EXCURSUS NORMATIVO –LEGISLATIVO E RIFLESSIONI SULLA TENUTA DI SISTEMA
L’inadeguatezza dei sistemi normativi accompagnata all’insufficienza delle discipline domestiche di alcuni Stati membri dell’Unione, ad esempio Cipro o Grecia, rispetto alla dimensione internazionale delle crisi manifestatesi a partire dal 2007, hanno reso necessaria una riflessione sulla strutturazione e tenuta del sistema bancario europeo complessivamente considerato. è necessaria una più ordinata gestione delle crisi bancarie la cui particolare frequenza, per il cedimento soprattutto negli ultimi 10 anni di fondamentali equilibri sistemici a livello macroeconomico, rischia costantemente di minare la tenuta dei livelli di equilibrio non solo degli stati membri ma dell’unione stessa, aprendo così pericolosi punti di sfaldamento soprattutto sul piano degli equilibri sociali.
L’esperienza dell’ultimo decennio ha infatti dimostrato che il fallimento bancario produce dei costi che società e governo fanno difficoltà ad assorbire al pari dell’ipotesi di fallimento per un impresa comune.
Si è reso necessario dunque escogitare una exit strategy; possibile ed attuabile è quella ad esempio riproposta dall’Unione Europea nel rapporto Liikanen, in cui nuovamente prende corpo l’idea di una separazione tra funzioni socialmente essenziali delle banche da quelle più speculative e quindi rischiose, si da contenere sia i rischi di fallimento ma anche i relativi costi.
Il 2012 è dunque l’anno in cui ha prende corpo il progetto di una vera e propria Unione Bancaria europea, fondata su 3 pilastri essenziali:
- un meccanismo unico di supervisione (SSM)
- un meccanismo unico di gestione e risoluzione crisi (SRM)
- e uno schema comune di assicurazione dei depositi (EDIS).
All’interno di questo impianto progettuale, dirompente, sopratutto per l’immediato impatto sul quotidiano, è la direttiva BRRD ( 2014/59/UE) contenuta nel secondo pilastro– Bank recovery and resolution directory altrimenti nota come BAIL IN.
BAIL IN sta per salvataggio interno o dall’interno opposto a bail out , con tale procedura infatti il risanamento dell’ istituto bancario in crisi se to big to fail non viene effettuato per il tramite di un intervento pubblico (esterno quindi bail out) modello in auge sino a pochi anni fa, ma con il danaro degli azionisti, obbligazionisti e correntisti maggiori ( dall’interno per l’appunto ).
Secondo la direttiva in esame e il conseguente corollario normativo che andremo ad approfondire, le banche POSSONO ma non necessariamente DEVONO essere liquidate.
Elemento imprescindibile sotteso alla direttiva è che non si ricorra al salvataggio per il tramite di risorse pubbliche – che hanno alimentato il deficit statale e drogato il mercato in violazione della normativa sugli aiuti di stato, ma, come di recente ha specificato la commissaria UE alla concorrenza , Margrethe Vestager “bisogna naturalmente fare in modo che ogni banca faccia pulizia al suo interno” senza che a pagare le crisi bancarie sia più il contribuente.
In effetti, la normativa sul Bail in nasce essenzialmente in funzione preventiva, proprio nel momento in cui la banca si trova in situazioni di cosiddetto going concern, ossia non è ancora fallita ma lo stato di passività è tale da non essere più sostenuto dalle attività della banca che a quel punto viene posta in risoluzione.
QUADRO NORMATIVO EUROPEO:
Il quadro normativo di riferimento si incardina centralmente a livello europeo per poi riverberarsi a cascata nell’ordinamento interno come di seguito:
- il Reg.Ue 1024/2013 che ha istituito il meccanismo di vigilanza unico SSM
- il reg UE 806/2014 che dal 01.01. 2016 istituisce il meccanismo unico di risoluzione SRM
- la direttiva UE 2014/49 DGSD –garanzia sui depositi
- la direttiva UE /2014/59 BRRD – bail in
in concorso con le regole di Basilea accolte nel Diritto dell’Unione tramite la
- Direttiva 2013/36/UE (CRDIV)
- Regolamento 575/2016 (CRR)
RECEPIMENTO LEGISLAZIONE ITALIANA:
Questo ricco corredo normativo si traspone nel nostro quadro normativo interno attraverso il recepimento delle norme europee nella legislazione primaria, segnatamente per quanto alla nostra analisi :
Dlgs 180/2015 che secondo una sintetica esegesi prevede:
art 17 Resolution – per enti failing or likely to fail – la risoluzione è necessaria per tutelare gli obiettivi normativi e la liquidazione coatta è insufficiente alla tutela dell’interesse pubblico
art 20 .1.a Write down and conversion : in caso di dissesto o rischio dissesto , si attua la riduzione forzosa del valore delle azioni e dei creditori subordinati della banca in crisi e conversione di tali debiti in azioni – questo per assorbire le perdite e ricapitalizzare l’ente quando questa misura è sufficiente a superare lo stato do il rischio di dissesto.
Art 21 Resolution . obiettivi- Assicura la continuità dei servizi essenziali e la stabilità finanziaria dell’ente, tutela i fondi pubblici e protegge i depositanti assicurati e gli investitori
Art 22 Principi della risoluzione: perdite devono gravare sugli azionisti e creditori ex gerarchia fallimentare
Divieto di trattamenti peggiorativi – no creditor worse off
Parità di trattamento tra creditori di una stessa classe
Sostituzione management – con profili di responsabilità civile e penale
Rispetto della normativa su aiuti di stato
Art 78.co.1 Burden sharing : le banche non possono può essere finanziate dallo Stato ma solo “dal loro mercato”, secondo questo meccanismo i fondi di risoluzione* devono essere alimentati da
- Contributi ordinari , che le banche ex art 82 devono versare con cadenza annuale
- Contributi straordinari che le stesse possono essere chiamate a versare se la dotazione del Fondo nazionale di risoluzione non è sufficiente a sostenere le misure di risoluzione
- Prestiti e altre forme di sostegno finanziario, qualora i contribuiti ordinari non siano sufficienti o non disponibili
- Somme versate dall’ente sottoposto o dall’ente ponte
*Stando alla normativa in esame però il Fondo Nazionale di Risoluzione nascerebbe già indebitato , in quanto Banca d’Italia ha chiesto alle banche obbligate di anticipare il versamento di contributi futuri , oltre ad avere la possibilità di attuare la previsione di cui all’ art 78 stesso decreto .
Dlgs 181/2015 che apporta conseguenziali modifiche al TUB e TUF
Nello specifico
l’art 69 bis TUB per i recovery plans – piani di risanamento
l’art 69 ocitiesdecies TUB – misure di intervento precoce
l’art 69 vicies semel TUB – removal collettivo degli organi
art 70 TUB – amm.re straordinaria
Legge 188 26.11.2015 a ratifica del trattato internazionale sulle procedure e istituzione del Fondo Nazionale di Risoluzione e Single Resolution Fund.
LA DIRETTIVA UE 2014/59 BRRD : COME FUNZIONA
Per quanto la natura intima del provvedimento sia senz’altro positiva, ossia introdurre in tutti Paesi europei regole uguali per prevenire e gestire le crisi bancarie, conferendo alle autorità di risoluzione europee e nazionali poteri e procedure, alla prova dei fatti lo stesso non risulta del tutto scevro da critiche.
Per bail-in intendiamo, dunque la procedura disciplinata nella direttiva 49 che consente di ricapitalizzare una banca in crisi – in misura tale da consentire di mantenere gli equilibri di mercato e la fiducia nell’istituto, che quindi continua ad operare senza alcun costo per i contribuenti.
Il bail-in si configura dunque come strumento di assorbimento delle perdite finalizzato essenzialmente a minimizzare il coinvolgimento di finanze pubbliche.
Il meccanismo permette agli istituti in difficoltà di attingere in primo luogo ai fondi degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati, ove non fossero sufficiente per il salvataggio dell’istituto, consente altresì di attingere alle risorse dei correntisti che hanno depositi superiori ai 100 mila euro.
La direttiva BRRD, istituisce veri e propri Resolution tools utilizzabili in via coattiva, senza cioè il consenso degli azionisti :
Sale of business / Cessione di Ramo d’azienda
Bridge bank / Banca Ponte
Assets separation tool – bad bank- Trasferimento attivi deteriorati su Banca ponte
Bail in : Salvataggio interno attingendo al patrimonio dei correntisti secondo gerarchia
Banca d’Italia delega gli azionisti, obbligazionisti e i correntisti (i titolari di un conto corrente) della banca stessa, a farsi carico di un importo non inferiore all’8% delle passività totali della banca.
Dal bail in sono escluse però alcune passività, ovvero:
- depositi di importo fino a 100 mila euro;
- liquidità per conto del cliente;
- passività garantite;
- passività interbancarie con scadenza inferiore a 7 giorni;
- debiti verso dipendenti, se favoriti da normativa fallimentare;
Il Bail in è strettamente legato al Resolution planning, una volta infatti che l’autorità di supervisione – per l’Unione Bancaria la BCE, dichiara lo stato irreversibile di una banca, l’autorità di risoluzione propone un piano da approvare entro 24 ore, quasi un massaggio cardiaco, una rianimazione dell’istituto bancario che, secondo l’ambiziosa penna del legislatore europeo, in un week end muore e torna alla vita.
Un visione questa che parrebbe ai più estremamente semplicistica ma che racchiude l’essenza stessa della normativa in esame, concepita essenzialmente per ridurre al minimo il moral hazard ( ovvero la tentazione, insita nell’attività del banchiere, di appropriarsi di tutte le risorse che i risparmiatori hanno affidato all’istituto ,senza effettuare una adeguata selezione degli impieghi secondo una logica sistemica) e la sfiducia del mercato verso l’istituto bancario in crisi sicuramente con un processo rapido. ma che sicuramente non può risolversi in una settimana e che soprattutto deve, come vedremo, ingaggiare un dialogo con le parti sociali.
“The management and resolution of banking crisis is a long and complicated process that requires the ability to orchestrate rapid responses as well as to take care of the various interest at stake” (Boccuzzi 2011)
FINALITA’
Allentare il legame debito Banche – Stati Sovrani;
Garantire maggiore stabilità ai mercati finanziari;
Ridurre il rischio di frammentazione nel mercato interno in presenza di intermediari operanti cross border;
IN CHE MODO?
Costituzione del Single Resolution Mechanism
Single resolution board – europeo
National Resolution Authorities – stati membri
Creazione Single Resolution Fund
Lo stato dell’arte: riflessioni critiche
Si pensava che per dare avvio al “bail in” fosse necessario aspettare gennaio 2016, anche se la Banca d’Italia aveva chiarito che il provvedimento poteva anche prendere avvio prima.
In effetti è andata così: il primo caso di applicazione della procedura di resolution a carico degli azionisti e risparmiatore nel nostro Paese ha preso corpo con la liquidazione della Banca Romagna cooperativa , 21 sportelli, con una perdita accumulata di 40 milioni che, in altri tempi aveva buone possibilità di essere sanata dall’intervento pubblico. Nel caso della piccola banca romagnola il bail-in ha riguardato i creditori clienti soci sottoscrittori di obbligazioni subordinate.
Nella disciplina fallimentare in virtù della clausola di subordinazione il rimborso di questi prestiti sarebbe avvenuto solo dopo il rimborso di tutti gli altri creditori. Ma in questo caso i sottoscrittori delle obbligazioni di Banca Romagna Cooperativa non hanno dovuto farsi carico delle perdite. Il Fondo di Garanzia istituzionale delle Bcc, che ha deciso, “in via volontaria e in assenza di qualsiasi obbligo – come si legge nella nota del commissario liquidatore – di rimborsare integralmente e immediatamente i sottoscrittori dei bond”.
Il 22 novembre 2015 il MEF ha dato avvio alla procedura di risoluzione per 4 banche italiane in situazione di insolvenza (Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, CariChieti e Cassa di Risparmio di Ferrara)
Ad oggi i punti di caduta della normativa in esame sono individuabili nella carente previsione di tutele sociali e di sistema.
Da un lato si è aperto un serissimo problema di fiducia verso le banche dall’altro, e per quanto attiene il nostro settore, la possibilità di tagli occupazionali conseguenziali a ristrutturazioni finanziarie di istituti in default è una possibilità che si fa sempre più concreta e alla quale ad oggi non vi sono tutele a livello normativo centrale.
In aggiunta evidenziamo come nell’ambito dell’Unione Bancaria europea sia abbastanza evidente come le Banche potenzialmente soggette a bail-in siano essenzialmente quelle concentrate nell’area mediterranea; questo dato potrebbe determinare ed innescare un pericolosissimo processo di escalation e centralizzazione dei capitali bancari, con una sempre maggiore meridionalizzazione del sistema creditizio in Europa, enfatizzando così asimmetrie sistemiche di tenuta finanziaria già oggi presenti.
Perplessità sono emerse dalle principali autorità di vigilanza; per la Consob “il bail-in ha scatenato uno shock normativo senza precedenti, a causa della sua retroattività che si è subito rivelato un fattore di instabilità per il mercato finanziario e, in particolare, per il comparto bancario. La nuova disciplina ha mutato di colpo il profilo di rischio dei titoli in portafoglio ai risparmiatori, peggiorandone la posizione, rispetto al momento in cui i titoli sono stati sottoscritti o acquistati”. (VEGAS)
Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, non ha invece risparmiato delle critiche alla nuova normativa europea sulla risoluzione delle crisi bancarie che ha portato all’applicazione del bail-in nel caso delle quattro banche regionali Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti e Carife
“La risposta normativa sulla gestione delle crisi – ha evidenziato Visco – ha creato incertezza sugli investimenti in passività bancarie. Uno strumento concepito per ridurre l’impatto di una crisi non può creare le premesse per renderla più probabile: se così è, deve essere rivisto“.
“Occorre trovare un giusto bilanciamento – ha aggiunto – l’investitore colpito, infatti, non trova alcun conforto dal fatto di essere stato tutelato come contribuente. Il nostro approccio negoziale, ripetutamente espresso nelle sedi ufficiali, era diverso: il bail-in avrebbe dovuto avere natura contrattuale, non avere effetti retroattivi sui titoli di credito già emessi ed entrare in vigore con adeguata gradualità”.
La Banca d’Italia suggerirebbe un approccio contrattuale al bail-in, con applicazione della procedura soltanto a titoli di nuova emissione contenenti una espressa clausola contrattuale che preveda esplicitamente il potere delle autorità di svalutare o convertire i crediti al ricorrere delle condizioni per l’avvio della risoluzione.
Il timore di via Nazionale sta nei forti rischi di instabilità finanziaria che l’attuale approccio può innescare, coinvolgendo nell’eventuale bail-in un ampio insieme di passività bancarie con limitate eccezioni.
Il governatore ha rilanciato quindi la proposta italiana, avanzata nel 2013 da Bankitalia e ministero dell’Economia ma rimasta inattuata, di limitare le perdite in caso di salvataggio solo alle attività di nuova emissione.
PROPOSTE DI MODIFICA:
L’art 129 della BRRD contiene una “clausola di revisione”, seppur in ambiti e con finalità limitate, da attivare entro giugno 2018.
Ci si aspetta dunque che questa fase non sarà caratterizzata dalla spasmodica e miope fretta con la quale si è proceduto all’approvazione e al recepimento, dando macroscopica evidenza di quanta approssimazione politica ci sia stata nella prima delicatissima fase di analisi della normativa e ponderazione di effetti e conseguenze sulla tenuta sistemica del Paese.
L’esperienza di questi tempi servirà a dettare tempi di riflessione e ragionamento necessari ad apportare correttivi assolutamente necessari oggi assenti e tali da ridurre la forbice estremamente ampia tra le competenze del legislatore e quelle dei rappresentanti della politica europea e nazionale.
Occorrerà questa volta avere ben presenti le pericolose conseguenze economiche di avventate decisioni politiche.
Nel 2013 in effetti nessuno ha percepito la portata e l’effetto valanga della direttiva recepita in assenza di una sessione particolare e con una votazione ad ampia maggioranza, salvo poi accorgersi dopo due anni dell’impatto devastante sui risparmiatori e sul tessuto sociale.
Il 21.11.2015 quando la procedura di risoluzione ha debuttato in Italia coinvolgendo ben 4 istituti sono stati commessi gravi errori ed imprudenze impattanti sulla perdita totale degli assets subordinati contenuti nei portafogli dei risparmiatori retail che in prima battuta non sono stati tutelati.
Fondamentale è innescare e dare corpo alla riflessione sul coinvolgimento del Sindacato nelle relazioni tra BCE e Commissione Europea.
Sino ad oggi infatti abbiamo assistito a confronti quadrilaterali tra Governo, BCE, CE e Istituti coinvolti senza che il sindacato avesse ricevuto informativa alcuna.
E’ inaccettabile l’assenza del coinvolgimento sindacale nelle fasi dei processi sin qui esaminati.
Sarebbe quindi opportuno, nell’ambito del dialogo sociale europeo, creare una corsia privilegiata di informazione e consultazione con le parti sociali, in primis il sindacato, prima dell’assunzione di qualsiasi decisione che determini impatti e ricadute sul sociali e occupazionali, una vera e propria audition, che abbia funzione di supporto all’intera procedura di risoluzione e ristrutturazione.
Non ci si è mai posti il problema procedurale di come informare i rappresentanti sindacali soprattutto in ordine ai piani di risanamento che comportano ricadute occupazionali.
Questo non per uno sterile desiderio di visibilità ma perché, e i fatti lo hanno dimostrato, la gestione delle tensioni sociali conseguenti le procedure di risanamento è comunque ricaduta sull’azione sindacale.
Occorrerà altresì affrontare il problema delle quattro banche e degli obbligazionisti retail coinvolti nelle vicende del Monte dei Paschi e delle Banche Venete in rapporto al dettato dell’art 47 della Costituzione “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme” .
La salvaguardia dei mercati finanziari non può infatti né compromettere gli interessi che fanno capo ai risparmiatori, né paralizzare lo strumentario a disposizione degli Stati per risollevare sistemi economici e sociali in sofferenza.
Un ulteriore riflessione che ci sembra opportuno avviare tocca la distribuzione e gestione dei ruoli operativi e di controllo all’interno della BCE.
Sarebbe auspicabile l’introduzione di un meccanismo che nel caso attivazione di procedure di ristrutturazione comporti l’inserimento di commissari designati ad hoc dai paesi coinvolti così da assicurare una maggiore trasparenza e un maggiore coinvolgimento nei processi decisionali.
E’ importante a nostro avviso colmare il deficit di partecipazione che ad oggi registriamo sui livelli intermedi dei processi sin qui esaminati.
Nella nostra short list dei buoni consigli al legislatore dovrebbero pertanto essere ricomprese:
– seduta parlamentare ed europarlamentare dedicata;
– meccanismi volontari di risanamento che non siano ricompresi tra gli aiuti di stato – intangibilità del risparmio di base;
– espressa indicazione dei titoli in collocamento e collocati sottoponibili alla procedura di bail in;
– aumento del burden sharing ( la riduzione cioè del valore nominale delle azioni e delle obbligazioni subordinate o la conversione in capitale di queste ultime,
– l’audizione delle rappresentanze sindacali;
– compressione delle tempistiche di risoluzione per evitare la corsa agli sportelli e squilibri nel tessuto sociale e politico;
Sui punti in proposta torneremo con una più compiuta e dettagliata analisi.
CONSIDERAZIONI FINALI
Il bail in quale meccanismo di tutela sistemico a tutela delle instabilità richiede, come abbiamo visto, correttivi necessari, soprattutto per rinsaldare legami di tenuta sociale in sempre maggiore deterioramento.
I risparmiatori sono preoccupati della tenuta dei loro averi e in mancanza di una certezza del diritto che tuteli i danari affidati dai cittadini alle banche, non vi saranno depositi e lo stesso credito bancario sarà minato con conseguenze importanti sul fare impresa e lo sviluppo del Paese.
E’ un circolo, questo che deve essere ricondotto su binari più trasparenti e che diano soprattutto tutela alle fasce più deboli del Paese.
Del resto la procedura esaminata priva gli stati membri di qualunque discrezionalità in materia di gestione delle crisi – tra cui la scelta di ricorrere come extrema ratio alla nazionalizzazione – lasciandoli in balia delle turbolenze dei mercati e, forse soprattutto dei paesi con una capitalizzazione di maggiore impatto.
Il problema è la mancanza di una sola autorità in grado di gestire in modo unitario le diverse fasi di vita di una banca. Negli USA, nonostante la notevole complessità della regolamentazione finanziaria e delle competenze in tema di controlli, si individua nella Federal Deposit insurance Corporation l’agenzia in grado di vigilare sulla banche e gestirne la loro risoluzione con procedure dedicate funzionando anche come OLA , Ordely Liquidation Autority e provvedendo anche al rimborso dei depositanti.
Il problema è sempre lì, che ci guarda sornione dai tempi dell’istituzione stessa dell’Unione: la gestione della sovranità nazionale rispetto a quella comunitaria.
La mancanza infatti di una piena unione economica e politica rende l’Europa frammentata e complessa, estremamente esposta a rischi di malfunzionamento in cui si innescano come vediamo sempre con più facilità spinte populiste e centrifughe.
Solo una incisiva ed efficace rimodulazione dei livelli intermedi potrà effettivamente garantire una maggiore autorevolezza dei processi decisionali
Francesca Carnoso
Responsabile Dipartimento Giuridico FisacCgil Nazionale.