1.946 milioni di perdita ma … siamo bravi, siamo forti, il 2015 sarà l’anno della svolta! Siamo bravi … chi? Nel bilancio 2014 sono aumentati i c/c, il numero dei clienti, le commissioni sono in linea con l’anno precedente e … sono diminuiti il numero dei dipendenti (-492) e il costo del personale (-1%). Allora, permetteteci, sono bravi per davvero:
quelli che lavorano sia in Rete che negli uffici di Direzione, ormai tutti uniti in un unico destino, in condizioni di carenza di organico, con mezzi obsoleti, senza linee guida chiare;
quelli che devono vendere prodotti che spesso non garantiscono neanche il capitale e neppure un flusso cedolare certo;
quelli che saranno esposti al pubblico ludibrio dal capo di turno alla prima riunione utile, che devono subire inaccettabili graduatorie sui risultati, che ogni giorno devono compilare report su report: appuntamenti, contatti, manifestazioni di interesse, vendite di questo o quel prodotto, ecc.,
quelli che subiscono pressioni, ma anche insulti e minacce da chiunque sia gerarchicamente sopra di loro.
Cos’è che è andato male? Gli enormi accantonamenti a causa del credito deteriorato!!!
E di chi è questa responsabilità? Non certo dei colleghi di cui sopra, ma di coloro che, con scelte scellerate hanno finanziato enormi operazioni, risultate poi fallimentari.
Cosa deve subire un Direttore di filiale o un Gestore se non raggiunge i risultati assegnati o commette errori? Pressioni e larvate minacce. E se la cosa si ripete, minacce sempre più pesanti, e poi trasferimenti, rimozioni e declassamenti.
Cosa succede invece ad una dirigenza che per ben quattro esercizi non raggiunge non solo i risultati promessi, ma nemmeno il pareggio? Nulla: scuse, scuse, scuse e ulteriori promesse.
C’è chi sostiene che tutto ciò sia colpa del sistema delle popolari: voto capitario, assemblee bulgare, autoreferenzialità del management, che infatti si è affrettato a dichiararsi fieramente contrario alla riforma varata dal governo. Non vogliamo entrare, al momento, in questa diatriba.
Da tempo sosteniamo che il nostro Gruppo, quotato in borsa, ha perso la propria anima popolare: non è più vicino a tutti i territori in cui è presente, non è vicino come anni fa alla clientela di riferimento (famiglie, PMI, artigiani, ecc.) e si muove solo scopiazzando gli altri.
L’economia reale è in affanno: è cambiato il modo di fare credito? No. I soldi vanno sempre di più a favore di grosse posizioni, per ristrutturare esposizioni deteriorate e per mettere a bilancio utili effimeri e finti.
E’ migliorato il servizio alla clientela? E’ migliorata la qualità e l’efficienza dei nostri sportelli?
Oggi la macchina non funziona, ma sembra interessare solo al sindacato ed ai colleghi, che lavorano sempre in emergenza e senza risorse adeguate, perché si cerca di risparmiare anche sulle cose più risibili.
Anche tutte le ristrutturazioni che si sono succedute in questi anni non hanno migliorato le cose, anzi, sono solo servite a tagliare il più possibile e a trovare sedie ed incarichi per tutto il management ante fusioni; per mettere toppe ad una dissennata politica di riduzione del personale che ci ha portato ad un saldo negativo, tra uscite ed assunzioni di circa -4.000 persone.
Questa dirigenza dimostra di essere attenta solo a se stessa e non al futuro del Banco. Noi forse sogniamo, ma vogliamo che un futuro ci sia per tutti e non solo per qualche privilegiato.
Per questo motivo ci impegneremo con ancor maggior convinzione per riportare al centro del confronto con l‘azienda le persone e la loro condizione, siano esse colleghe e colleghi, ma anche clienti, famiglie e piccoli imprenditori, evitando di farsi abbagliare dagli “specchietti per le allodole” messi ad arte sui tavoli di trattativa per distogliere l’attenzione dalle vere problematiche che dovremo risolvere in futuro.