Periodico a cura della FISAC/CGIL del Gruppo BNL – BNP Paribas N.8 giugno 2016. “dignità s. f. [dal lat. dignĭtas -atis, der. di dignus «degno»; Condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch’egli deve a sé stesso.”
E’ importante ricordare il significato delle parole che usiamo quotidianamente, molto spesso a sproposito, come nel caso di quel/quella collega che, pur se apparentemente nella forma si dichiara corresponsabile, nei fatti sembra volersi elevare ad una dignità superiore rivolgendosi ad altri colleghi, considerati evidentemente di “rango” inferiore, in questi termini:
“Questo è il ns dato. A mio avviso è vergognoso. Quando decidiamo di alzare il capo e cercare di tutelare la ns dignità ed il ns orgoglio …me lo dite…Mi manca un dato per capire: quanti check up previdenziali abbiamo fatto?” (sic!)
La Dignità è “diritto al rispetto” ma viene utilizzata, degradandola, come pretesto per imporre comportamenti adeguati al raggiungimento dello scopo. Non più un concetto morale, ma un concetto di merito, di prestazione. – Non raggiungi lo scopo? Non hai dignità!
La dignità è “una condizione morale in cui l’uomo è posto dalla sua stessa natura di uomo”, ma l’uomo è pur sempre un animale, un animale che si distingue dalle bestie poiché sa usare le mani, ma soprattutto perché ha la capacità di esprimere ciò che pensa e di decidere l’ordine delle parole più adatto da usare.
Capacità che appare difficile trovare nella modalità comunicativa utilizzata da un altro soggetto “elevato” in questo messaggio:
“Non rispondete a me. Non mi serve.
Rispondete, ognuno di voi, a voi stessi.
Chiedetevi se avete fornito un servizio adeguato ai nostri padroni, cioè ai clienti.
Spero che facciate questa riflessione e che l’invio di questa segnalazione negativa non sia un mero atto amministrativo. Perché in questo caso evitate.
Evitate l’imbarazzo (credo) di farla e a me l’imbarazzo (certo) di riceverla.
Sicuramente tutti voi avete ben chiaro che la banca è cambiata e c’è una visione di s.p.a. (società per azioni che eroga servizi e che deve produrre utili) e non di spa ( inteso come centro benessere e relax).” (sic!)
In queste poche righe si può leggere la totale decadenza dalla dignità umana esplicitata nell’uso della parola “padrone”, nel compiacimento di umiliare, di offendere.
In questi messaggi inviati a lavoratori che evidentemente non soddisfano le esigenze di budget non si intende soltanto attivare una pressione al fine di ottenere lo scopo. No, in questi messaggi si evidenziano le carenze anche umane di chi, chiamato a svolgere un compito direttivo non avendone la capacità, mette in atto deliberatamente una aggressione alla dignità umana attraverso la denigrazione, al solo scopo di ottenere migliori performance, mancando di rispetto per primo alla propria dignità.
Agisci in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e non mai solo come mezzo. L’uomo in quanto tale è ragione; lo strumentalizzare la ragione (cioè l’uomo) degraderebbe la stessa morale a mezzo, rendendo l’azione immorale.
Kant
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