Non c’è reato di auto riciclaggio a carico di chi versa il profitto di un furto su una carta prepagata. Questo perché non si configura un’attività finanziaria di rilievo tale da dover essere sanzionata sulla base della nuova norma del Codice penale.
Tutto ciò lo stabilisce la Corte di Cassazione con una sentenza (la 33074) della Seconda sezione penale. Secondo la sentenza non costituisce né attività economica né attività finanziaria il semplice deposito di una somma su di una carta prepagata perché, sempre secondo la sentenza, è economica sulla base dell’indicazione fornita dal Codice civile con l’art.2082 solo quella attività che ha come obbiettivo la produzione di beni oppure la fornitura di servizi. Definizione in cui non rientra la condotta contestata.
Neppure la definizione di attività finanziaria può essere utilizzata in questo caso, in quanto (ricorda la Cassazione) una definizione di attività finanziaria non è presente nel Codice civile, bisogna pertanto fare riferimento al Tub (testo unico delle leggi in materia bancaria) il quale individua come tipiche attività finanziarie l’assunzione di partecipazioni, la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, la prestazione di servizi di pagamento e l’attività di cambio valute. Visto che nessuna di queste condotte è configurabile nel caso in esame, si deduce che a mancare è l’elemento oggettivo del reato di auto-riciclaggio.
Inoltre la norma sull’auto-riciclaggio, avverte la Cassazione, punisce solo quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stessa autore del reato presupposto che siano però idonee ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Occorre perciò una particolare intensità dissimulatoria, in grado di nascondere l’origine illecita del denaro. Un’ipotesi che non può riguardare il versamento di una somma su una carta prepagata intestata allo stesso autore del fatto illecito.
A fare la differenza rispetto alla semplice condotta di godimento personale, non punibile, è proprio l’effetto dissimulatorio, conseguenza della reimmissione nel circuito economico-finanziario oppure imprenditoriale di beni o denaro di provenienza illecita.