In seguito alle recenti indicazioni organizzative della banca, rispetto alla gestione degli adempimenti legati all’adeguata verifica e alla procedura di remediation FEA, stiamo assistendo all’ennesimo sovraccarico di lavoro all’interno della rete filiali, dove continuano ad aggiungersi nuove “priorità”, in un ambito già gravato dalle esigenze commerciali, che sempre continuano a essere presentate come prioritarie, accompagnate dalle quotidiane e già denunciate richieste di previsionali e di reportistica.
Nello specifico, la richiesta perentoria di regolarizzare i KYC scaduti entro il 30 giugno, sta vedendo la creazione nelle filiali di cosiddette TASK FORCE, attingendo al personale dedicato alle diverse linee, di fatto privando le unità produttive di una forza lavoro già esigua rispetto alle esigenze commerciali veicolate con solerzia e insistenza dall’azienda.
A fronte dell’esigenza di regolarizzazione dei KYC si registra inoltre una fortissima incertezza operativa sui livelli decisionali di riferimento per i KYC “arancioni” e “rossi”: si tratta di casistiche di competenza di specifiche funzioni aziendali, la cui responsabilità sulla gestione e mantenimento dei rapporti in essere viene tuttavia nei fatti demandata sistematicamente alle filiali, ribaltando ancora una volta sulla rete, titolari e gestori, oneri e rischi operativi – insieme a responsabilità legali – ben superiori rispetto a quanto previsto dai rispettivi ruoli, e denotando per l’ennesima volta una prassi organizzativa fortemente inadeguata rispetto allo standing dell’azienda MPS.
Tale fenomeno, che si aggiunge alla gestione delle FEA e del processo di remediation FEA, denota ancora una volta evidenti carenze organizzative da parte dell’azienda, sia nei processi gestionali che negli adempimenti prescrittivi come previsti dalle autorities di settore, carenze organizzative che si ripercuotono su una rete di dipendenti condotti al limite delle possibilità psico-fisiche prima ancora che lavorative.
Insomma, oltre ad avere gestito, e a continuare a gestire con la clientela le conseguenze reputazionali legate alla crisi aziendale, a cui si sono aggiunte quelle legate alla vicenda “diamanti”, la rete e i lavoratori delle filiali continuano a fare da “parafulmine” e a pagare, in termini di carichi di lavoro e di stress, decisioni e scelte organizzative apicali alquanto discutibili di cui pare nessuno sia responsabile. In tal senso, emblematica è la vicenda del famoso progetto “hub&spoke”, a causa del quale i colleghi si trovano in questi giorni a gestire la tardiva retromarcia aziendale che sta creando ulteriori problemi, speriamo siano gli ultimi, alle strutture di rete coinvolte.
A fronte di tali aggravi in termini di volume di lavoro, in un contesto di evidente disorganizzazione, registriamo con estremo disappunto anche l’assenza di alcun apporto economico in termini di salario variabile, rispetto a un utile netto aziendale di 270 mln.
Ma il disappunto diventa quantomeno incredulità davanti agli “errori”, diffusi in tutta l’azienda tanto da sembrare una prassi, a causa dei quali le autorizzazioni per le diarie per le trasferte a lungo raggio, il cosiddetto trattamento missione “a pié di lista”, non superano nei rimborsi i 15 euro per i pranzi e i 30 euro per le cene, nonostante il CCNL e la normativa interna prevedano limiti giornalieri superiori a tali importi.
Sarà nostra cura verificare la corretta applicazione delle norme in merito e segnalare alle funzioni sindacali e aziendali centrali ogni violazione alla normativa e al CCNL.
Questo è il contesto in cui oggi i lavoratori del Monte dei Paschi si ritrovano a gestire l’esasperazione di un clima già difficile, con carichi e stress da lavoro ampiamente oltre i limiti, organici ridotti all’osso, e pretese commerciali e operative costantemente in crescita.
Ancora una volta siamo costretti a ribadire come siano i lavoratori con i loro sacrifici a tenere in piedi il Monte Paschi, non tanto “grazie” al supporto dell’azienda, ma “nonostante” le carenze dell’azienda.
6 maggio 2019
Le Segreterie