La recente sentenza della Corte di Cassazione (n.3608/19) stabilisce che viene imputato di riciclaggio e non di auto-riciclaggio colui che versa su un libretto di deposito di una cooperativa di consumo, prelevando poi a mezzo assegno, le somme rinveniente da attività illegale di un proprio congiunto. La sentenza definisce ora compiutamente i poco nitidi confini tra ricettazione, favoreggiamento, riciclaggio ed auto-riciclaggio.
Una prima sentenza di una importante Corte di Appello aveva definito come riciclaggio la condotta di chi versa in un libretto a deposito, e poi preleva con assegni, il denaro proveniente da una attività concussiva messa in essere dal coniuge ai danni di un imprenditore. La difesa chiedeva, invece, di riqualificare il reato come favoreggiamento reale (art.379 Codice penale) o, al massimo, come ricettazione (art.648 Codice penale) i quali vengono perseguiti in misura più lieve. Chiedendo, anche la riconducibilità al reato di auto-riciclaggio (art.648 1ter Codice penale).
I Giudici della Corte di Cassazione evidenziano che il reato di riciclaggio si distingue da quello di ricettazione non tanto riferendosi ai reati presupposti, quanto piuttosto sulla base di elementi strutturali relativi sia all’elemento soggettivo che a quello materiale. Quindi, da un punto di vista psicologico la ricettazione è punibile a titolo di dolo specifico, mentre nel riciclaggio il dolo è generico.
Differente anche, nei due casi, è la condotta materiale che nel riciclaggio ha riguardato alla direzione della condotta ad ostacolare l’identificazione della provenienza illegale del bene, in presenza della quale l’intento di lucro (essenziale per configurare il reato di ricettazione) può valere a rafforzare, ma non ad escludere, il dolo generico del riciclaggio.
Rimane preclusa anche la possibilità di riqualificazione del reato addebitato come favoreggiamento reale, dato il rapporto di sussidiarietà esistente tra le due fattispecie di reato. Nel riciclaggio, infatti, sono presenti tutti gli elementi costitutivi del favoreggiamento reale con in più l’elemento specializzante del volontario compimento di operazioni rivolte ad ostacolare l’accertamento riguardante la provenienza del denaro, beni od altre utilità.
La Corte di Cassazione ha, inoltre, ritenuto non configurabile il reato di auto-riciclaggio in quanto manca (in questo caso) il requisito dell’impiego, della sostituzione o del trasferimento in attività economiche o finanziarie di somme, o di altre utilità, di provenienza illecita. Secondo la Corte il semplice deposito di una somma su di un conto di un libretto di deposito, non essendo attività finalizzata alla produzione di beni od alla fornitura di servizi, non potrebbe riguardarsi come attività economica. Né e possibile parlare di attività finanziaria non essendo riconducibile la condotta contestata a nessuna ipotesi di gestione del risparmio con individuazione degli strumenti per la realizzazione di tale scopo.