Da alcuni giorni la Guardia di Finanza di Milano, su mandato della Procura della Repubblica di Bergamo, sta sentendo alcuni colleghi in merito alle indagini relative all’organizzazione dell’Assemblea dei Soci del 20 aprile 2013 che portò all’elezione dell’attuale Consiglio di Sorveglianza del Gruppo UBI Banca.
In un nostro comunicato del 23 aprile 2013 riportavamo le forti critiche emerse dal dibattito al Gruppo Dirigente uscente e dicevamo che il voto dei soci presenti era andato in maggioranza alla lista “UBI Banca Popolare!”. Solo il voto “per delega” decretava il prevalere della lista guidata da Moltrasio. Confidavamo inoltre nel rispetto delle regole sulla raccolta delle deleghe.
Le indagini in corso già dall’anno scorso, invece, mettono in dubbio proprio il rispetto delle regole durante un’attività che avrebbe coinvolto persone (dipendenti e non) e ingenti risorse per canalizzare i consensi verso una delle liste presentate (ricordiamo, tra l’altro, il costo di alcune centinaia di migliaia di euro per i viaggi organizzati di gruppi di soci).
Attenderemo le conclusioni delle indagini rispettando il lavoro dei giudici. Però nel frattempo tutto l’attuale vertice è inquisito e questo pone diversi problemi a partire dall’attualità del ruolo delle “popolari” nel sistema bancario: pensiamo che la natura popolare di UBI si debba coniugare con valori, legami sociali e attenzione allo sviluppo dei territori di insediamento per fare del Gruppo un sano riferimento per la crescita delle comunità anziché (seguendo il filone di indagine) alimentare dirigenze che difenderebbero le proprie “poltrone” ad ogni costo, anche fuori dalla legge.
Il coinvolgimento nella raccolta non corretta delle deleghe di importanti associazioni di rappresentanza (CONFIAB e Compagnia delle Opere), se confermata, ci consegnerebbe l’immagine di un Gruppo inquinato e inquinante nei territori di riferimento.
Il tutto accade quando il Governo (con il plauso Banca d’Italia) per Decreto da convertire in Legge, obbliga realtà come la nostra alla trasformazione in SPA, cancellando origine e storia con un improvvido provvedimento d’urgenza. Di certo lo spettacolo offerto non aiuta chi sostiene la legittimità di poter continuare a essere “banca popolare”.
In questi momenti di difficoltà in cui i colleghi ci consegnano una forte preoccupazione e incertezza noi come FISAC CGIL ci assumiamo la responsabilità che ci compete nella difesa dei lavoratori del Gruppo, non tacendo di indagini che, indipendentemente da come finiranno, comunque provocano disagio.