Veneto Banca: La gestione della crisi

Che ci sia una profonda crisi nell’intero sistema bancario italiano (e non solo italiano) crediamo sia evidente ed ormai ammesso da tutti, anche da chi, avendo il compito istituzionale di vigilare, a suo tempo sottovalutò la portata della crisi, certificando a più riprese l’assoluta solidità delle banche italiane. Pensiamo che allora ci sarebbe stato tutto il tempo per gestire la situazione in modo ben diverso e anche il Gruppo Veneto Banca avrebbe potuto e dovuto mettere in moto un’azione di largo respiro, che si ponesse il traguardo di mettere in salvo soci e dipendenti. Perché questo è il compito della classe dirigente, altrimenti perché viene così profumatamente pagata?

Ora quanti medici al capezzale dell’ammalato!

Qualcuno si ostina a proporre una fusione suicida con l’altra grande banca popolare, ammalata quanto noi o più di noi, senza peraltro presentare uno straccio di piano che illustri i pro (se ci sono) ed i contro (che sono tantissimi). Francamente, ci sfugge la ratio di tanti insistiti proclami, con tanto di grancassa dei media locali, che sembra diano per scontato ciò che scontato non è affatto; ci sembra siano tornati i tempi in cui la stampa annunciava, al motto “Ipse dixit”, le acquisizioni, da parte della Popolare di Vicenza, di questa o quella banca, di volta in volta smentite poi dai fatti.

Spuntano interessi esotici per Veneto Banca e Popolare di Vicenza: seguiremo il destino di tante squadre di calcio italiane? A quando l’ingresso di un fondo cinese, di un emiro arabo o di un magnate russo?

Ma non scherziamo, per favore! Il sistema bancario di un paese riveste un interesse strategico assoluto, molto di più di Alitalia e Telecom. L’dea che l’Italia sia un paese in svendita dovrebbe atterrire non solo noi bancari, ma tutti quanti, politici ed imprenditori in testa. Fortunatamente il carattere predatorio dei fondi americani, Atlas in testa, retto da Bob Diamond (ma non è lo stesso che, a seguito dello scandalo Libor, ha dovuto “volontariamente” dimettersi dalla carica di ad della Barclays?) rende l’operazione estremamente difficile: esigerebbe, infatti, di acquistare per un piatto di lenticchie le due banche ben ripulite da npl, litigation e 3.500 dipendenti. Strano predatore, che il pollo lo mangia solo ben cotto, spellato e disossato. Alla faccia del salvataggio!

Rimane l’indicazione tracciata da Quaestio: avanti con il risanamento parallelo delle due banche, a tutti i costi, anche a quello di ricorrere ai licenziamenti collettivi.

Gli fanno eco il governo, salvo poi smentita, che si spinge ben oltre: metà dei lavoratori bancari sono in più (certo, cosa aspettarsi da chi si ostina a sostenere che per aumentare l’occupazione bisogna licenziare)e il governatore di Banca Italia (appurato che il sistema non è poi così solido) che ci informa che il costo del lavoro rispetto ai ricavi è in Italia ben superiore alla media europea (notate bene, non dice che il costo del lavoro è più alto – verrebbe facilmente smentito – ma che il rapporto con i ricavi non va bene: che sia questo il problema?) Viene da chiedersi chi ha consentito che le banche italiane, anziché investire in innovazione, anziché consolidarsi attraverso la ricerca di maggiore efficienza, si gonfiassero oltremodo e, in alcuni casi, si svenassero per fare acquisizioni risultate poi disastrose. Se ora le banche italiane non riescono più a fare ricavi è un problema che non si risolve con la riduzione del già basso costo del lavoro. Siamo alle solite: una classe dirigente incapace di gestire e risolvere le crisi, riesce solo a proporre l’unica cura che conosce, ossia il salasso per i lavoratori. Invece di risolvere i problemi, si adottano soluzioni che li aumentano.

E’ inammissibile che si affrontino così i problemi, che a pagare siano sempre e solo gli incolpevoli lavoratori, lasciando irrisolte le vere cause della crisi

Ci confortano le dichiarazioni del Presidente Anselmi, che dice no ai licenziamenti. Ma vedremo quali sono le soluzioni che ci verranno prospettate: non possiamo certo accettare che di anno in anno si apportino modifiche al Piano Industriale che peggiorino le già critiche condizioni di lavoro. Non dimentichiamo che i colleghi di Veneto Banca hanno già contribuito di tasca propria e continuano a lottare con i denti e con le unghie affinché il malato Veneto Banca possa sopravvivere.

Ora ci vuole ben altro che il solito salasso!

Scarica il nuovo numero di Periscopio

Was this article helpful?
YesNo

    Questo articolo ti è stato utile No

    Pulsante per tornare all'inizio
    error: Content is protected !!