da mesi di isolamento dalla vita sociale, cosa che segnerà la formazione del loro carattere e che quindi devono essere accompagnati con attenzione e affetto?
Ieri, il 19 maggio, la banca ripristina lo smart working. Bene, si penserà. Si ripristinerà una turnazione che copra tutte le colleghe e i colleghi e con una particolare attenzione alle situazioni di fragilità? No. Decide l’azienda giornalmente senza un criterio condiviso con le OOSS e saltando a pié pari qualsiasi informativa alle RSA periferiche che, secondo la logica aziendale, devono restare alla finestra ad aspettare le decisioni aziendali.
La banca ha deciso di mostrare il ghigno del potere? Quel potere della finanza che ha la meglio sull’umanità dei rapporti con le persone? Anche in questo caso va ricordato che quelle persone, le lavoratrici ed i lavoratori, in queste settimane hanno tenuto in piedi la baracca. A partire dai titolari, ai responsabili di linea, ai gestori, agli ODS, ai supporti operativi, a tutti coloro che in questi mesi hanno contribuito, ognuno con le proprie forze fisiche e mentali, a restare vicini ai bisogni di un paese che viveva una crisi epocale. Tutti i dipendenti hanno garantito la massima professionalità e produttività sia in presenza nelle filiali che a casa misurandosi con una modalità nuova, per loro e per la banca, con lo strumento dello smart working. Sono stati mesi in cui le lavoratrici e i lavoratori, non solo del Monte, hanno misurato il livello di inadeguatezza tecnologica delle banche italiane, sia da un punto di vista hardware, software e delle infrastrutture informatiche. E nonostante questi evidenti limiti ognuno di loro ha contribuito a superarli e risolvere i problemi prima tecnici e poi operativi, imparando un nuovo modo di lavorare che, tra l’altro, ha consentito all’azienda di ridurre i costi operativi.
Peccato, questa emergenza drammatica poteva essere un’occasione di cambiamento anche per le banche.
Poteva essere l’opportunità di ripensare una nuova organizzazione del lavoro che, tra l’altro, avrebbe consentito anche a loro di innovarsi veramente. Invece no. Anche questa volta si è scelta la strada, priva di qualsiasi buon senso, della restaurazione, del ritorno all’antico, del mito della “vendita” a tutti i costi. Fuori, però, c’è un paese accerchiato dalla miseria che non ha bisogno di “prodotti”, ma di soluzioni complesse a problemi complessi.
Serve aria nuova. Serve il coraggio di cambiare. Serve la capacità di tutelare il patrimonio umano dei dipendenti. Perché senza di loro non si va da nessuna parte.
Pertanto, in considerazione di quanto sopra: Richiediamo
– il pieno rispetto del Protocollo sottoscritto con le Parti Sociali, e che è allegato al nuovo DPCM pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, il quale mette al centro dell’organizzazione del lavoro anche nella cosiddetta Fase 2 l’utilizzo dello Smart Working come strumento principale per ridurre al minimo la presenza dei lavoratori sui posti di lavoro al fine di garantire il distanziamento sociale. Le filiali non garantiscono negli spazi comuni il rispetto di quanto previsto nel DPCM con la presenza degli organici al 75%;
– la giusta attenzione all’equilibrio delle esigenze produttive con quelle lavorative e con quelle personali. In questa fase non è ammissibile ricominciare con pressioni commerciali che sono fuori luogo nel contesto economico e sociale del paese. Serve continuare a percorrere la strada di una corretta assistenza alle famiglie e alle imprese, comprese quelle dei dipendenti con le loro esigenze in un momento drammatico e mai verificatosi nella storia della Repubblica.
Se la Banca persisterà in questo atteggiamento valuteremo tutti gli strumenti di tutela delle colleghe e dei colleghi.
Brindisi, 20 maggio 2020
RSA Fabi- Fisac/CGIL Territorio di Brindisi