Kathrine Switzer, sportiva e appassionata di corsa sin da giovanissima.
Nel 1967 corre la maratona di Boston, vietata alle donne che venivano ritenute inadatte a sport di resistenza. Decide di correrla comunque, e ci riesce omettendo il nome di battesimo e sostituendolo con le iniziali. Quella che segue è la reazione dei giudici di gara e di alcuni concorrenti:
Il tentativo di placcaggio ed esclusione dalla corsa non riesce. Il suo fidanzato (sulla destra nella foto), lanciatore di martello, resosi conto della situazione, placca a sua volta gli assalitori e, mentre Kathrine si ferma per accertarsi che nessuno si sia fatto male, le grida “run like hell” (“corri come un folle”).
Kathrine finisce la maratona in 4h20’ (tempo di tutto rispetto) ma la sua partecipazione alla corsa passa come non ufficiale. In seguito, però, usa la sua esperienza e il suo impegno concreto per conquistare l’accesso delle donne alla maratona, compresa quella olimpica (ottenuto nel 1972). Nel 1974 vince la maratona di New York.
“Nella vita ho avuto fortuna. I miei genitori ed Arnie mi hanno sempre detto che potevo fare qualsiasi cosa. Come donna non mi sono mai accontentata di giocare con le bambole o fare solo la cheerleader. Sì, mi piaceva giocare con le bambole od indossare bei vestiti, ma mi divertivo anche ad arrampicarmi sugli alberi e a fare sport. Dopo la mia esperienza a Boston, capii che vi erano milioni di donne al mondo che erano cresciute senza credere di poter superare i limiti a loro imposti. Volevo fare qualcosa per migliorare le loro vite. Ciò di cui abbiamo bisogno è il coraggio di credere in noi stesse ed andare avanti passo dopo passo.”
Un modello di coraggio, per donne e uomini, perché dalla consapevolezza e dalla libera espressione delle proprie risorse e passioni, passa non solo la realizzazione personale ma anche un più compiuto modello di sviluppo sociale ed economico.
E allora, BUON 9 MARZO A TUTTE E A TUTTI!
Roma, 9 marzo 2016
Coordinamento Donne Fisac Cgil
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