Quante volte abbiamo sentito dire che CCHIU’ SCURU RI MENZANNOTTI UN PO’ FARI? Tante…ma uno dei pochi casi in cui la saggezza popolare fa cilecca riguarda la nostra Banca. I Top manager che si sono susseguiti in questi ultimi anni ci hanno raccontato ogni volta (e sono stati anche lautamente retribuiti per le loro fiabe) che le varie azioni intraprese avrebbero risolto ogni problema. Quindi abbiamo sopportato speranzosi solidarietà, taglio degli accantonamenti al TFR, esodi, supporto ad un presunto aumento di capitale con presunti soci Qatarioti non pervenuti (la vicenda è simile a quella dei soci arabi di Zamparini), pressioni commerciali come se non ci fosse un domani, chiusura di filiali “AD MUZZUM COME I CAVULI A MAZZU”, trasferimento senza raziocinio di clienti a WIDIBA, HUB e SPOKE si o no a giorni alterni, pulizie dei bagni 2 volte a settimana, straordinario fatto e non pagato e sicuramente abbiamo trascurato qualcosa. A quanto pare però tutto ciò non basta. Ora (ancora) bisogna recuperare ed al fine di recuperare è necessario che i colleghi rinuncino alle ferie se non hanno consegnato i risultati o che (testuali parole) devono lasciare gli obiettivi realizzati prima di eventuali ferie autorizzate. Abbiamo sentito dire che, un professionista con partita iva, se non consegue gli obiettivi non va in ferie e che noi ci dovremmo adeguare. La nonna diceva: ACIEDDU NTA LA AGGIA UN CANTA P’AMURI MA PI RAGGIA. Comunichiamo, a chi non lo avesse capito, che con queste deliranti affermazioni si sta finendo di distruggere l’unico patrimonio rimasto alla nostra Banca: l’attaccamento dei colleghi all’azienda. Ora bisogna recuperare e la storia si ripete. E con essa, la nostra incapacità di apprendere dagli errori. Ancora una volta, l’utilità di un servizio viene stravolta da intense e costanti pressioni commerciali. L’ultimo caso è la piattaforma di consulenza PCA, servizio di analisi dei bilanci e delle strategie aziendali, a suo tempo creata per il mercato corporate ed oggi fruibile da tutti i colleghi small business. La piattaforma, al di là delle sue potenzialità, assolutamente non in discussione, può oggi essere venduta a tutti i clienti aziendali, alla modica cifra di 6.000,00 euro + IVA, scontabile per circa il 50%. Attenzione, però la vendita non contempla la cessione del programma, ma solo il pacchetto di fogli (circa 50) che viene consegnato al cliente come risultanza dell’attività di analisi. Un affarone? Forse non per il cliente, ma non è questo il punto. Il problema principale è l’incessante, sfiancante pressione che accompagna la vendita del prodotto. Lync continui, riunioni plenarie, contatti telefonici ed email spingono i gestori alla vendita di un prodotto di pura consulenza, certamente non facile da far percepire al cliente. Il pericolo è chiaramente legato a potenziali forzature, che contribuirebbero a creare ulteriori frizioni con la clientela e alimentare danni di immagine se non addirittura potenziali reclami. Viene detto che per la PCA, essendo un prodotto consulenziale, non è stato previsto un budget eppure qualcuno ne pretende una per ogni gestore small business. Forse sarebbe il caso di rivolgersi alla commissione paritetica per le politiche commerciali? Viene detto che la Banca, per istruire i colleghi della filiera small, ha fatto un investimento e fare una PCA vuol dire anche recuperare quell’investimento. Forse sarebbe il caso di ricordare che, la formazione è un onere della Banca non connesso ad obiettivi commerciali? Vorremmo concludere con un consiglio: quando vi esortano a revocare le ferie o vi stressano per vendere assolutamente un qualsiasi prodotto ad un qualsiasi cliente riflettete sul fatto che UN BONU NO, VALI CCHIU’ DI UN TINTU SI e quando vi vogliono fare credere che lo stato in cui versa la banca è colpa di noi dipendenti pigri tenete a mente la regola universale: U PISCI FIETI RA TIESTA. Le Segreterie di Palermo e Trapani
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