Da il Tirreno del 18/07/2018 – Stressati, sfiduciati e preoccupati per il posto di lavoro. Così si sentono i giovani bancari toscani. O meglio questo è il sentimento prevalente secondo la ricerca condotta su 400 lavoratori (età media poco sotto i 35 anni) da Fisac-Cgil Toscana con l’Università La Sapienza di Roma. «Una ricerca per capire il loro rapporto di lavoro in un settore che è stato al centro di grandi ristrutturazioni dice Daniele Quiriconi, segretario regionale di Fisac Cgil -. Ricordiamo 10.000 lavoratori persi in 10 anni, 250 sportelli bancari chiusi solo nell’ultimo biennio a svantaggio dei territori più deboli e fragili. Insomma, abbiamo voluto intervistare i giovani perché sono persone che non possono sperare in una uscita rapida dal mondo del lavoro». Tradotto: l’anagrafe li condanna a non poter immaginare di usufruire di opportunità legate ai fondi di prepensionamento, a modifiche della legge sulle pensioni e di particolari «accordi difensivi».
Con il coordinamento dei professori Mimmo Carrieri e Luisa de Vita, i ricercatori de La Sapienza hanno realizzato l’indagine tra il febbraio e l’aprile 2018 attraverso la somministrazione (prevalentemente online) di 400 questionari anonimi contenenti oltre 50 domande. Il campione, equamente ripartito tra uomini e donne, vede per oltre il 60% lavoratori laureati che ritengono di avere scarse o nulle possibilità di carriera (75%). Nel 60% dei casi si segnala un eccessivo autoritarismo dei superiori e nel 70% dei casi denunciano ansia per il raggiungimento dei budget assegnati. I175% dichiara che nel proprio lavoro lo stress è la prima causa di sofferenza. Il 67% lamenta pressioni eccessive per gli obiettivi di budget e le conseguenti pressioni commerciali e oltre il 70% è preoccupato per le riorganizzazioni aziendali. Il 52% ritiene che la propria condizione di lavoro sia peggiorata negli ultimi anni ed èun dato significativo se si considera la scarsa anzianità dei rispondenti.
Un generale peggioramento, in funzione dei cambiamenti tecnici e organizzativi introdotti negli ultimi anni nel lavoro bancario. Inoltre, la grande maggioranza teme per il mantenimento del posto e di riflesso per il tenore di vita, ponendo questa come preoccupazione maggiore. E riguarda 1’80% del campione. Insoddisfazione anche per la sempre maggiore richiesta di mobilità da territorio a territorio.Leggere i dati con la lente del genere «mostra differenze interessanti», sottolinea De Vita. Che aggiunge: «Se non sembrano esserci differenze significative rispetto all’anzianità di servizio tra maschi e femmine, le donne sono maggiormente presenti, 18 punti percentuali in più, tra coloro che guadagnano trai 1.000e 1.500 euro, e viceversa sono sotto rappresentate nelle fasce retributive più alte dove la distanza con gli uomini supera i 12 punti percentuali».E chiosa il segretario Quiriconi: «Le donne guadagnano il 19% in meno degli uomini. E un tema che parla anche a noi sindacalisti e che porremo nei prossimi rinnovi contrattuali con forza, ma di cui anche la politica parla poco».
La gran parte dei lavoratori pur avendo un contratto a tempo indeterminato boccia alcune forme di sperimentazione dei contratti misti, un po’ dipendente e un po’ autonomo, ed è molto consapevole del fatto che modalità di lavoro come lo smart working e il lavoro da casa «che restituisce spazio alla propria dimensione privata però produce anche problemi sostiene Quiriconi -. Intanto dà un risparmio netto all’azienda e questo è visibile, ma produce anche una commistione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro che è un elemento su cui ci si interroga. Per esempio, in Francia si sono fatte leggi per la disconnessione cioè oltre una certa ora non puoi più interagire né con la mail né con altri strumenti con il lavoro». –