Megale, salari: ridurre le diseguaglianze

Ventidue anni fa il governo Ciampi firmava con le parti sociali il protocollo noto come ‘il 23 luglio ’93’. A distanza di ventidue anni il bilancio di quell’accordo vede i contratti aver difeso il salario dall’inflazione ma senza che siano cresciuti. I motivi? Fisco troppo pesante sul lavoro, non è cresciuta la produttività mentre a crescere sono state le diseguaglianze. Per questo c’è bisogno, oggi come allora, di un nuovo patto, un patto tra gli onesti contro l’evasione e uno straordinario piano per l’occupazione dei giovani. La Fisac Cgil, la categoria dei lavoratori del credito del sindacato guidato da Susanna Camusso, ha presentato oggi a Milano il rapporto annuale sui salari, nella ricorrenza dei venti due anni dalla firma del protocollo del 23 luglio ’93.

Nel report della Fisac Cgil, frutto del lavoro dell’istituto di ricerca della categoria, l’Isrf Lab, si passa nello specifico in rassegna gli effetti che la ‘grande crisi’ dopo sette anni ha generato: dal 2008 al 2014 una perdita di Pil pari al -9,1% (contro una crescita mondiale del 20,5% e una flessione nell’Eurozona del -0,8%) che ha bruciato 160 miliardi di ricchezza, un crollo degli investimenti privati pari a -300 miliardi di euro, una perdita occupazionale pari, sempre nello stesso peridoti, di 1,5 milioni di occupati in meno.

Per quanto riguarda i salari, una costante flessione si è registrata a partire dagli anni settanta (con una perdita media di 2.400 euro l’anno). Nel dettaglio poi a partire dal 2000 per arrivare ai giorni nostri la perdita dei salari reali (per effetto del fiscal drag) è stata di -6.310 euro. Per arrivare ai giorni nostri, pesanti anche le diseguaglianze salariali, tra i 300 mila euro al mese guadagnati da un top manager (dato 2013, frutto di una media tra i primi cento più pagati dalle società italiane) e i 1.365 euro di un lavoratore dipendente (dato 2014). Ma positivi gli effetti degli 80 euro che ha determinato un andamento favorevole nelle retribuzioni nette, favorendo i redditi più bassi. Retribuzioni che, al netto di tasse e contributi, cresceranno del +3,7% quest’anno e del 4,7% per i dieci milioni di lavoratori sotto i 1.500 euro al mese. La crescita dei salari netti per la prima volta in venticinque anni è un segnale da cogliere anche e soprattutto attraverso un nuovo patto, che metta al cento i temi della crescita e dell’eguaglianza. La Fisac ha proposte concrete ma serve un governo che riconosca il ruolo delle parti sociali.

Rapporto_Salari_2015 – 23_- 07

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