La misura era già colma, dopo aver appreso che la Banca Popolare di Vicenza non potrà quotarsi in Borsa, il vaso è traboccato.
Da anni i dipendenti del Gruppo Banca Popolare di Vicenza hanno gestito con professionalità e spirito di appartenenza il rapporto quotidiano con quella parte di clientela che, affrontando mille difficoltà ma grazie alle capacità dei colleghi, ha continuato a credere nell’Istituto a dispetto del linciaggio mediatico di cui, da mesi, questo Gruppo è vittima.
I colleghi e le colleghe di CariPrato ieri, ed oggi di Banca Popolare di Vicenza hanno, come al solito, retto il colpo, senza premi e prebende, mettendoci sempre la faccia a scapito della propria salute. Si sono rimboccati le maniche ed hanno lavorato più e meglio di prima per cercare di condurre la propria Azienda (e quindi il proprio posto di lavoro) in acque più sicure.
Possiamo dirlo con assoluto certezza: i lavoratori bancari del Gruppo BPVi hanno fatto certamente il proprio dovere. Ma si può dire lo stesso dei banchieri, dei manager strapagati che hanno gestito prima e che gestiscono adesso questo Gruppo?
La risposta è tristemente semplice: NO.
NON lo ha fatto il vecchio management che ha sempre deciso di NON ascoltare quanto il sindacato per anni ha sostenuto, con volantini, lettere, diffide ed esposti in questo Gruppo. Come risposta siamo stati osteggiati, etichettati come ostacolo al progresso, definiti un’organizzazione che “osava sputare nel piatto in cui mangiava” con un particolare accanimento nei confronti di queste organizzazioni sindacali che invece, a dire della vecchia Direzione aziendale, “avrebbero dovuto ringraziare la BPVi perché aveva salvato il posto di lavoro ai pratesi” oppure venivano etichettate come sigle che “operavano per distruggere la BPVI”. Se anziché accusare il sindacato quella dirigenza avesse avuto l’umiltà di ascoltare la voce dei colleghi, le segnalazioni alla Compliance interna, a Banca d’Italia e CONSOB oggi non ci troveremmo in questa situazione.
NON lo ha fatto l’attuale management che poco meno di un anno fa si è presentato tra squilli di fanfare dei mass media e della politica locale e nazionale come “salvatore della patria”, che ha generato in (taluni) clienti e nei colleghi una desiderata speranza di un futuro diverso fatto di trasparenza e correttezza. Un management che – nel frattempo a lavoro ancora incompiuto – ha riscosso una buona entrata milionaria avendo una sola decisiva e gravosa mission, convincere investitori di tutto il mondo a credere nel rilancio del Gruppo. Il risultato? Lo conoscono anche i sassi: non siamo stati ammessi alla quotazione in borsa ed il Fondo Atlante possiede adesso la quasi totalità (99.33%) del nostro presente e del nostro futuro.
NON lo farà la nuova proprietà, o almeno così pare leggendo le dichiarazioni dei suoi vertici che nella persona del Sig. Penati – presidente di Quaestio sgr (società di gestione del risparmio che gestisce il fondo Atlante) intende “prendere, vendere, spaccare” il nostro Gruppo con termini più consoni ad un’operazione di macelleria che di rilancio della vita e del benessere di 5800 dipendenti del Gruppo e dei migliaia di soci e clienti della Banca, che sono i veri “stakeholder” i veri portatori di interessi di un azienda di credito.
Noi ci auguriamo che queste siano solo dichiarazioni di facciata, che la gestione vera del fondo Atlante non abbia meramente natura speculativa ma di rilancio industriale della Banca, rilancio che deve essere oggetto di una confronto anche acceso ma positivo con le Organizzazioni Sindacali del Gruppo Banca Popolare di Vicenza.
Purtroppo così funziona l’Italia, dove le colpe dei manager – in ogni settore – da troppi anni ricadono solo ed esclusivamente sui clienti ed i dipendenti delle aziende coinvolte.
Come Sindacato abbiamo l’obbligo di denunciare che questo è profondamente sbagliato, che il sistema così non può funzionare e dobbiamo impegnarci affinché ciò cambi.
In altri paesi -in primis negli Stati Uniti- quando i manager si rendono responsabili di questi disastri, rispondono penalmente e duramente delle loro azioni in tempi brevissimi e con pene certe: PURTROPPO questo non accade in Italia.
Per primi abbiamo chiesto con forza che si procedesse con una azione di responsabilità nei confronti dei vertici della BPVI per dare un segnale chiaro di discontinuità con il passato. Il sindacato ha l’obbligo di ripristinare agli occhi di tutta l’opinione pubblica la verità: i bancari sono vittime di un sistema nel quale i banchieri si fanno ricchi senza etica e quando sbagliano (peggio ancora quando delinquono) non pagano.
Per discutere assieme, per fare sentire a tutti ed in particolare ai nuovi proprietari la voce dei lavoratori e delle lavoratrici che rappresentiamo, saranno organizzate nei prossimi giorni -su questo territorio- iniziative di confronto diretto con i colleghi del Gruppo Banca Popolare di Vicenza.
Prato, 4 maggio 2016
Le Segreterie
FIRST/CISL Territoriale FIRENZE-PRATO
FISAC/CGIL Provinciale PRATO – UNISIN Provinciale FIRENZE -PRATO
Photo by Thomas8047