Giudizio e pregiudizio
Qualche mese fa abbiamo appreso tutti, con sconcerto, di una violenza di gruppo perpetrata, in pieno giorno, a danno di una giovane nella stazione della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano (Napoli).
E’ di questi giorni invece la notizia della scarcerazione di tutti e tre gli indagati per detto reato, con la motivazione, tra le altre, che la violenza non sarebbe documentata dai video sequestrati alla stazione. I giudici in generale avrebbero ritenuto “poco circostanziata” la ricostruzione dei fatti fornita dalla donna, anche alla luce dei filmati presentati dagli inquirenti, che riguardano le fasi antecedenti e subito successive alle presunte violenze. Sempre per i giudici “non è raggiunta, allo stato degli atti, la soglia della gravità in ordine al dissenso alla consumazione dei rapporti”.
La ragazza ha dichiarato di essere fortemente provata e che, alla luce di quanto accaduto, non avrebbe probabilmente denunciato la violenza subita.
Pur non potendo né volendo entrare nel merito della questione, e ferma la fiducia ed il rispetto nei confronti della magistratura, nonché la presunzione di innocenza di ogni imputato, non si può non considerare che spesso, nei casi di stupro, emergono dei pregiudizi che rischiano di anticipare o inficiare il giudizio vero e proprio.
“Lo ha provocato”; “Se l’è cercata”; “Ma cosa indossava? Com’era vestita?”; “Perché è andata là?”: sono solo alcuni esempi dei pregiudizi che la nostra società ha interiorizzato, volti a mortificare le donne e a perpetuare una sudditanza e una discriminazione di genere in ogni settore, anche in quello giuridico.
A nessuna vittima di un reato si chiede cosa indossasse al momento dell’offesa: solo alle donne stuprate, in base a uno stereotipo duro a morire, secondo il quale la vittima di uno stupro potrebbe avere provocato il suo aguzzino con un atteggiamento equivoco, con un abbigliamento “invitante”; ribaltando l’attribuzione della responsabilità non su chi è autore di violenza sessuale, ma su chi la subisce. E nelle aule dei Tribunali, immancabilmente, la linea difensiva dei legali degli stupratori è sempre la stessa: la vittima era consenziente.
Occorre, ancora una volta, un cambiamento culturale, uno sforzo educativo sociale, a tutti i livelli, volto a superare i pregiudizi e gli stereotipi di genere, perché il fatto che una persona che si sente vittima di violenza, uomo o donna che sia, arrivi a pensare che sia inutile denunciare il torto subito, rappresenta una forte sconfitta per tutta la nostra società
Esecutivo Donne Fisac Cgil Campania