Convegno sul TTIP Transatlantic Trade and Investment Partnership

Si è tenuto a Milano il 28 maggio un convegno organizzato dalla CGIL Regionale della Lombardia con la partecipazione di Susanna Camusso, Elena Lattuada, Segretario Generale della Cgil Lombardia, Antonio Panzeri Parlamentare Europeo e Maria Arena , parlamentare europea di nazionalità Belga, componente della Commissione per il commercio internazionale in seno al Parlamento europeo.

Tema del convegno il TTIP , accordo transatlantico Europa – Stati Uniti è un accordo commerciale di libero scambi in corso di negoziato dal 2013 tra l’Unione Europea a gli Stati Uniti d’America.
L’obiettivo è quello di integrare i due mercati, riducendo i dazi doganali e rimuovendo in una vasta gamma di settori le c.d barriere non tariffarie, ovvero le differenze in regolamenti tecnici, norme e procedure di omologazione, standard applicati ai prodotti, regole sanitarie. Ciò renderebbe possibile la libera circolazione delle merci, il flusso degli investimenti e l’accesso ai rispettivi mercati dei servizi e degli appalti pubblici.
In pratica, se l’accordo andasse in porto, si creerebbe la più grande area di libero scambio esistente al mondo, coinvolgendo oltre 800 milioni di persone che producono da sole oltre la metà del PIL mondiale.
Fin qui tutto sembra avere solo risvolti positivi,ma non è così.
Ci sono parecchie voci contrarie che si sono coalizzate in un movimento ( Stop TITIP) che manifesta in tutta Europa cercando di sensibilizzare i diversi governi sul tema.
Il dissenso proviene non solo da partiti politici ma soprattutto da ONG, organizzazione ecologiste e di difesa dei consumatori.
Anche all’interno della Commissione per il Commercio Internazionale del Parlamento Europeo alcuni rappresentanti della sinistra , ancora in minoranza, fanno resistenza al testo come proposto, denunciando una indiscutibile mancanza di trasparenza delle trattative, difficoltà di esaminare la documentazione a latere dei testi.
I fautori dell’accordo , sia in Europa che negli States vorrebbero giungere alla firma in meno di due anni.
La fretta è diretta conseguenza del carattere geo-strategico attribuito al TTIP rispetto allo strapotere e alla posizione di preminenza che ha assunto la Cina nel commercio mondiale:
Tra il 2000 e il 2008 il volume delle esportazioni cinesi si è quadruplicato e gli Stati Uniti hanno perso la leadership di potenza commerciale.
Erano il socio commerciale privilegiato di ben per 127 stati solo 10 anni fa: oggi la Cina più contare gli stessi numeri.
Per questa ragione Washington vuole blindare grandi zone di libero scambio, attraverso il TTIP.
Le trattative sono iniziate nel luglio 2013 ma ora sono ferme anche a causa di disaccordi all’interno del Partito Democratico statunitense
In ogni caso non si tratta di negoziati trasparenti: sono soprattutto le parti imprenditoriali ad incontrarsi e in questo medo gli interessi delle comunità restano relegati ad una posizione di secondo piano, se non ignorati per far prevalere il libero scambio senza limitazioni.
Ma vediamo come Maria Arena ha illustrato i più recenti passaggi della trattativa svoltisi all’interno della Commissione Commercio internazionale del Parlamento europeo , dove è oggi iniziato l’esame della risoluzione che l’emiciclo di Bruxelles tutto voterà il 9 giugno prossimo per esprimere il suo parere sul negoziato TTIP.
“Oggi abbiamo votato una risoluzione che a prima vista non è coraggiosa: tuttavia da parte di una strategia per portare la risoluzione alla plenaria del Parlamento, mentre, da oggi alla data della plenaria ( 3 settimane) possiamo darci da fare per far cambiare idea ad un certo numero di parlamentari.
Abbiamo accettato un compromesso su alcuni punti per poter entrare in plenaria , a giugno, e a quel punto fare la battaglia.
Pensiamo di poter convincere alcuni popolari , alcuni liberali e anche alcuni conservatori, per ottenere la maggioranza dei voti.
Abbiamo alcuni problemi , in particolare:
1)la non trasparenza della trattativa abbiamo detto: bisogna dire inoltre che l necessitò di questo trattato deriva tutta dal business , dalle grandi multinazionali, dalla lobby rappresentata da Business Europe, la Confindustria Europea.
2)Il meccanismo di arbitrato privato (ISDS) per cui le imprese possono citare gli Stati al di qua e al di là dell’Atlantico se una loro decisione non fosse a loro gradita
3)Il principio della cooperazione normativa per cui le imprese , a monte, elaborano le normative alla base della produzione industriale ( per esempio di sicurezza, di utilizzo di alcuni prodotti chimici)
Va da sé che queste norme no saranno mai decise nell’interesse delle persone ma solo avuto riguardo al lucro che potranno portare alle imprese. Tra scegliere la tutela della salute e il guadagno cosa sceglieranno le multinazionali.
4)Il quarto punto importante è di natura tecnica, all’apparenza: la liberazione totale dei servizi tranne che per quelli inseriti nell’elenco dei regolamentati; noi invece vogliamo non liberalizzare nulla tranne quello che è elencato con precisione.
Questi i problemi : oggi abbiamo votato una risoluzione di compromesso per poter arrivare tra tre settimane alla battaglia finale in plenaria.
Sull’arbitrato, lo rifiutiamo ma diamo fiducia ai tribunali nei diversi paesi.
Sulla collaborazione normativa, tutto il lavoro andrà fatto in plenaria.
Sugli elenchi dei servizi da liberalizzare o non liberalizzare, si è fatto un passo avanti in commissione, un elenco di servizi liberalizzati e uno di servizi che non si possono liberalizzare.
Sono moto preoccupata per questo accordo: oggi in Europa siamo in crisi e alcuni vendono gli accordi come se fossero delle possibilità di crescita e di benessere.
Non é affatto sicuro, invece, mentre è certo che, a lungo termine, il TTIP porterà perdita di posti di lavoro, contrazione del mercato interno europeo; il 90% nostre piccole e medie imprese non sono rivolte alla grande esportazione, ma solo al mercato europeo , e con il TTIP perderanno questo mercato”.

Successivamente a Maria Arena è intervento Antonio Panzeri, confermando la necessità di modificare l’impostazione del TTIP, nell’ottica di far ripartire l’ economia europea ma contemporaneamente avere cura del benessere dei cittadini.
Il TTIP, ha detto Panzeri, può essere uno strumento utile per affrontare la sfida della crisi. Potrebbe generare crescita e portare ad un calo dei prezzi dei beni in ragione della concorrenza,
Inoltre potrebbe aumentare l’ influenza europea nel mondo e dar modo alle piccole medie imprese di accedere al mercato statunitense,
Il tentativo, per esempio di uniformare i dazi , nei settori dove sono molto alti (alimentare e tessile 35%) molto alti, può essere di grande aiuto a paesi come il nostro.
Panzeri ha stigmatizzato come si discuta pochissimo di questa vicenda in Italia, mentre è sulle prime pagine dei giornali negli Stati Uniti, soprattutto da quando si è aperta una querelle tra i Democratici su alcuni punti in trattativa. Mentre si fanno sentire anche coloro che temono che le imprese europee, una volta siglato il TTIP, abbiano diritti non concessi alla imprese USA.
Panzeri ha terminato auspicando caldamente che , nelle tre settimane che mancano alla discussione nella plenaria parlamentare, la CES prema, a livello europeo e poi nei singoli paesi attraverso i sindacati affiliali, per l’apertura di un confronto tra le forze politiche presenti in Parlamento.

In chiusura Susanna Camusso

A differenza di altri sindacati europei noi non possiamo interloquire con il nostro governo,
Sul TTIP abbiamo nel tempo assistito ad una evoluzione del pensiero del Presidente del Consiglio, partito da posizioni di critica iniziale, per poi approdare ad un via libera all’accordo.
La posizione del sindacato europeo al riguardo ha visto la propria genesi all’interno del Sindacato Tedesco, per poi evolversi con il confronto anche con il sindacato presente negli USA.
Non a caso, rispetto a una difficoltà di relazioni formali con il Sindacato, la Cancelliera Merkel ha incontrato il sindacato internazionale, non solo quello tedesco , convenendo sopratutto sul meccanismo dell’arbitrato ( isds) e sul il potere degli stati e non delle imprese, nel decidere le regole.
La Cancelliera è assai meno affascinata dai temi di politica sociale.
Ci faremo rapidamente promotori perché la CES incontri le rappresentanze politiche: sul tema c’è una grande unità tra i sindacati in Europa.
Se non possiamo essere, per principio, contrari ad accordi di questo tipo, certamente non possiamo affidaci a occhi chiusi alle imprese che si danno proprie regole e non dialogano con altri ma solo al loro interno.

Il tema è come si regolano i mercati,
Il nostro tema non è non tanto e solo il TTIP ma cosa deve regolare un trattato?
Dobbiamo superare questo periodo, ormai troppo lungo, in cui la questione sociale e quella del lavoro sono considerate una ricadute marginale delle scelte imprenditoriali e politiche e non il punto di partenza.
Noi abbiamo chiarezza sul fatto che non ha senso la politica se un paese non può più dettare delle regole proprie e deve necessariamente piegarsi a regole esogene, senza discussione.
Su questo punto anche il governo tedesco si è mosso, mentre in Italia non c è discussione, siamo provinciali sui grandi temi e per superare questo dobbiamo recuperare conoscenza,
Per finire un tema per noi essenziale, gli effetti sul lavoro: noi che siamo ancora europeisti convinti denunciamo uno stop in Europa dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, addirittura un arretramento: a tal punto che, cosa mai vista, assistiamo all’intervento dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro.
Il tema della tutela dei diritti dei lavoratori non può essere travolto dalle regole internazionali che lo possano sovrastare.

E inoltre una domanda mi sorge che sembra banale ma non lo è: questo guardare del TTIP al nord del mondo, una politica con queste caratteristiche, può allargare la frattura tra il nord e del sud del mondo?
Noi potremmo essere il punto di cerniera per la posizione non solo geografica ma anche politica e culturale che abbiamo.
Il sud del mondo è esattamente al sud dei nostri confini. Se non riusciamo ad agganciare positivamente la relazione con il nord del mondo e lasciamo che il divario cresca, saremmo aggrediti su entrambi i fronti, con effetto dumping dal sud e mancanza di competizione con il nord”.

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