Un muro. Sempre più alto. Invalicabile. Raccontano che in banca non danno più mutui neanche a tanti impiegati con contratto a tempo indeterminato. Neppure se non hanno mai avuto guai con la temutissima Crif, la Centrale rischi finanziari. «Basta lavorare in determinate zone o in settori critici, come l’agricoltura o la vendita di auto, per sentirsi rispondere picche perché quel posto non è più sicuro», rivela un imprenditore che ha decine di appartamenti già costruiti, desolatamente vuoti e senza compratori.
Ma l’elenco dei nuovi esclusi dal credito è lunghissimo. I primi tagliati fuori, com’è ovvio, sono le centinaia di migliaia di cassintegrati e disoccupati. C’è poi chi rinuncia da solo ad andare avanti perché si rende conto che la sua capacità di spesa non gli consente di sognare. C’è chi vive di occupazioni temporanee o incarichi a progetto e trova le porte invariabilmente sbarrate: «Ci dispiace, niente da fare». C’è chi guarda le ricariche applicate dalle banche sul costo del denaro, le spese per le assicurazioni, gli anni che ci vogliono per restituire il debito e alla fine si arrende prima ancora di cominciare. C’è chi ripiega sull’affitto perché almeno non dovrò vedermela con Imu e manutenzione del palazzo. E chi magari fa l’artigiano o lo stagionale e preferisce aspettare condizioni migliori da parte degli istituti di credito.
Se per quasi tutte le giovani coppie riuscire ad acquistare una casa sta diventando impossibile, non va meglio per le imprese. Nel commercio come altri campi. Fragilità di sistema del tessuto economico, recessione e mancanza di potere d’acquisto, rigide griglie europee nella concessione del credito e la scelta delle banche di non chiedere più in garanzie soltanto immobili stanno provocando cambiamenti radicali. Per la Sardegna è una rivoluzione che ha pochi precedenti. E che a ogni modo spiega come mai nell’ultimo anno il numero dei mutui concessi dalle banche nell’isola si sia di fatto dimezzato: -43% rispetto al 2011, sotto la media nazionale. A stare peggio sono soltanto Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
«La gente ora ha paura di accollarsi una rata, anche di 400 o 500 euro al mese, perché non sa se col resto dello stipendio ce la farà a vivere», spiegano parecchi agenti immobiliari, in questa fase tra i più colpiti dalla tempesta della crisi. In un quadro del genere non aiuta l’irrigidimento dei criteri per la concessione del credito. Fenomeno certo esteso a tutta l’Italia e agli altri Paesi europei deboli. Ma che assume in Sardegna livelli e connotazioni sociale di particolare allarme. «Perché qui da noi la casa una volta era garanzia di certezza per il futuro, mentre adesso si è trasformata in un lusso proibito», osservano dall’interno delle stesse banche.
Secondo diversi operatori, al crollo hanno però contribuito anche altri muri. Per esempio, il divieto di occuparsi dei mutui imposto alle società d’intermediazione immobiliare. O la sostanziale cancellazione, nelle banche, delle sezioni specializzate in certi tipi di credito: uffici che sapevano valutare meglio la tenuta di ogni segmento economico, le singole posizioni dei privati, attitudini, risorse, potenzialità delle aziende. Tra palizzate e recinzioni, qualcun altro indica la sotterranea lotta per raffreddare l’offerta sui nuovi canali come internet. E, ancora, la tendenza consolidata da parte di tanti istituti a occuparsi più di finanza che di credito. Ma per le famiglie un fatto appare evidente nel caso dell’edilizia: il blocco parte dal basso. L’impossibilità dei ragazzi di ottenere finanziamenti crea effetti negativi a cascata. A chi può vendere il proprio appartamento una famiglia alla ricerca di maggiori spazi se non a un single o una giovane coppia? E quella famiglia che chance avrà di acquistare una casa più ampia se prima non incasserà i soldi della vendita del vecchio alloggio o se ne nessuno le concederà a sua volta un mutuo? Interrogativi che spingono qualche imprenditore a conclusioni amare: «Noi costruivamo muri, i banchieri ponti: ma oggi nessuno può più fare il suo mestiere».
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