Il Decreto Legislativo 231/2007, art.11, prevede espressamente l’intervento regolamentare degli Ordini Professionali in materia di Antiriciclaggio, che vengono riconosciuti come Organismi di Autoregolamentazione, insieme alle loro articolazioni territoriali ed ai Consigli di Disciplina, ed a cui vengono demandati il compito di promuovere e controllare il rispetto degli obblighi antiriciclaggio da parte degli Iscritti.
La Norma prevede che gli Organismi di Autoregolamentazione siano responsabili dell’elaborazione/aggiornamento delle Regole tecniche in materia di procedure e metodologie di analisi/valutazione del rischio di riciclaggio, a cui i Professionisti sono esposti nell’esercitare la propria professione, dei controlli interni, dell’adeguata verifica (anche semplificata) della Clientela e di conservazione dei dati e che sono adottate dopo parere del Comitato di sicurezza finanziaria. Gli Ordini fano, poi, seguire delle istruzioni contenute nelle Linee guida applicative delle Regole tecniche (Consiglio dei Commercialisti). La Norma primaria, quindi, viene integrata da specifiche tecniche che il Legislatore delega agli Ordini professionali stessi. Le Linee guida e le Regole tecniche, di conseguenza, acquisiscono valenza obbligatoria vincolante per gli Iscritti al pari della Norma di Legge.
E’ stato il Consiglio nazionale del Notariato a chiarire il valore precettivo degli Organismi di auto-regolamentazione collocando le Regole tecniche tra le fonti che costituiscono la normativa antiriciclaggio, secondo il seguente ordine: a) Direttiva Ue; b) Relativi considerando e Principi generali (con portata precettiva immediata); c) Legge delega e Decreto delegato; d) Circolari ministeriali; e) Regole tecniche ed Indicazioni vincolanti del Cnn ) Studi del Cnn; f) Linee guida e Direttive interne adottate da ciascun Professionista. La vincolatività della Normativa secondaria risulta anche dall’art.11,comma 3, Dlgs.231/07 il quale rimanda agli Organismi di Auto-regolazione l’applicazione, nei confronti degli Iscritti, delle sanzioni disciplinari a fronte di eventuali violazioni di rilevante gravità degli obblighi antiriciclaggio e delle relative disposizioni tecniche di attuazione.
Queste violazioni costituiscono il presupposto per l’applicazione delle sanzioni disciplinari seguendo i rispettivi Ordinamenti di Settore –art.66Dlgs. 231-. Gli Organi preposti ad irrogare le sanzioni sono i Consigli di disciplina , la cui discrezionalità nell’applicazione della sanzione rimane entro i confini della Legge, per cui in casi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche/plurime delle disposizioni Normativa antiriciclaggio, l’interdizione dello svolgimento della funzione, dell’attività o dell’incarico non potrà essere inferiore a due mesi e superiore a cinque anni.
Dunque l’apparato sanzionatorio antiriciclaggio è composto, oltre che di sanzioni amministrative pecuniarie, anche da sanzioni disciplinari. Rimanendo su questo piano, la normativa antiriciclaggio (art.67 comma1) ricomprende, tra i criteri importanti per l’applicazione delle sanzioni, la mancata adozione di adeguate procedure di valutazione e mitigazione del rischio di riciclaggio commisurate alla natura dell’attività svolta ed alle dimensioni dei Soggetti obbligati.
La Circolare Mef 6 luglio 2017-applicazione del Regime sanzionatorio- conferisce importanza alle ipotesi in cui l’intensità ed il grado dell’elemento soggettivo siano riconducibili anche a cause organizzative derivanti dalla mancata adozioni di prassi/procedure standardizzate o criteri operative, da ritenersi nella disponibilità del Soggetto obbligato.