Il 29 ottobre 2019 a Firenze Banca Intesa Sanpaolo ha organizzato – in collaborazione con la Regione Toscana, INAIL Direzione Regionale, Società Italiana di Ergonomia e Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze – un Convegno dal titolo “25 anni dal decreto legislativo 626: traguardi e nuove sfide”.
L’evento è stata una occasione per un importante momento di confronto sul valore della prevenzione in ogni ambiente di vita, studio e lavoro, con un approfondimento dedicato al settore terziario e bancario che, pur non presentando risultati allarmanti, ha bisogno di un focus sui rischi emergenti – come ad esempio lo stress lavoro correlato – utile per aumentare la prevenzione. Quello creditizio è un settore nel quale gli infortuni sul lavoro in itinere sono in aumento ed il motivo principale è dovuto, anche in questo settore, alle fusioni societarie che generano maggiore mobilità.
Gli interventi del convegno sono stati aperti, sul tema degli aspetti legislativi negli ultimi 25 anni dal magistrato presso la Corte di Cassazione e già consulente della Commissione d’inchiesta del Senato su infortuni e malattie professionali, Bruno Giordano il quale ha rilevato come l’insicurezza sia un costo sanitario, assicurativo, previdenziale, giudiziario, amministrativo che sosteniamo tutti come spesa pubblica: è il 2,6% del Pil, cioè l’equivalente di quattro manovre di stabilità.
Ha, poi, posto l’accento sul fatto che già dal 1927 c’è stata la prima norma in materia di sicurezza, seguita negli anni 50 da un migliaio di articoli; la legislazione partiva dalla considerazione di proteggere i lavoratori dal punto di vista oggettivo, ossia “rendere protetto l’oggetto per proteggere il soggetto”. Oggi la valutazione del rischio mette al centro la persona, concezione soggettiva, anticipata dallo statuto dei lavoratori del 1970 e dalla riforma sanitaria del 78 che impose la valutazione del rischio alle ASL alle prese, però, della cronica carenza di ispettori del lavoro.
Nel 1991 fu emanato il decreto su piombo, amianto, mentre la Legge 597/1992 ha vietato l’uso dell’amianto.
Proprio partendo dalla difficoltà del potere pubblico a garantire una efficace valutazione del rischio, fu emanato il Decreto 626/1994 con al centro il concetto che tale valutazione sia posta in capo al datore di lavoro.
Bruno Giordano si è poi soffermato sul decreto 81/08 e ha notato come, in questi anni, le figure ivi astrattamente disegnate siano cambiate: il DL è il soggetto titolare che esercita il potere decisionale di spesa in materia di salute e sicurezza; RSPP è diventato il soggetto centrale nella scelta di valutazione del rischio; il medico competente – figura importante e centrale con funzione propulsiva – deve partecipare alla riunione periodica, dragare i profili sanitari della sicurezza e quindi i principi per fondare la prevenzione. Si pensi allo stress lavoro correlato che include nella valutazione delle competenze psicologiche oltre che mediche. I rischi organizzativi: es. rischio rapina (fatto aggressivo ad opera di soggetti esterni).
Il magistrato, successivamente, ha fatto notare che in dieci anni sono avvenute 308 modifiche sugli articoli del TU su 320 articoli, e comunque alcuni decreti ministeriali non sono ancora stati perfezionati.
“Le norme vanno bene, ma per applicarle ci vogliono gli ispettori per far controlli e, quindi, prevenzione”.
Da questo punto di vista, però, la costituzione dell’Ispettorato con funzionari Inps e Inail è ancora totalmente insufficiente.
A seguire c’è stato l’intervento di Mario Papani, dirigente dell’Ufficio pianificazione organizzazione e attività istituzionali, che ha illustrato l’andamento infortunistico. Secondo i dati presentati, le denunce di infortuni sul lavoro in Toscana registrano un lieve aumento nei primi otto mesi del 2019, rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, ma con meno incidenti mortali: le denunce da gennaio ad agosto sono state 32.148, lo 0,71% in più dei primi otto mesi del 2018. Le denunce di infortuni mortali, in parallelo, sono scese del 25,49%, arrivando a quota 38, mentre aumentano le malattie professionali (5.249, +3,82%) che fanno segnare un vistoso incremento soprattutto per le donne: +11,13%, contro il +0,68% degli uomini che però si ammalano in misura doppia (3.682 contro 1.747).
Sul tema “stress lavoro correlato e tecnostress” è, poi, intervenuto Massimo Paoli dirigente medico sovrintendenza sanitaria regionale Inail Toscana che ha definito la salute come completo totale stato di benessere fisico, psichico e sociale. Con questa filosofia nascono le nuove sfide sulle malattie emergenti che, peraltro, sono ancora non tabellate: le malattie psichiche e psicosomatiche post traumatiche da stress (marginalizzazione dalla attività lavorativa, svuotamento delle mansioni) con disturbo dell’adattamento cronico (ansia, depressione, reazione mista, insonnia, crisi di panico, alterazione della condottare/o emotività, disturbi somatoformi).
La vera sfida è come reinserire al lavoro un paziente che soffre di queste patologie.
A questo punto del dibattito è intervenuto Buselli (assistente prof. Cristaudo Università di Pisa) approfondendo il tema del valore della prevenzione e sicurezza sul lavoro nel settore terziario e bancario.
Il premio Nobel per la Medicina e Fisiologia nel 2000, Eric Kandel rispetto la depressione mondiale ha osservato che Il 5% della popolazione mondiale soffre di depressione e questa è la causa principale di disabilità nella fascia tra i 15 e i 45 anni.
I servizi finanziari sono uno dei lavori in cui si è ad un passo dall’hight strain.
Nonostante lo stress lavoro correlato sia un rischio emergente con forti costi sociali la valutazione del rischio effettuata nelle aziende non lo fa emergere.
La valutazione preliminare è insufficiente, mentre la valutazione approfondita sarebbe un passaggio necessario seppur non obbligatorio.
Nella gestione dello stress lavoro correlato ci sono alcuni punti di debolezza: difficile determinare la soglia di azione; difficile diagnosi di malattia professionale; mancanza di indicazioni operative nella letteratura compatibile.
Sulla valutazione del rischio in ottica di genere è intervenuta Antonella Ninci, coordinatore dell’avvocatura dell’Inail Toscana, sostenendo che va posta attenzione alle diversità come valore: bisogna essere uguali tenendo conto delle differenze, proteggere senza discriminare il genere, l’età, la disabilità, l’orientamento sessuale, la religione, l’etnia, etc.
Riguardo le neuroscienze per la valutazione dei rischi, ha relazionato Maria Donata Orfei della Scuola IMT Alti Studi Lucca, mentre sul reinserimento lavorativo e accomodamento ragionevole è intervenuto Maurizio Coggiola, Dirigente Medico di Medicina del Lavoro della Società Italiana di
Medicina del Lavoro, il quale ritiene che nel settore del credito quella del medico competente non sia un’attività semplice, limitata a qualche visita ai videoterminalisti e poco altro; invece a causa dell’invecchiamento, lavoro ed innovazione tecnologica – industria 4.0 diventa molto più complessa.
Carmine Cervo dell’Inail parlando del reinserimento lavorativo e dell’accomodamento ragionevole ha posto l’accento sull’integrazione lavorativa delle persone con disabilità al lavoro che hanno diritto ad avere degli accomodamenti ragionevoli in modo che possano essere messe nelle condizioni di poter lavorare come gli altri lavoratori: un vero e proprio diritto soggettivo del lavoratore a carico del datore del lavoro con accesso a risorse messe a disposizione da Inail., Garantire al tecnopatico (infortunato) la possibilità di continuare a lavorare come è facile intuire costituisce una opportunità per il lavoratore e per il datore di lavoro.
Nel 2016 erano stati stanziati 21milioni di euro che non sono stati usati tranne che in minima parte, mentre bisogna fare molto per diffondere la conoscenza dell’opportunità e trovare nuove strade per l’esigibilità. Serve il consenso del lavoratore e del datore di lavoro.
Marco Lai dell’Università di Firenze, è intervenuto riguardo al lavoro flessibile ed al suo impatto sulla sicurezza sia per i cambiamenti che si stanno concretizzando nel lavoro e sia per quanto questo impatta sulla salute e sicurezza.
L’innovazione tecnologica, con i tablet ed il telefonino scardinano gli assi temporali fino ad oggi conosciuti del mondo del lavoro.
Lo Smart working o lavoro agile può essere una grandissima opportunità ma presenta necessità di normazione: si tratta di una modalità organizzativa di lavoro subordinato in cui il lavoratore presta lavoro in azienda e in parte in altri luoghi.
Il lavoro può avere diverse tipologie contrattuali, ma come sono ripartiti gli obblighi di sicurezza tra datore di lavoro e lavoratore? Le collaborazioni etero-organizzate si possono ricondurre ai lavoratori dipendenti? Può essere il caso, ad esempio, del profilo ibrido di Intesasanpaolo. .
I ciclofattorini prendono ordini da un algoritmo e non da un datore di lavoro – qual è la responsabilità di chi gestisce le piattaforme in ambito di salute sicurezza?
Chi fa l’RSPP dovrà considerare i rischi di chi fa Smart working: il luogo di lavoro non può essere discrezionalmente scelto dal lavoratore deve essere concordato con il datore di lavoro perché trattasi di lavoro subordinato che ad esempio può essere più esposto all’ infortunio in itinere.
Ma lo Smart working non può essere una modalità organizzativa che consente un accomodamento ragionevole al lavoratore colpito da disabilità?
Tommaso Bellandi della Società Italiana di Ergonomia è intervenuto sul tema dei nuovi aspetti e campi di applicazione dell’ergonomia cognitiva, ponendo l’accento sulla qualità e sicurezza del lavoro basato sull’equilibrio fra modello persona e modello organizzativo e sul tema della violenza nei luoghi di lavoro (Minacce e violenze sessuali).
Marco Iaconis dell’ABI ha parlato del tema delle rapine in banca e della prevenzione e gestione delle violenze esterne: dal rischio rapina alle violenze/aggressioni sul lavoro, sottolineando che esiste l’obbligo delle banche di fornire ad abi i dati sia delle rapine che delle violenze/aggressioni.
Questo stesso aspetto è stato ripreso anche da Angelo Giuliani sempre di ABI il quale, però, ha parlato anche della ridefinizione del sistema del controllo dello Stato che non può passare solo attraverso le sanzioni; il governo dovrebbe incrementare di 100 unità gli ispettori e comunque dialogare con abi e altre parti sociali per trovare soluzioni.