A verità,Marché,mme so’ scucciato ‘e te senti;
e si perdo ‘a pacienza, mme scordo ca so’ muorto e so mazzate!…
Ma chi te cride d’essere…nu ddio? Ccàdinto,’o vvuocapi,casimmo eguale?…
…Muortosi’tu e muorto so’ pur’io; ognuno comme a ‘na’atoé tale e quale”.
(‘A Livella – Totò)
In verità Marchese mi sono scocciato di sentirti e, se perdo la pazienza, mi scordo di essere morto e sono botte! ma chi ti credi di essere … un Dio? Qui dentro (cimitero) lo vuoi capire che siamo tutti uguali? Morto sei tu e morto sono pure io;ognuno come è nato è tale e quale ”
Una telefonata al 911 in cui Omar Mateen giura fedeltà all’Isis e al suo leader al Baghdadi. Poi l’ingresso al Pulse, un night club di Orlando frequentato dalla comunità gay, e si compie la strage da armi da fuoco più grave della storia d’America con 49 morti e oltre 50 feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni.
“Un atto di terrore e di odio” così l’ha definito in diretta Barack Obama. Una strage commessa da un 29enne di origini afghane, ex guardia giurata, che viveva in una cittadina a 200 km da Orlando e che, armato di pistola, fucile e ordigno, è entrato nel locale e ha iniziato a sparare all’impazzata. Cosa o chi ha armato la mano di Oman? L’omofobia o l’estremismo islamico? Qualunque sia la risposta, la matrice è la stessa: l’ignoranza e la paura. Il risultato è una strage di 50 giovani vittime.
Ma i morti non sono tutti uguali! Perché nemmeno di fronte alla morte si riesce a superare la “differenza” che li ha caratterizzati in vita. Nemmeno la morte è in grado di superare gli stereotipi, i pregiudizi, la paura e l’ignoranza che rendono la diversità una menomazione. I morti della strage di Orlando sono omosessuali e,come tali, forse non meritano la stessa attenzione del mondo e dei media al pari di altre vittime di attacchi terroristici o comunque criminali. Negli occhi della gente non c’è lo stesso sgomento e lo stesso orrore che abbiamo visto in occasione di altre stragi. L’omosessualità ci mette a disagio. E dovremmo domandarci quanto è diverso questo “disagio” da quello che il padre dell’attentatore racconta di aver letto negli occhi del figlio mentre assisteva a un bacio tra due omosessuali. Si è portati a credere che nella società moderna, caratterizzata da una sempre maggiore affermazione del valore di uguaglianza, i pregiudizi e gli stereotipi siano destinati a perdere progressivamente di importanza , ma così non è. Pregiudizi e stereotipi sono tuttora ampiamente diffusi e radicati. L’omosessualità è l’etichetta a cui si è ricorso per distinguere tra persone ‘diverse’ (gli omosessuali) e ‘normali’ (gli eterosessuali). L’omosessualità come perversione o malattia è servita a definire l’eterosessualità come la forma naturale, normale di sessualità e affettività.
Quindi, non si è uguali nella morte così come non si è goduto di pari cittadinanza nella vita. Gli omosessuali, e in genere tutte le minoranze, non hanno la stessa dignità e la stessa tutela giuridica degli eterosessuali tanto che per i feriti del locale di Orlando, bisognosi di trasfusioni di sangue, non è possibile che lo stesso venga donato dalla comunità gay perché la Food and Drug Administration, la authority americana, stabilisce che se si hanno rapporti con persone dello stesso sesso la donazione di sangue non è ben accetta, a meno che non si sia praticata l’astinenza per almeno un anno(è ammessa invece la donazione da un eterosessuale che abbia avuto rapporti molteplici senza alcuna protezione!)
Per anni i gay sono stati una minoranza costretta a vivere nella solitudine e nel senso di colpa per il loro orientamento sessuale . Ora si esprimono e si identificano come tali con meno paure perché il movimento di liberazione dei gay ha trasformato quello che era un problema personale in un movimento sociale, politico e culturale. Ma ci sono ancora molti posti nel mondo in cui gli “omosessuali” subiscono condanne severissime e l’omosessualità è considerata un reato penale, spesso punito con la pena di morte.
Noi siamo donne, sappiamo bene cosa significa essere discriminate, emarginate, escluse da una piena cittadinanza. Conosciamo la paura che spinge a chiudersi in casa di notte piuttosto che a girare guardinghe o accompagnate. Viviamo sulla nostra pelle l’essere minoranza in molti luoghi decisionali e di potere, a cui abbiamo accesso dopo faticose gavette, circondate dallo sguardo maligno e invidioso di chi – uomo o donna – si domanda come siamo riuscite ad arrivare lì, oltre il soffitto di cristallo. Noi siamo donne, ma prima e soprattutto siamo esseri umani, e non lo vogliamo dimenticare mai. E’ questo il motivo per cui vorremmo vivere in un mondo in cui essere “minoranza”, essere “diverso”, per inclinazione sessuale o per credo religioso, per genere o per colore della pelle, fosse una ricchezza per la collettività non un prezzo individuale da pagare sulla propria debole pelle. E’ questo il motivo per cui lavoriamo nel sindacato,perché ogni uomo e ogni donna abbia gli stessi diritti e gli stessi doveri di un altro/a. E’ questo il motivo per cui oggi chiediamo che la morte di queste persone sia pianta con le stesse lacrime di tutte le altre.
Giugno 2016
Esecutivo Nazionale Donne Fisac Cgil