Forum Globale OCSE sugli scambi commerciali

Si è tenuto a Parigi nei giorni scorsi il Forum Globale dell’OCSE sugli Scambi Commerciali, preceduto dalla riunione del Comitato OCSE sul Commercio; ad essi la CGIL ha partecipato insieme al TUAC e alla Confederazione Internazionale dei Sindacati, ITUC-CSI.
Positivo, ma soprattutto indicativo di una rinnovata iniziativa dell’OCSE sui temi della liberalizzazione commerciale, il fatto che, dopo molti anni, alla riunione di questo Comitato OCSE sia stato nuovamente invitato a partecipare il TUAC, che è il Comitato Sindacale con ruolo consultivo, così come il BIAC, organo di rappresentanza imprenditoriale. Va detto, peraltro, che la voce padronale nella discussione OCSE sulle politiche commerciali è veicolata in forme molteplici da partecipanti a vario titolo regolarmente coinvolti nei lavori del Comitato stesso.
La delegazione sindacale ha così avuto modo di introdurre nella discussione del Comitato, ma anche nel successivo dibattito al Foro Globale, temi nodali lasciati molto da parte, quando non trattati ambiguamente. Si è attirata in modo particolare l’attenzione sulla questione dell’impatto occupazionale della liberalizzazione commerciale, tanto in termini di creazione di posti di lavoro che in termini di accentuazione della precarietà dell’impiego, sollecitando un impegno concreto su questi aspetti tanto da parte dei paesi membri che del segretariato OCSE.
Fra i temi ricorrenti nella discussione va sottolineato il chiaro interesse per l’ipotesi di definizione di un accordo internazionale sui servizi (ISA), manifestato da quasi tutti i paesi presenti, pur se con diversi gradi di accentuazione; analogamente evidente nel dibattito il sostegno spesso entusiasta all’infinita gamma di accordi bi e pluri-laterali di liberalizzazione commerciale e una parallela presa di distanze dall’opzione multilaterale. Il completo stallo del negoziato OMC è stato più volte richiamato, mentre solo pochi partecipanti – per lo più da paesi emergenti esterni all’OCSE, particolarmente il rappresentante brasiliano, ma anche quello cinese – hanno fatto riferimenti esplicitamente critici all’assenza di una strategia e di una prospettiva di sviluppo tanto nei negoziati in corso, che nella discussione sulle politiche commerciali in seno all’OCSE.
E’ risultato evidente l’interesse, specialmente dei paesi europei e degli Stati Uniti, per i mercati dei servizi dei paesi emergenti, inclusi quelli finanziari. Quanto all’ipotesi di un accordo internazionale sui servizi, appare chiaro come paesi membri dell’OMC, per lo più dall’area OCSE, ma anche in via di sviluppo quali Colombia, Costarica, Peru e Pakistan, siano interessati all’apertura di negoziati che coprano servizi informatici, logistica, distribuzione e trasporti, costruzioni, servizi professionali e, certamente non ultimi, servizi finanziari. L’OCSE ha messo in atto una iniziativa di ricognizione delle restrizioni attualmente esistenti al commercio nei servizi, esplicitamente in vista di un possibile accordo internazionale, senza peraltro affrontare la controversa questione della compatibilità di un tale accordo con il trattato OMC e in particolare con il GATS, accordo sul commercio nei servizi. Voci critiche dai paesi emergenti danno per scontata la impossibilità legale di un accordo internazionale sui servizi alla luce degli accordi multilaterali in essere, leggendo perciò l’insistenza su una tale ipotesi come pura pressione su paesi membri dell’OMC perché aprano i loro mercati a fornitori stranieri.
Mentre la delegazione BIAC manifestava il sostegno degli imprenditori alla pluralità di accordi bilaterali e, in modo particolare, a quelli plurilaterali, segnalando a modello il TPP, negoziato per un accordo trans-Pacifico, che avrebbe il potenziale di segnare la fine dell’ipotesi multilaterale, il TUAC segnalava una sorta di schizofrenia dell’OCSE che ignora nella discussione sulle politiche commerciali i propri stessi strumenti fondamentali quali le Linee Guida per le Imprese Multinazionali.
La delegazione sindacale ha poi richiamato la necessità di valutazione di impatto, in particolare sulle PMI, nell’analisi della creazione di valore aggiunto.
La necessità di una valutazione di impatto tanto quantitativa che qualitativa sul lavoro, nei paesi meno industrializzati quanto in quelli OCSE, e di una valutazione meno trionfalistica delle prospettive di creazione di valore, è stata appoggiata oltre che dai maggiori paesi emergenti presenti, in particolare Argentina e Brasile, anche da alcuni paesi OCSE.
I contributi di fonte imprenditoriale nel dibattito al Forum Globale hanno ruotato in modo ricorrente intorno ad una critica agli interventi regolatori di qualsivoglia natura dei Governi nazionali in quanto “indebite interferenze di natura protezionista”.

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