Le attività lavorative comportanti movimenti ripetuti degli arti superiori sono responsabili di un elevato numero di patologie a carico dei vari distretti articolari. Il numero di queste malattie, in costante crescita, costituisce buona parte delle patologie professionali registrate ogni anno da Inail. Lo svolgimento di compiti ripetitivi può inoltre comportare affaticamento, ridotta produttività e alienazione, dovuta alla monotonia di attività protratte per lunghi periodi.
Uno stato di alienazione può, a sua volta, condurre a situazioni di rischio. Questi effetti sono causati, nella maggior parte dei casi, da condizioni scadenti dal punto di vista ergonomico e possono essere considerevolmente ridotti attraverso una corretta progettazione/riprogettazione di vari aspetti dell’attività: natura del compito, organizzazione del lavoro, design della postazione e degli oggetti o utensili impiegati, forza richiesta e altri fattori.
In generale, un’attività lavorativa può essere costituita da uno o più compiti ripetitivi o non ripetitivi. I compiti ripetitivi sono caratterizzati da sequenze di azioni di durata relativamente breve, dette “cicli”, che si ripetono più volte uguali a loro stesse; le “azioni” non sono i singoli movimenti articolari, ma una serie di gesti e movimenti di uno o più distretti articolari finalizzati al compimento di un’operazione elementare.
Le operazioni comportanti movimenti ripetuti degli arti superiori possono essere di diversa tipologia: esse comprendono la movimentazione di oggetti di peso leggero effettuata ad alta frequenza e le attività in cui, pur non venendo movimentati carichi, i movimenti delle braccia vengono ripetuti spesso e talvolta per periodi di tempo molto lunghi.
La legislazione
Obblighi di legge riguardanti, direttamente o indirettamente, la prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici sono definiti da specifiche direttive emanate dall’Unione Europea al fine di garantire nei paesi membri il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
In Italia il provvedimento con il quale sono state attuate la maggior parte di tali direttive è il Decreto Legislativo 626/94, abrogato e sostituito dal Decreto Legislativo 81/08 e successive modifiche.
Tale decreto, nel Titolo primo, a valenza generale, definisce il “sistema di gestione del lavoro in sicurezza” che deve essere adottato in ogni luogo di lavoro in cui vi sia anche un solo lavoratore dipendente. Tra le più significative disposizioni c’è il richiamo alle condizioni ergonomiche del lavoro affinché, fin dalle fasi di progettazione delle attività, il lavoro, la mansione e i compiti lavorativi siano adattati all’uomo e non viceversa. Il D.Lgs. 81, infatti, obbliga il datore di lavoro ad effettuare la valutazione di tutti i possibili rischi presenti nell’unità produttiva per eliminali, o quantomeno ridurli al di sotto della soglia di pericolo, con adeguate misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione dei lavoratori. Inoltre, tra i doveri previsti vi è il coinvolgimento degli stessi lavoratori attraverso le azioni di informazione e formazione specifiche e la consultazione del loro rappresentante per la sicurezza sul lavoro (RLS).
La prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici nel Decreto è disciplinata con specifiche indicazioni relativamente a:
- la movimentazione manuale dei carichi (Titolo VI e Allegato XXXIII del D.Lgs. 81, che recepiscono la Direttiva n. 90/269 CEE);
- l’uso dei videoterminali per quanto riguarda la postura assunta durante il lavoro (Titolo VII e Allegato XXXIV del D.Lgs. 81, che recepiscono la Direttiva n. 90/270 CEE).
Entrambe le fattispecie lavorative prevedono che il datore di lavoro provveda a:
- effettuare la valutazione di tutti i rischi presenti, inclusi ovviamente i fattori di rischio organizzativi e psicosociali;
- adottare misure per eliminare i rischi riscontrati e, nel caso questo non sia possibile, contenerli attraverso la meccanizzazione dei processi, l’organizzazione del lavoro, ecc.;
- fornire ai lavoratori addetti a tali attività informazioni circa il sistema di sicurezza aziendale adottato e la formazione specifica circa i rischi connessi alla mansione svolta;
- sottoporre a sorveglianza sanitaria i lavoratori addetti, che consiste in accertamenti preventivi e periodici effettuati dal medico competente aziendale.
Gli effetti delle attività lavorative comportanti movimenti ripetuti degli arti superiori in condizioni non ergonomiche vengono definiti nell’articolo 167, comma 2, lettera b) del D. Lgs. 81/2008 come patologie da sovraccarico biomeccanico, ossia “patologie delle strutture osteoarticolari, muscolo tendinee e nervo vascolari”.
Nesso tra lavoro e patologie
A tali malattie è attribuito un enorme numero di giornate lavorative perse e una lunga serie di rendite corrisposte per malattia professionale.
Esse sono spesso indicate con gli acronimi RSI (Repetitive Stress Injury) e CTD (Cumulative Trauma Disorder), in quanto determinate dall’esecuzione di gesti ripetuti e dovute a una costante e continuativa esposizione al rischio specifico nel tempo.
Queste patologie non sono imputabili a eventi traumatici accaduti in lassi temporali ristretti, ma a lunghi periodi di esposizione ai vari fattori di rischio che contribuiscono alla loro insorgenza o al loro aggravamento. I vari fattori possono agire singolarmente o sinergicamente, sommando i loro effetti e aumentando in modo consistente la possibilità di insorgenza di patologie.
Come riferito da numerose pubblicazioni scientifiche esiste un nesso di causa tra le suddette patologie e le attività comportanti movimenti ripetuti degli arti superiori.
La loro etiologia è tuttavia multifattoriale: esse possono essere indotte da cause di natura non professionale, quali la costituzione, le caratteristiche genetiche e il metabolismo. In questi casi il sovraccarico biomeccanico, pur non determinandone l’origine, può agire aggravandone lo sviluppo.
La guarigione dalle malattie in questione è un processo che può richiedere un periodo lungo e, talvolta, può non essere completa.
Lo svolgimento di movimenti ripetuti è tipico di molte attività; i principali fattori di rischio sono i seguenti:
- Frequenza elevata;
- Durata;
- Assunzione di posture incongrue;
- Notevole richiesta di forza;
- Insufficienza dei periodi di recupero;
- Fattori organizzativi;
- Fattori individuali (età, sesso, stato di salute, esperienza, ecc.);
- Altri fattori, definiti complementari, quali condizioni microclimatiche, illuminazione, esposizione a vibrazioni, movimenti fini con le dita, contraccolpi, ecc..
Le patologie da sovraccarico biomeccanico vengono classificate in funzione del tessuto interessato. Si distinguono pertanto:
- Tendiniti;
- Tenosinoviti;
- Patologie neurologiche periferiche;
- Patologie neuro vascolari;
- Patologie muscolari.