La Romania, paese tra i più poveri dell’Unione europea, ha da tempo avviato drastiche politiche di austerità, abbassando gli stipendi e aumentando le imposte. Una austerità che colpisce i meno abbienti e travolge situazioni già precarie e disperate.
Nei mesi scorsi vi erano state forti proteste in varie città (a Bucarest, a Pitesti, a Brasov, Timisoara, Cluj, Deva, Sibiu, Iasi, Napoc) per i tagli ai salari e alle pensioni, per le privatizzazioni di servizi e la diminuzione delle protezioni sociali. Proteste simili a quelle di tanti altri Paesi europei travolti dalla crisi finanziaria e prigionieri dei prestiti richiesti al Fondo Monetario Internazionale.
Quella che si può’ fotografare oggi è una realtà dove il salario medio di un lavoratore si aggira sui 300 euro mensili, (i dipendenti pubblici hanno avuto le buste paga tagliate del 25 %), dove le già magre pensioni sono state tagliate del 15% e ridotte a 160 euro mensili (dopo 37 anni di contribuzione), dove la disoccupazione è alta (in particolare tra i giovani). Contemporaneamente c’è stato l’incremento dell’IVA dal 19% al 24%.
Continua, anche se con comprensibili rallentamenti dovuti alla crisi dell’Ovest, il fenomeno dell’emigrazione particolarmente verso Spagna e Italia. Secondo le stime (non ufficiali) la Spagna ospiterebbe almeno due milioni di cittadini romeni su tutto il territorio. Seconda, ma non molto distaccata, l’Italia che accoglie almeno 1-1,5 milioni di romeni.
Questo nonostante la Romania – entrata a far parte dell’Unione Europea il 1° gennaio 2007- sia ritenuto un Paese in crescita (nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha registrato un +1.8%). Da anni la Romania paga gli stipendi e le pensioni con i fondi prestati da FMI , Banca Mondiale e Unione europea.
Le elezioni politiche di dicembre
Alle elezioni per il rinnovo del parlamento di Bucarest, che conta 137 senatori e 332 deputati e che si sono svolte lo scorso 9 dicembre, la coalizione di centrosinistra (Usl) del premier uscente, il 40enne Victor Ponta, ha vinto le elezioni politiche con oltre il 59% dei voti, ovvero con la maggioranza assoluta. I concorrenti conservatori dell’Ard (in accordo con il Presidente della repubblica Traian Basescu) hanno ottenuto il 16,62% dei consensi.
Ponta, capo del partito socialdemocratico, in primavera era subentrato al governo Ungureanu e da allora vi è stata una continua contrapposizione con Traian Basescu (scampato al referendum sulla sua destituzione che è fallito non avendo raggiunto il quorum di affluenza minima del 50%).
I motivi del conflitto sono stati molteplici, a partire dall’accusa di abuso di potere rivolta a Basescu e al fatto che Victor Ponta ha cercato di ridurre il ruolo della Corte costituzionale, considerata sotto il diretto controllo di Basescu.
Con la vittoria del centro sinistra riprendono un po di fiato le prospettive di miglioramento della situazione economica e sociale: subito dopo il voto, il vincitore dichiarava alla stampa: “Si è aperta una gran battaglia tra austerità e programmi sociali: io non credo molto nell’austerità, ma questo non significa che la Romania può spendere di più e indebitarsi ulteriormente. È impossibile, siamo obbligati a mantenere il rigore dei conti, ma si può fare disciplinando meglio le spese pubbliche, un capitolo sul quale c’è ancora spazio”.
La situazione economica
Il nuovo governo avrà di fronte scenari difficili e dovrà rispondere alle richieste dei creditori internazionali (la troika composta dal Fondo Monetario Internazionale, la Banca europea e l’ Unione europea).
Come gli altri paesi dell’Est, anche l’economia romena dipende fortemente dai flussi finanziari esteri e dalle esportazioni nella vecchia Europa: la crisi dei mercati finanziari internazionali e la recessione nell’euro zona hanno determinato una forte stretta creditizia ed un significativo calo delle esportazioni. L’economia segna il passo e l’Istituto nazionale di statistica ha confermato che il paese è oggi in recessione anche se la Commissione europea ha previsto una crescita economica per il 2013 del 2%. Mugur Isarescu, governatore della Banca nazionale rumena, ha avvertito che una crescita economica ci sarà “solo se la Romania sbloccherà l’assorbimento dei fondi europei, unici finanziamenti realmente possibili. Per questo la stabilità politica del paese conterà sempre di più”.
La Romania è il secondo paese più povero dell’Unione (dopo la Bulgaria) con circa il 40% della popolazione che vive al limite della soglia di povertà. L’Unione europea considera povero chi vive con un guadagno al disotto del 60% del guadagno medio nazionale: l’Istituto nazionale di statistica romeno ha certificato che il guadagno medio nazionale dell’anno passato è stato di 884 lei pro-capite e quasi 9 milioni di romeni (su una popolazione di 22,5 milioni di abitanti) vivono con redditi sotto questa soglia.
La spesa sociale è vista come un “lusso” ,difficile da potersi concedere e di conseguenza il governo applica tagli nel welfare e nei progetti sociali.
All’origine c’è il diktat del Fondo Monetario Internazionale, con il quale nella primavera 2009 la Romania ha contratto un prestito di 20 miliardi di euro, un prestito che il FMI ha elargito con il contagocce in rate mensili da 900 milioni l’una, legando il pagamento delle rate all’adozione di misure in grado di ridurre significativamente il rapporto deficit/Pil. Stessa musica nel 2011 per un nuovo prestito di 5,4 miliardi di euro.
Il presidente Basescu ha difeso le misure di austerità ed i licenziamenti di decine di migliaia di dipendenti pubblici, l’aumento dell’età pensionabile, il taglio delle retribuzioni e delle pensioni, la diminuzione degli assegni familiari e dell’indennità di maternità. Aggiungiamo, per cronaca, che alcune aziende italiane investono in Romania nel campo delle energie alternative e in particolare nel fotovoltaico. Complessivamente (secondo i funzionari dell’ambasciata italiana che abbiamo incontrato a Bucarest) ci sono trentamila imprese piccole e medie che operano in Romania. Un altro dato che ci riguarda è quello relativo alla emigrazione della popolazione romena: in Italia sono il primo gruppo straniero con oltre un milione di presenze.
La corruzione
Altro aspetto rilevante è la corruzione dilagante. Il 5 dicembre ultimo scorso è stato presentato da Trasparency International il rapporto 2012 relativo alla corruzione nel mondo. Transparency International è un’organizzazione non governativa con sede a Berlino, no profit, leader nel mondo per la sua azioni di contrasto alla corruzione e di promozione dell’etica ed è presente in oltre 90 nazioni. L’indice di Transparency International che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e politico a livello globale posiziona la Romania al 66° posto su 174 nel mondo, con un punteggio di 66 su 100.
Rimane in fondo alla classifica europea della trasparenza, insieme alla Bulgaria, alla Grecia e all’Italia, con un voto ben lontano dalla sufficienza e soprattutto dai Paesi ritenuti più etici: Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda (tutti e tre con un voto di 90/100).
Corruzione, opacità, scarsi livelli di integrità, uniti a deboli sistemi di controllo e valutazione non comportano “solamente” una mancanza di moralità ed eticità nella governance del Paese, ma hanno un impatto negativo devastante sull’economica e la credibilità dell’intero sistema Paese: si stima che ogni punto in meno nel CPI pesi in maniera grave sugli investimenti esteri, che fuggono anche a causa dell’indeterminatezza e opacità delle regole. Inoltre la corruzione è in grado di far lievitare i prezzi delle grandi opere pubbliche fino al 40% in più del loro costo.
Mihaela Iordache, corrispondente dalla Romania per l’Osservatorio Balcani e Caucaso, in una sua nota da Bucarest scrive: “La Romania è oggi un paese dove centinaia di migliaia di persone aspettano in fila gli aiuti alimentari gratuiti che arrivano dall’Unione Europea”. Chissà se Victor Ponta queste file le ha viste.