La normativa sui licenziamenti: 2 – L’azione delle leggi del 2012 e del 2015 sulla materia dei licenziamenti

Massaia
a cura di Alberto Massaia

La legge n. 92/2012 è intervenuta in maniera radicale sulla materia dei licenziamenti individuali, che era ancora disciplinata dalle leggi n. 604/1966 e n. 300/1970 “statuto dei lavoratori”. In estrema sintesi, tale intervento non ha riguardato le tipologie di licenziamento – che sono rimaste sostanzialmente identiche – ma è intervenuta soprattutto sulle tutele per il lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, tutele che sono state pesantemente decurtate.

Il successivo decreto legislativo n. 23/2015 si è posto sulla scia della precedente legge “Fornero” del 2012, decurtando ulteriormente le tutele per i lavoratori e stabilendo una normativa che superasse alcune interpretazioni sviluppate nel biennio 2012-14 dalla giurisprudenza dei tribunali, interpretazioni che avevano limitato l’effetto della legge “Fornero” a carico dei lavoratori in caso di licenziamenti illegittimi.

Una questione di assoluta rilevanza è che la normativa del 2015 ha introdotto un “doppio binario”: infatti – come abbiamo già anticipato – la nuova normativa sul contratto di lavoro a tutele crescenti vale solo per le nuove assunzioni.  Il decreto legislativo n. 23/2015, art. 1 comma 1 ha precisato che la nuova tipologia contrattuale si applica a operai, impiegati e quadri assunti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, quindi a decorrere dal 7 marzo 2015.

Il decreto del 2015 ha precisato altresì che il contratto a tutele crescenti si applica  anche nei casi di preesistenti contratti a tempo determinato e di apprendistato convertiti o stabilizzati dopo l’entrata in vigore del decreto stesso (art. 1 comma 2)1.  Lo stesso avviene per le imprese che, dopo l’entrata in vigore del decreto, a seguito di nuove assunzioni superino la soglia dimensionale prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori; in questo caso, il contratto a tutele crescenti si applica all’intera compagine dei lavoratori presenti in azienda, compresi i vecchi assunti (art. 1 comma 3).

Il rinnovo del CCNL del settore del credito siglato il 31/3/2015, stabilisce che l’art. 77 del CCNL già vigente, laddove prevede che l’art. 18 della legge n. 300/1970 si applichi a tutte le imprese con oltre 15 dipendenti, è da intendersi riferito a tutti i lavoratori in servizio al 7 marzo 2015.  La tesi sostenuta dai sindacati era nel senso di una tutela riguardante anche gli apprendisti e i lavoratori a tempo determinato in servizio a tale date, ai quali doveva essere applicata la normativa del 2012 appena un poco più favorevole.  Ma in sede di stesura definitiva del testo contrattuale l’ABI ha negato tale interpretazione.

A questo punto, è necessario fare una precisazione in ordine al caso di trasferimento d’azienda e di ramo d’azienda.

Come abbiamo già evidenziato, l’art. 1 del decreto legislativo n. 23/2015 stabilisce che il contratto a tutele crescenti si applica ai lavoratori assunti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo.  L’art. 2112 codice civile stabilisce che in caso di trasferimento d’azienda e di ramo d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Dal raffronto fra le due norme, emerge come in caso di trasferimento di azienda o di ramo d’azienda, il rapporto di lavoro continua senza soluzione di continuità, senza che si verifichi una nuova assunzione.  Ne deriva che il lavoratore mantiene il contratto e le tutele preesistenti e pertanto non si applica la normativa del contratto a tutele crescenti.

Un ragionamento simile può essere fatto in ordine alla cessione individuale di contratto di lavoro.   E’ un caso che rientra nella normativa generale degli artt. 1406 e sgg. codice civile che disciplinano la cessione dei contratti a prestazioni corrispettive.  L’aspetto rilevante dell’art. 1406 consiste nella possibilità in capo a ciascuna delle parti contraenti di sostituire un terzo nei rapporti contrattuali, ma con il vincolo che l’altra parte vi acconsenta.

Anche in questo caso, non siamo in presenza di una nuova assunzione, il contratto di lavoro è sempre il medesimo che continua in capo ad un altro datore di lavoro, con la conseguenza che non si applica il contratto a tutele crescenti.

Occorre precisare che il già citato rinnovo del CCNL del settore del credito del 2015 contiene un’esplicitazione delle interpretazioni delle leggi che abbiamo sopra descritto.

Invece, in tutti i casi di dimissioni e di licenziamenti – siano essi incentivati o meno – seguiti da un’assunzione anche se contestuale, quest’ultima rientra nella fattispecie del contratto a tutele crescenti di cui al decreto del 2015.

1 Peraltro, occorre osservare che il datore di lavoro, una volta terminato il periodo formativo ha diritto di recedere dal contratto di apprendistato.  In assenza della norma introdotta nel decreto del 2015, poteva essere probabile un recesso generalizzato dei datori di lavoro da tale tipologia di contratti, procedendo a nuove assunzioni.

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