Il piano industriale 2019/2020, già presentato da UBI Banca ai mercati e alle parti sociali nelle scorse settimane, inizia a produrre i suoi effetti con l’informativa sindacale ricevuta ieri dalla FISAC-CGIL per l’avvio della procedura che gestirà le ricadute sui lavoratori. Già nei prossimi giorni è previsto il primo incontro, anche se la trattativa vera e propria si svolgerà a partire da settembre.
Il piano varato dalla neocostituita Società per Azioni “rivoluziona” il Gruppo Ubi attraverso il superamento del sistema federato (ultimo rimasto in Italia), con la fusione per incorporazione delle attuali sette banche-rete in una unica banca-rete. Di conseguenza è previsto un “piano sportelli” che prevede la chiusura di 280 unità operative, di cui 130 nell’ambito dell’operazione di fusione. Inoltre viene comunicata una pesante revisione della struttura organizzativa anche negli uffici “direzionali” e nella società di servizi insieme all’evoluzione del modello distributivo orientato al “cashless” e al multimediale.
Sul lato occupazionale è invece previsto un ricambio generazionale con 2.750 uscite e 1.100 ingressi di nuove risorse.
“E’ un piano ambizioso – dichiara Mauro Pedroni, coordinatore della FISAC-CGIL del Gruppo UBI – che deve, a nostro giudizio, coinvolgere i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo in un percorso di radicale rinnovamento della struttura e nel modo di fare banca ma, nel contempo, deve considerare con attenzione le condizioni di lavoro e la qualità di vita di tutti i dipendenti. Condizioni di vita e di lavoro che nel corso di questi ultimi anni sono andate via via peggiorando e che devono trovare nel confronto sindacale sul nuovo piano industriale le adeguate risposte.”
“Il piano è stato presentato in un contesto nazionale ed europeo di forte preoccupazione e di notevole tensione politica ed economica” continua Pedroni “e abbiamo qualche perplessità sul raggiungimento degli obiettivi di ricavi previsti: come sempre in questi casi le uniche certezze derivano dai tagli pesanti al personale che andranno gestiti in trattativa mentre chiederemo certezze per i 1.100 nuovi assunti previsti.”
Al termine del Piano Industriale i lavoratori del Gruppo si ridurranno a circa 16.000 unità dalle 17.700 attuali.
Il Gruppo oggi è presente in 80 provincie con circa 1.500 sportelli che occupano, in media, 6 dipendenti contro i 2 dei minisportelli.
“Dovremo affrontare anche problemi di presenza nei territori: infatti mentre nella nuova struttura il nord sarà ampiamente presidiato, l’area Centro Sud sconterà problemi di presenza commerciale e di tenuta occupazionale. Vista la complessità del progetto sarà indispensabile il coinvolgimento e l’adesione di tutti gli attori in gioco al nuovo progetto e l’obiettivo finale non dovrà essere solamente la soddisfazione degli interessi degli azionisti. Per parte nostra ci impegneremo a lavorare perché le tutele e i diritti che scaturiranno dalla contrattazione integrativa siano considerati investimenti e non semplici costi. Non accetteremo naturalmente deroghe al Contratto Collettivo Nazionale che danneggerebbero l’intera categoria. Ci aspettano mesi di grande impegno” conclude Pedroni “ e a nostro giudizio è indispensabile una collaborazione tra tutte le sigle sindacali e un rapporto stretto con tutti i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo attraverso le assemblee che partiranno a settembre”.
Fisac CGIL Gruppo UBI
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