Credito cooperativo. Decreto in arrivo ? e i CCNL?

Credito cooperativo. Decreto in arrivo ?

E il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro ?

Prossimo incontro con Federcasse il 21 gennaio ma la Controparte resta ferma sulle sue posizioni. Ancora il 29 dicembre FEDERCASSE aveva ribadito la necessità di intervenire, per un periodo di almeno tre anni, con  :

  • sterilizzazione degli scatti di anzianità;
  • riduzione della base imponibile del calcolo del TFR;
  • riduzione dell’ex assegno premio di rendimento;
  • riduzione dell’orario di lavoro, finalizzato alla gestione degli esuberi di personale, senza nessun intervento di ristorno economico (anche se previsti da leggi e dal contratto ), per la parte non lavorata;
  • razionalizzazione (leggi riduzione o cancellazione) dell’indennità di rischio.

Motivazione addotta: 1) garantire adeguate risorse al Fondo contrattuale per l’occupazione FOCC (l’obiettivo è la riduzione del numero degli addetti); 2) contenimento del costo del lavoro. E ancora, Federcasse rivendica la necessità di:

  • rivedere la norma sui trasferimenti;
  • armonizzare le attuali previsioni dell’art. 78 del nostro CCNL alla normativa contrattuale ABI ( regole sui licenziamenti individuali

Motivazione addotta:

–          gli effetti della riforma;

–          le ineluttabili attuali necessità.

Federcasse richiede che il FOCC sia alimentato, a carico dei lavoratori, dai risparmi ottenuti con la sterilizzazione, per 3 anni, degli istituti contrattuali sopra indicati. Secondo Federcasse le risorse accumulate sarebbero utilizzate principalmente per il “ristoro” alle aziende del 50% degli oneri a loro carico per le prestazioni straordinarie del Fondo di Sostegno al Reddito  presso INPS (l’accompagnamento alla pensione) alle quali le Aziende del Movimento dovranno, a suo dire, necessariamente fare ricorso. Un ricorso indiscriminato agli esodi; nessuna pianificazione strategica riguardo agli effetti e alle fasi successive di attuazione dell’autoriforma del Credito cooperativo; oneri a carico dei lavoratori.

Inoltre, nessuna garanzia su piani d’impresa e progetti industriali efficaci e concretamente verificabili e nessuna assunzione di responsabilità. Per tentare di sbloccare il negoziato, le Organizzazioni sindacali il 28 e 29 dicembre hanno confermato a Federcasse una proposta di lavoro:

  • procedere in tempi brevi al rinnovo di tutti e due i CCNL di settore, in una la logica di un rinnovo di transizione, in attesa che il governo emani i provvedimenti legislativi necessari per l’(auto) riforma del credito cooperativo;
  • garantire il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni anche con modalità e tempi da definire in riferimento alla specificità ed autonomia del settore;
  • integrare e definire il regolamento del FOCC, con eventuali ulteriori prestazioni e modalità di finanziamento e costituire il relativo Ente Bilaterale di supporto operativo.

Ora i media danno in dirittura di arrivo il decreto di “riforma” del Credito cooperativo da parte del Consiglio dei Ministri entro il 22 gennaio p.v.-

Si conferma la notizia che il Movimento ha trovato una convergenza su una unica capogruppo del futuro Gruppo bancario cooperativo.

Lo dicono in una nota Federcasse e le due realtà industriali del settore, i gruppi bancari Icrrea e Cassa Centrale, per sottolineare la convergenza raggiunta.

Il modello indicato nel progetto di autoriforma manterrebbe giuridicamente i centri decisionali delle singole BCC  e prevederebbe l’adesione a una capogruppo mediante un contratto di coesione.

Il sistema delle Casse Raiffeisen dell’Alto Adige, mediante contratti di solidarietà e di servizio, avrebbe la possibilità di costituire un proprio gruppo provinciale che potrà fare sistema con il Gruppo Bancario Cooperativo.

Ora il settore confida, conclude la nota, “in un rapido provvedimento da parte del governo in linea con quanto scritto nella proposta di autoriforma”. A fine ottobre il governatore di Banca d’Italia aveva definito la riforma necessaria per evitare che le piccole dimensioni, i bassi livelli di copertura delle sofferenze e la scarsa redditività pongano “una parte non marginale del sistema” soggetta a valutazioni negative della vigilanza.

Il decreto-legge  del Governo recherebbe le “ norme di cornice “ per l’autoriforma delle Bcc. “ Norme cornice “ ma efficaci da subito, trattandosi di un decreto-legge.

E’ trascorso un anno dal primo annuncio del Presidente del Consiglio. Alle Banche di credito cooperativo è stato consentito di elaborare una proposta di riforma, da sottoporre alla vigilanza e al Governo. Il Movimento ha discusso “vivacemente” sul modello da proporre e ha presentato nell’estate del 2015 la proposta di autoriforma. La discussione ha riguardato in prima battuta almeno 2 aspetti: quante (e quali capogruppo) ; i contenuti del “ patto di coesione “ ( patto di dominio ). In sintesi, una capogruppo (possibilmente unica) in forma di Spa, cui aderiscono con un “patto di coesione” (un contratto) le varie Bcc, con autonomie crescenti a seconda del grado di salute dei conti.

Nessun concreto coinvolgimento del Sindacato sulla riforma, né da parte del Governo né da parte del Movimento, neppure sulle prospettive per i lavoratori e sugli assetti contrattuali della Categoria.

FEDERCASSE ha spiegato i “titoli” dell’autoriforma ma non ha ritenuto di confrontarsi e tantomeno, di valutare con il Sindacato con quali regole contrattuali e con quali modalità affrontare le conseguenze del suo stesso progetto di autoriforma. La Controparte subordina il rinnovo dei contratti al recepimento delle sue richieste ed esigenze; non coglie finora l’esigenza di ripensare l’impostazione e approcciare il negoziato con una attitudine più attenta alla necessità di condividere garanzie, regole e procedure per gestire le fasi di attuazione dell’auto – riforma. Ora il presidente della Commissione Bilancio della Camera dichiara: “le Bcc non possono essere riformate a tavolino”.  “Gli interventi sul settore bancario vanno legati a precisi modelli industriali”.

Un precedente: il decreto-legge n. 3 del 24 gennaio 2015 “Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti “, che rivoluzionava il sistema delle Banche Popolari.

Una costante: la sequela di procedure nazionali, locali e aziendali finalizzata alla riduzione del costo del lavoro e dei livelli occupazionali.

Una peculiarità: lo sblocco dei negoziati al 2° livello per l’erogazione del premio di risultato di competenza del 2014.

Pare di capire dalla stampa che Governo, Banca d’Italia ecc. lavorino su una riforma, che richiederà tappe per l’attuazione:

  • un livello minimo di fondi propri per ciascuna BCC: chi sta sotto deve aggregarsi.
  • una holding S.p.A. centrale; il terzo gruppo bancario italiano, il cui controllo spetterà alla Banca centrale europea.
  • le Bcc diventano azioniste della Holding: le BCC con patrimoni più robusti, meno crediti in
  • default e un governo societario adeguato godranno di maggiore autonomia; le altre
  • dovranno rapidamente adeguarsi agli indirizzi della Capogruppo.
  • le Bcc continuano a operare “in autonomia” ma, accettando un vincolo di garanzia
  • reciproca.
  • le Bcc che non intendessero aderire potranno trasformarsi in banche popolari.
  • Le BCC in tale caso dovranno versare una quota delle loro riserve alla nuova holding.

Il 17 dicembre il Presidente del Consiglio: “Le banche vanno accorpate e lo faremo a partire dalle banche di credito cooperativo”. “Vorrei che ci fosse un gruppo bancario delle Bcc sul modello del Crédit Agricole, che è la terza banca francese”. Interpretando il sentimento diffuso fra i cittadini e i lavoratori, egli afferma: «Ci sono troppi direttori generali e troppi consulenti: è arrivato il momento di dire che ci sono stati troppi che hanno giocato a fare i piccoli banchieri». Nessun cenno ai medi e grandi banchieri. Pare di comprendere che, per quanto riguarda le BCC, sia il preludio a norme che, nei fatti, comporteranno la concentrazione e la drastica riduzione del loro numero e della loro presenza sul territorio. Dubitiamo che tali norme, se non accompagnate da regole, controlli e interventi rigorosi e tempestivi sulle governance di Holding e aziendali, siano sufficienti, pure apprezzando gli eventuali minori oneri conseguenti alle attese drastiche riduzioni di banchieri e annessi. E d’altra parte, il complessivo processo di riassetto e concentrazione del sistema creditizio e finanziario italiano non ha finora favorito né la concorrenza né la trasparenza attesi.

Il problema cruciale delle BCC non è mai stato la dimensione in sé, bensì: carenza o inadeguatezza di sinergie; di rigorose e trasparenti regole di governance; la concorrenza impropria fra BCC; lo sconfinamento in attività non tipiche della BCC, che sono banche mutualistiche, in quanto società cooperative che erogano il credito principalmente ai soci; le gestioni.

E’ a questi limiti che bisogna dare soluzione.

La costituzione dell’Holding capogruppo e l’adozione al c.d. “patto di coesione” potrà sicuramente favorirne la patrimonializzazione; bisognerà evitare che ne accentri e ne sublimi i limiti, azzerando l’assoluta peculiarità del sistema. Un sistema che manterrà la ragione di essere se riuscirà a fare banca, anche nella mutata congiuntura, se recupererà i tratti distintivi: cooperazione e mutualità, radicamento nel territorio e nella sua economia, una forma di democrazia economica alternativa alla società per azioni ma necessaria.

Questi tratti distintivi richiedono relazioni industriali e contratti rinnovati con attenzione ai processi di trasformazione della banca e nel contempo alla condizione del lavoro.

Attendiamo consapevolezza in tal senso già dal 21 gennaio, per mettere mano nelle prossime settimane ad un negoziato fruttuoso e concludente, ormai in concomitanza del decreto di riforma, atteso entro il mese.

16 gennaio 2016

FISAC CGIL Coordinamento Nazionale Credito Cooperativo

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