La recente dichiarazione della Ministra della Pubblica Amministrazione Madia: “in questo momento di crisi le risorse per sbloccare i contratti a tutti non ci sono” significa ulteriore proroga, di almeno un anno, del blocco retributivo che si protrae dal 2010 (e per il nostro settore dal 2011); i Segretari Generali delle Confederazioni rispondono dichiarando tale decisione intollerabile, incomprensibile e sbagliata, e preannunciando la mobilitazione di tutti i lavoratori interessati (oltre 3 milioni) con l’obiettivo di chiudere “una lunga stagione che ha portato all’impoverimento delle retribuzioni e delle pensioni”.
Alle organizzazioni sindacali delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco ed ai rappresentanti dei diversi corpi militari italiani “Cocer” (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di finanza), che “qualora dovesse essere rinnovato il blocco del tetto delle retribuzioni” preannunciano una risposta forte, ed un mai osato sciopero generale entro fine del mese, risponde il Presidente del Consiglio dei Ministri Renzi, il quale dichiara “non accetto ricatti”..
Nel vocabolario “Treccani” alla voce ricatto si legge: estorsione di denaro, o di altri profitti illeciti, con minacce che costituiscono coazione morale. Quali estorsioni? Quali minacce? Che cosa c’è di ingiusto, indifendibile, esecrabile, sbagliato, moralmente eccepibile nella scelta dei lavoratori che rivendicano semplicemente un giusto adeguamento delle loro retribuzioni all’impegno ed alle professionalità che ogni giorno vengono loro richieste?
E’ pienamente giustificata la scelta di opporsi all’ingiustizia di una ennesima proroga del vergognoso blocco delle retribuzioni, sbagliata e sostanzialmente iniqua quella del Governo di riproporre tale misura. Se la situazione richiede sacrifici occorre innanzitutto ricercare e combattere le cause, le condizioni e le scelte di governo che hanno determinato tale situazione, riscrivendo le regole della finanza, difendendo ogni iniziativa produttiva e sostanzialmente il lavoro, agevolando l’economia reale invece della finanza creativa, riducendo i compensi a quei dirigenti che hanno prodotto guasti, e nei casi più gravi mandandoli a casa invece di promuoverli e /o liquidarli con centinaia di migliaia di euro.
Invece di bloccare le retribuzioni occorre ridistribuire equamente la ricchezza, impostare regole uguali per tutti e pretenderne seriamente il rispetto, a partire da quelle di carattere fiscale, e solamente a quel punto, eventualmente, decidere sacrifici purché uguali per tutti, ovvero proporzionali alle condizioni di ciascuno. Quali condizioni godono coloro che decidono che è giusto che altri facciano sacrifici e che dichiarano “che è ingiusto fare sciopero per un mancato aumento quando ci sono milioni di disoccupati?”. A distanza di una manciata di ore sentiamo dire, da parte dei rappresentanti del Governo, che occorre trovare 400 milioni per andare incontro alle richieste (forse ad alcune) avanzate dai rappresentanti delle forze dell’ordine, mentre per tutti gli altri lavoratori la scelta sembra indiscutibile.
In realtà, al momento siamo alle dichiarazioni, ancorché ufficiali, ma non ancora alle scelte formali. Per sapere con precisione che cosa verrà deciso rispetto ai contratti del settore pubblico bisognerà aspettare la legge di Stabilità. Sarà quella la sede nella quale verranno assunte le decisioni formali. Due sono le scadenze in materia: il Documento di economia e finanza, la cui nota di aggiornamento sarà presentata il primo ottobre e, quindici giorni dopo, la legge di Stabilità. Solo allora si saprà con certezza se il blocco verrà confermato e se riguarderà solo il rinnovo dei CCNL o tutta la dinamica contrattuale, come scatti di anzianità, automatismi e progressioni di carriera, e per quanto tempo lo si vorrà imporre. La Ministra sembra pensare ad un solo ulteriore anno, confidando in una prossima (?) ripresa economica.
Riteniamo inaccettabile una scelta che umilia i lavoratori, e vergognoso il tentativo di contrapporre strumentalmente l’interesse generale al giusto diritto all’applicazione delle norme contrattuali e ad un altrettanto giusto adeguamento delle condizioni economiche di lavoro. Invitiamo i rappresentanti del Governo a ripensare una scelta che non potrà che produrre una risposta forte dell’intero settore della riscossione dei tributi. Non un ricatto, non una singola piccata risposta, ma una giusta opposizione a scelte inique.
Le Segreterie Nazionali del Settore Riscossione Tributi
Roma, 9 settembre 2014
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