Veneto Banca: Tfr monetizzabile in busta paga

I lavoratori dipendenti possono decidere di ricevere il trattamento di fine rapporto (Tfr) mensilmente in busta paga, anziché a fine carriera. La scelta riguarda solo il Tfr ancora da maturare nel periodo che va dal prossimo mese di marzo
fino a quello di giugno 2018. La scelta, se fatta, è irrevocabile. Perciò, chi deciderà in tal senso, non potrà poi avere ripensamenti: la monetizzazione non potrà più essere revocata fino al mese di giugno 2018.
Sulle quote di Tfr che finiranno in busta paga i lavoratori pagheranno le tasse in misura ordinaria.
Il Tfr è una prestazione cui ha diritto il lavoratore dipendente alla risoluzione del rapporto di lavoro, per qualunque motivo avvenga (dimissioni o licenziamento). La disciplina è contenuta nell’art. 2120 del codice civile, che ne fissa la
misura: per ogni anno di servizio, il Tfr è pari alla retribuzione dello stesso anno divisa 13,5. Sulla quota annua di Tfr i lavoratori pagano un contributo all’Inps dello 0,5% della retribuzione (quella su cui è calcolato il Tfr). Semplificando il
criteri odi calcolo, ne deriva che il Tfr è pari al 6,91% della retribuzione.
Il Tfr anno dopo anno (incluse rivalutazioni) è soggetto a rivalutazione annuale, con applicazione di un tasso pari al 1,5% (misura fissa) più il 75% dell’inflazione.
La normativa sul Tfr è stata riformata dal 1° gennaio 2007 (dlgs n.252/2005).
Il Tfr dal 1° gennaio 2007 è diventato uno «strumento a finalità previdenziale». Il Tfr, di principio , è conferito alla previdenza integrativa; i lavoratori, volendo, possono escludere questo automatismo e conservare il Tfr sotto forma di
retribuzione differita (cioè come una buonuscita). Tale principio è espresso dalla regola del «silenzio-assenso», la quale prevede che se il lavoratore nulla dice riguardo al suo Tfr, esso finisca automaticamente ad un Fondo Previdenza
Integrativa, nel nostro caso nel Fondo Arca, che attualmente detiene il maggior numero di aderenti in Veneto Banca.
Ai lavoratori non è concesso di ignorare la scelta sul Tfr, altrimenti si ritrovano iscritti alla previdenza integrativa con destinazione di tutto il Tfr al Fondo Pensione e senza possibilità di tornare indietro: la scelta è irrevocabile.
La regola del «silenzio-assenso» produce effetto sei mesi dopo l’assunzione.
Due le modalità a disposizione dei lavoratori per scegliere: modalità tacita e modalità esplicita.
La modalità tacita: se il lavoratore non manifesta per iscritto alcuna sua preferenza, il suo Tfr finisce nella previdenza integrativa.
La modalità esplicita: il lavoratore manifesta per iscritto una decisione sul destino del suo Tfr, utilizzando il modulo ministeriale «Tfr2». Attraverso questo modulo, in maniera esplicita, il lavoratore può esprimere di:
a) conservare il Tfr presso il datore di lavoro e incassarlo a fine rapporto (la decisione può essere cambiata successivamente);
b) destinare il Tfr alla previdenza complementare (la scelta è irrevocabile e non c’è possibilità di cambiarla successivamente).
La monetizzazione della legge Stabilità 2015 rappresenta, dunque, una terza opzione sul Tfr.
Praticamente, oltre a poterlo destinare a un Fondo pensione oppure a mantenerlo presso la propria azienda come buonuscita, i lavoratori possono decidere di riceverlo mensilmente in busta paga. La monetizzazione opera in via
sperimentale dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018. È previsto che un decreto dia attuazione alla nuova misura, fissando il termine e le condizioni per poter fare la scelta.
La monetizzazione del Tfr è penalizzante per i lavoratori.
Innanzi tutto, è inopportuno distrarre il Tfr dalla sua principale funzione, quella cioè di sostegno alla previdenza dei giovani attraverso i fondi pensione.
Inoltre, dalla monetizzazione del Tfr ci guadagneranno soltanto le casse dell’Erario, perché aumenteranno di molto i loro introiti, con l’applicazione della tassazione ordinaria invece di quella «separata», sensibilmente inferiore.
Occorre anche considerare la perdita per il lavoratore derivante dalla mancata rivalutazione del Tfr.
Chi decide di prendere subito i soldi, infatti, rinuncia a un investimento sicuro: il Tfr, ogni anno, è rivalutato al tasso del’1,5% fisso più il 75% dell’inflazione. Peraltro, la rivalutazione è esclusa dalla tassazione Irpef , essendo soggetta ad imposta sostitutiva con aliquota del 17% (prima della legge di Stabilità 2015 era al’11%, ma il governo ha pensato bene di aumentarla al 17%, disattendendo il principio secondo cui il Tfr va agevolato fiscalmente perché avente
funzione previdenziale).
Montebelluna, 3 febbraio 2015
La Segreteria del Coordinamento Fisac/Cgil Veneto Banca

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