Il nostro 25 novembre inizia a Montecitorio, dalla presidente Laura Boldrini, che con l’iniziativa #InQuantoDonna ha aperto le porte della Camera dei Deputati a 1.300 donne di tutta Italia. Presenti delegazioni di numerose associazioni impegnate nella battaglia per i diritti delle donne. Abbiamo raccolto l’invito ed era presente anche una nostra delegazione di sindacaliste della Fisac Cgil.
“In questa aula quando si parla di occupazione, welfare, femminicidio, si dice che è roba da donne. È come se davanti ad un atto di razzismo ne parlassero solo le vittime. Gli uomini, invece, dovrebbero essere con noi.” Boldrini ha poi ricordato la ratifica della Convenzione di Istanbul come primo atto della legislatura ed alcuni provvedimenti di legge approvati ed in corso. Molti i temi accennati, per brevità, rimandando alle testimonianze, numerose e tutte molto toccanti.
Le testimonianze iniziano con la dottoressa Serafina Strano, violentata e picchiata in una guardia medica a Catania, perché lavorava da sola in posto isolato di notte. Parla, con voce tremante per il ricordo, delle ore in cui fu tenuta in ostaggio. “Non provo vergogna per quello che mi è successo. Ringrazio i pochi uomini che mi sono stati accanto. Voglio ricordare una collega sarda che, un anno e mezzo fa, fu uccisa a coltellate da un paziente.” Denuncia che le ASL se ne infischiano della sicurezza, in tutta Italia. È necessario mettere i presidi sanitari in sicurezza. Richiama al ricordo di altre donne siciliane vittime di violenza stuprate e dimenticate dall’indifferenza delle istituzioni. ([i])
La vice presidente di D.i.Re ([ii]) Antonella Veltri, afferma che si tende a relegare la violenza alle donne come fatto privato. D.i.Re gestisce ormai 80 centri CAV, ma la distribuzione non è omogenea. Nell’80% dei casi il violento è il partner o una persona di famiglia. Se si è alzata l’attenzione è merito del movimento delle donne. “È importante, per combattere veramente la violenza, agire di concerto con le istituzioni ma occorre rivedere il rapporto CAV-Regioni-Stato, anche alla luce delle giuste condanne all’Italia da parte della corte europea.”
Grazia Biondi, dell’associazione Manden – Diritti civili e legalità ([iii]) parla della sua esperienza di condivisione, di auto-aiuto tra donne vittime di violenza domestica. “Sono una sopravvissuta della violenza, e ho deciso di non tacere. Possiamo evitare che la violenza ci cambi. Spesso preferiamo tornare dal nostro aguzzino piuttosto che denunciare.” dice Biondi, “la violenza non la subiscono solo le donne stupide, quelle che non sanno ribellarsi. Oltre la violenza fisica, le donne sono vittime dell’inquisizione burocratica, e spesso dopo la denuncia vengono separate le madri dai figli. I processi sono gestiti con i portafogli degli uomini, e la comunità è omertosa. Non si vede mai un avvocato di grido vicino alla violentata, ma vicino al violento. Dobbiamo far conoscere il gratuito patrocinio, che aiuta le donne economicamente deboli.” Manden è in rete con l’associazione Pangea.([iv])
Maria Monteleone, Procuratrice della Repubblica presso il tribunale di Roma, magistrata in prima linea contro stalking, pedofilia e prostituzione minorile, cita una frase di Tolstoj: “Donne siete voi che tenete in mano la salvezza dell’uomo.” E rincara: “Abietto, vile, spregevole è il delitto commesso per non accettazione dell’auto determinazione della donna.”
Touria Tchiche, donna marocchina, ringrazia l’Unione Donne in Italia ([v]) per averla portata a testimoniare, e ci racconta la sua storia: “Arrivai in Italia nel 1994 a Bergamo, e a 16 anni sposai un uomo di 31 anni. Ho avuto 9 gravidanze e 5 figli. Mi picchiava, mi umiliava, e fino al 2013 ho vissuto segregata. Ho imparato l’italiano insieme ai miei bambini. L’incontro con una professoressa di mia figlia maggiore mi ha aiutato ad uscire dalla violenza, ci sono persone che aiutano davvero. Ho lasciato mio marito e lui ha dato fuoco alla nostra casa cercando di bruciare dentro tutti noi, ma per fortuna eravamo appena andati via salvandoci. Da allora sono andata in casa rifugio, ho denunciato ma ho avuto molti problemi con la tutela minori perché volevano che i bambini vedessero il padre in quanto padre! Ho avuto inizialmente un aiuto economico ma quando finiscono i fondi sei senza niente, non hai di che vivere. Ho trovato un lavoro ma l’indigenza è sempre lì alle porte, con cinque figli. Ora aiuto anch’io le altre donne nel tempo libero. Mio marito è uscito dal carcere per buona condotta e ora ho paura.”
È il turno delle forze dell’ordine e Rosaria Maida, dirigente della quarta squadra mobile Palermo ci dice: “Le donne che arrivano a denuncia temono tutte di essere giudicate e di non essere credute, in particolare quando si tratta dei partner. I casi di violenza domestica sono di gran lunga superiori alle violenze da sconosciuti.”
Concetta Raccuia, madre di Sara Di Pietrantonio, la ragazza uccisa e bruciata dal fidanzato alla Magliana a Roma, con grande dignità afferma: “Ci sono uomini che considerano le donne una loro proprietà, che non sanno accettare un no. Noi donne dobbiamo imparare a riconoscere la violenza prima che si manifesti chiaramente. Ogni giorno dell’anno deve essere un impegno contro il femminicidio.”
Linda Laura Sabbatini, pioniera delle statistiche di genere, che si è occupata di lavoro e povertà, afferma: “I numeri non sono freddi, sono una base che serve a capire, agire e combattere meglio. Non dobbiamo piegare i numeri alle nostre convinzioni, ma formare le nostre convinzioni sui dati reali. I numeri ci dicono che le denunce di violenza sono solo un pezzo, mentre il grosso è in gran parte sommerso e impunito, e tra le denunce i condannati sono una percentuale infima, e questo i violenti lo sanno. I numeri ci dicono che non sono affatto gli immigrati la maggioranza dei violentatori. Per questo è importante dare tutto il nostro sostegno alle due ragazze americane per quello che stanno subendo. I numeri ci dicono che la violenza da partner o ex parte ammonta al 62%, per il resto spesso da altri conoscenti. È trasversale alle classi sociali, e fa molto male ai bambini vederla, i maschi spesso saranno violenti o e le femmine la subiranno. Purtroppo lo dicono i numeri. C’è però un segnale di ottimismo, sta aumentando la reazione delle donne. È il frutto del nostro lavoro, del lavoro di tutte le donne. Dobbiamo andare avanti. Il miglior strumento è la forza delle donne e la loro unità. Non c’è democrazia senza libertà femminile.”
Emanuela De Vito è una sopravvissuta: “Nel 2005 il mio ex fidanzato mi accoltellò. Sono viva grazie ai medici ed alla fortuna. Lui fu condannato a 10 anni in primo grado, 8 in secondo grado. La mia istruttoria fu condotta male, separandola tra le varie violenze subite. Ogni volta che dovevo subire l’interrogatorio era una prova, perché si cerca di colpevolizzare la vittima. Alla fine lui scontò solo pochi mesi e poi finì agli arresti domiciliari. Ora è libero e vivo nella paura. Lui è libero e spavaldo, e si fa beffe di me, non ha mai ritrattato nè chiesto perdono. I violenti hanno la certezza dell’impunità. Si può essere vive ma avendo la morte nel cuore, ma non dobbiamo stare in silenzio, per noi e per le altre donne.”
Antonella Penati è la madre di Federico. Ringrazia Vittoria Tola presidente dell’UDI per averle ceduto la testimonianza. Rappresenta i figlicidi, dal 2016 oltre 400 casi: “Il maltrattante infierisce sulla donna dopo la separazione. Mi ero rivolta al tribunale dei minori per la violenza del padre. Era stato già condannato reo confesso per violenze. Per questo avevo chiesto l’affido esclusivo del bambino. Fui definita esagerata dai servizi sociali, non fui mai ascoltata, nè io nè il bambino. Federico fu portato all’incontro con il padre, un incontro “protetto” ma fu ucciso da 37 coltellate, il padre era entrato armato. Gli operatori sociali, la psicologa sono stati tutti assolti. Bi-genitorialità a tutti i costi? L’87% dei figlicidi avviene in un contesto di violenza domestica.” La testimonianza di Antonella è particolarmente toccante, chiede con forza la modifica dell’aspetto giuridico del sistema tutelare. Il figlicidio è una forma di femminicidio.
Viene poi il turno di Maria Elena Boschi, per il governo, che elenca gli interventi effettuati dal governo a favore delle donne.
La presidente di Telefono Rosa, Maria Gabriella Moscatelli, ricorda le tante iniziative che si stanno tenendo in tutta Italia. Oggi 800 ragazzine e ragazzini sono insieme al Quirino per Telefono Rosa. Telefono Rosa oggi gestisce il 1522 operatrici altamente qualificate tutti i giorni h24, case rifugio, centri CAV; 30.000 chiamate nel 2015 per episodi di violenza e stalking. Quando l’operatrice capisce la pericolosità si chiamano subito le forze dell’ordine; questo permette di salvare molte vite. Tutto è gestito con grande privacy. Purtroppo le donne possono stare poco nelle case rifugio, è necessario aumentare il nuemro dei centri di semi-autonomia prima dell’indipendenza finale.
Blessin Okedion, nigeriana, con grande dignità e fierezza porta la sua testimonianza di ex schiava, dall’italiano incerto ma efficace e commovente: “Arrivo in Italia e il negozio dove avrei dovuto lavorare mi chiese 65.000 euro, allora capii di essere finita nella tratta. Mi tolsero il cellulare, i documenti, sono stata stuprata, umiliata e messa sulla strada. Ero una schiava. Mi dicevano: ci si abitua. I miei sogni erano distrutti. Non so come ho trovato il coraggio di andare alla polizia a denunciare, e sono andata quindi in casa rifugio. Dalla mia esperienza ho preso il coraggio di aiutare le altre donne. Ho scritto un libro “Il coraggio della libertà”. Pensavo all’Europa come un grande continente di libertà, eppure gli uomini europei comprano il corpo delle donne! Traffichiamo in speranza! Mai più schiava!”
Alice Masala è una ragazza che ha subito bullismo. “Ho trovato aiuto da un giornalista. Gli amici si allontanavano da me e non capivo perché, ero rimasta isolata e soffrivo. A 12 anni mi avevano dato un’etichetta di ragazza facile ed io non lo sapevo. Questo avveniva nelle chat, non ne parlavo con nessuno. Le vittime di cyberbullismo, ragazzine e ragazzini, spesso pensano al suicidio, non parlano con nessuno. Ho fatto mia una frase di Silente (Harry Potter): la felicità si può trovare negli attimi più tenebrosi se solo ci si ricorda di accendere la luce.”
Luisa Betti, giornalista di Giulia ([vi]), pone l’accento sul lavoro dei giornalisti ed il modo di raccontare la violenza contro le donne. In particolare: “Il linguaggio dei media è complice della violenza e colpevolizzante verso la vittima. Sono state poste 250 domande alle ragazze americane violentate, tra cui “portavi le mutande?”.”
La madre di Tiziana Cantone, Mariateresa Giglio, nel ricordare il dramma della figlia, dice: “Il web ha migliorato le nostre vite ma è un’arma che uccide. Mia figlia si è tolta la vita dopo 15 mesi di gogna. Era la mia unica figlia, tutta la mia vita. È stato un fenomeno senza precedenti, mi hanno contattato giornalisti di tutto il mondo. Si deve avere il diritto all’oblio, mia figlia ha rivendicato il diritto all’oblio. Non si è fatto niente. La faccia dell’uomo non è mai stata mostrata, la sua privacy è salva. In UK c’è il reato per pornografia non consensuale. In Germania è prevista una sanzione di 50 milioni di euro se il social non rimuove immediatamente tutti i contenuti non consensuali. Ancora oggi non si sa chi ha diffuso il filmino sul web. Tiziana ha denunciato e combattuto ma non è stata considerata, la sua denuncia dimenticata. È stata condannata a pagare 22.000 euro di spese da una giudice donna! Giornali e blogger pensano solo a fare click e non si curano dei contenuti. Mia figlia era morta già in vita.”
Per ultima Nicoletta Malesia, del centro uomini maltrattanti ([vii]): “La violenza di genere è un problema di uomini. La separazione non risolve il problema degli uomini maltrattanti, anzi peggiora la situazione. Inoltre abbiamo capito che il maltrattante è seriale, ripropone il comportamento violento con donne diverse. Si deve lavorare sugli uomini.”
Serena Dandini non si dilunga: “Bello vedere il Parlamento invaso da donne, tante donne competenti e intelligenti. Sarebbe bello sempre, da sole e insieme agli uomini.” Legge un pezzo dello scrittore Paolo Di Paolo.
L’evento termina in ritardo, alle 14:30, e dobbiamo correre per raggiungere piazza della Repubblica dove migliaia e migliaia di donne di tutte le età si sono radunate per partecipare alla Manifestazione nazionale di #NonUnaDiMeno. Una marea colorata e rumorosa invade le strade di Roma fino al calare del buio per ricordare che, oltre le differenze politiche, di idee, di generazione, di religione, oltre tutto questo si può essere unite per combattere la violenza contro le donne.
La Fisac CGIL è presente con numerose compagne e compagni a sostegno di questa battaglia, perché LA VIOLENZA SULLE DONNE E’ UNA SCONFITTA PER TUTTI.
A noi donne e uomini, a noi sindacaliste e sindacalisti, resta la consapevolezza che la battaglia va combattuta ogni giorno dell’anno.
[ii] http://www.direcontrolaviolenza.it/
[iv] http://www.pangeaonlus.org/
[v] http://www.udinazionale.org/
[vi] http://giulia.globalist.it/
[vii] http://www.centrouominimaltrattanti.org/