da repubblica.it – SARÀ ricordato come “black november”, con un primo giorno del mese “sanguinoso”. Nei giorni precedenti, centinaia di impiegati di Banca Mps avevano richiuso negli scatoloni i loro effetti personali. Li avevano presi in braccio e se li erano portati a casa, offrendo un’immagine che ricorda quelle del fallimento di Lehman Brothers (foto), anche se nel caso della banca senese si confida in un epilogo diverso, felice. Quegli impiegati hanno saluto i colleghi, abbracci e strette di mano. E nei giorni successivi non si sono più presentati a lavoro. In 1.200, il primo novembre, sono usciti da Banca Mps, nell’ambito di quel piano di esuberi volontari e incentivati concordato con il sindacato. A maggio se n’erano andati altri 600. Di questi 1.800 impiegati usciti nel 2017, il sindacato stima che 400 abbiano lasciato per sempre le loro scrivanie, poltroncine e uffici in Toscana.
Un esodo senza precedenti, che coinvolge tutto il sistema bancario toscano. Avviene nel silenzio perché il fondo esuberi, di cui godono i bancari, ha garantito finora uscite indolori, incentivate e “prepensionate”. Fisac Cgil spiega: «La Toscana ha pagato un prezzo alto alla riorganizzazione e al salvataggio di importanti istituti, che hanno profondamente segnato il profilo del settore: quasi 3.000 dipendenti in meno in un biennio, 10.000 in un decennio, più di 200 sportelli chiusi in meno di un biennio». E l’emorragia non finisce. «La capacità delle parti – aggiunge Fisac Cgil – di governare in modo soft le uscite di questo imponente numero di lavoratori, con l’accesso volontario al fondo di accompagnamento alla pensione, e le risorse garantite dal sistema pubblico (sempre 5-10 e in qualche caso 20 volte minori che nel resto di Europa), non debbono far pensare ad un’uscita definitiva dai problemi».
E per interrogarsi su come governare i prossimi mesi in Toscana, Fisac Cgil interroga domani alle 10, in un seminario in Borgo dei Greci 3, alcuni protagonisti: Pier Paolo Baretta (sottosegretario all’Economia), Matteo Spanò (presidente Federazione Toscana Bcc), Eliano Omar Lodesani (Intesa San Paolo) e Agostino Megale (Fisac Cgil), La conta fa impressione. Il primo gennaio in Toscana c’erano 2.276 filiali. Al 17 novembre 2017 erano 2.111. Nel frattempo 165 sportelli hanno chiuso. E a questi se ne aggiungeranno tra i 17 e 25 di Cassa di Risparmio di San Miniato che chiuderanno nelle prossime settimane, 5 di Banca Popolare di Vicenza tutti su Prato e 28 di Mps dal prossimo 1 Gennaio. Il totale fa tra 213 e 220 sportelli in meno di 24 mesi. Quanto ai lavoratori erano 31.500 dieci anni fa e 23.818 al 31 dicembre 2016 (dati Abi e Bankitalia). Scenderanno a meno di 22.000 nei prossimi mesi.
Il bollettino di guerra della Cgil Fisac, banca per banca, dice che in Toscana Unicredit ha perso 199 lavoratori, ha chiuso 16 filiali nel 2017 e ne chiuderà altre 2 nel 2018. Quest’anno da Cassa di Risparmio di Volterra sono usciti 50 lavoratori, chiuse 3 filiali. Carismi: entro dicembre 147 uscite e forse 18 chiusure di sportelli invece delle 25 previste prima che la banca fosse acquistata da Credit Agricóle. Banca Popolare di Vicenza: 130 esuberi, 5 chiusure nel 2017 e altrettante ipotizzate nel 2018. Intesa ha chiuso 8 filiali l’anno scorso, 19 quest’anno e il sindacato ipotizza 250-300 uscite di personale in Toscana. Cgil Fisac pronostica 250-300 esodi dalla Toscana dentro l’ex Banca Etruria, ora Ubi, con 10 chiusure nel biennio. Mps: per completare i 4.800 esuberi previsti, dovranno uscire altri 3.000 dipendenti, di cui se ne stimano 600 in Toscana (si aggiungono ai 400 che hanno salutato quest’anno). Lo “storico” del Monte è impressionante: nel 2009 aveva 32.003 dipendenti, oggi ridotti a 23.000. Solo in Toscana gli sportelli sono stati quasi dimezzati: da 606 a 335 nel 2018. Infine ci sono le chiusure (una quindicina) e addii in Bnl, Popolare e Carige. Le Bcc devono ancora pagare il conto alla crisi: lo faranno dopo la costituzione delle holding nazionali.
«I numeri – dice Daniele Quiriconi (nella foto), segretario generale della Fisac Cgil Toscana – parlano da soli: siamo in presenza di un vero e proprio tsunami che trasfigura il settore, con riduzione di addetti e chiusure di sportelli che penalizza le località più marginali. Costruire un nuovo modello di banca per noi significa mettere al centro il lavoro inteso come qualità della prestazione dei dipendenti, fuori da logiche commerciali esasperate che tanti guai hanno prodotto anche ai risparmiatori. E rilanciare la funzione del credito come infrastruttura strategica per lo sviluppo, particolarmente importante in una regione come la Toscana fatta di piccola e piccolissima impresa, ed il suo ruolo di consulenza a cui né la digitalizzazione né un ologramma potranno garantire da soli le risposte necessarie».
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