Con una lettera inviata a Giunta, assessore alla Sanità e Commissione consiliare, i sindacati della Sardegna, insieme alle varie associazioni che si occupano di disabilità e non autosufficienza, manifestano aperto dissenso verso le scelte relative ai criteri di accesso alla legge 162.
“Con la tardiva approvazione della delibera regionale sui progetti personalizzati, la Giunta regionale ripropone il provvedimento dell’anno precedente, con tutte le negatività da tempo sottolineate dalle organizzazioni delle persone con disabilità”. È quanto scritto nella lettera da Cgil Cisl Uil insieme a Fish-Sardegna onlus (Federazione Italiana Superamento Handicap), Fand-Sardegna onlus (Federazione Associazioni Nazionali Disabili) Anmic-Sardegna (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili, Uic (Unione italiana ciechi), Aism (associazione italiana sclerosi multipla) Oas (Ordine assistenti sociali) Rp Sardegna (Associazione retinopatici).
Il ritardo con cui la maggioranza che governa ha provveduto ad approvare gli stessi criteri del 2012, è stato un ulteriore pretesto per evitare di aprire una discussione vera nella quale recepire le osservazioni e le richieste di modifica avanzate coerentemente dai soggetti coinvolti. Si continua invece a perpetuare scelte inique che producono ricadute negative.
Secondo sindacati e associazioni sono diversi gli aspetti che andrebbero rivisti: “L’ingiustificato ricorso a continue visite mediche, il criterio discriminatorio dell’età e della patologia anziché della disabilità, l’assenza di distinzione fra servizi e prestazioni di assistenza generica diventata ormai preminente rispetto all’assistenza socio-sanitaria personale”.
Anche il meccanismo di calcolo del finanziamento appare discutibile perché “un solo punto di differenza può dar luogo a una maggiorazione del contributo di ben 1.500 euro”. Accade persino che, a parità di età, disabilità e patologia, valutazioni differenti diano luogo a finanziamenti diversi.
Con un atteggiamento propositivo e lineare le associazioni e le organizzazioni sociali hanno proposto numerose modifiche, per superare l’impostazione generale e le specifiche scelte valutative e restituire ai Comuni il ruolo che meritano.
“Prima di tutto è necessario eliminare clamorose discriminazioni (il criterio dell‘età, della patologia o la sua insorgenza) per far posto ad una concezione moderna della disabilità, superando ogni forma di commistione fra servizi alla persona e servizi assistenziali generici. Occorre poi aumentare il punteggio sulla condizione personale rispetto al contesto socio-familiare, diversificare fra servizi e prestazioni, abolire le cosiddette fasce foriere di vistose diseguaglianze e distorsioni”.
Queste modifiche avrebbero potuto essere già apportate nella discussione fatta a fine anno dalla Commissione competente del Consiglio Regionale, alla quale Cgil, Cisl e Uil e associazioni avevano chiesto invano una audizione.
“Nel ribadire un giudizio negativo sul provvedimento deliberato da Giunta e commissione consiliare – concludono – auspichiamo una maggiore attenzione e l’avvio immediato di un confronto costruttivo per modificare al più presto tutti gli aspetti critici rilevati e provvedere alla stesura di criteri nuovi che evitino le discriminazioni attuali”.