Assemblea annuale Federcasse

Si è tenuta questo pomeriggio a Roma, presso l’Auditorium della Tecnica, su iniziativa del Credito Cooperativo italiano, la presentazione del libro “Civiltà dei Borghi. Culla di cooperazione” (Edizioni Ecra), cui hanno partecipato il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ed il Presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, Giuliano Amato.
Il volume, che si apre con un saluto del Presidente della Repubblica Giorno Napolitano[1], attraverso le foto di Pepi Merisio ed un saggio del Presidente Amatointende valorizzare la storia, la cultura e l’attualità dei “borghi” italiani. Culla di cooperazione, come dice il titolo, ma soprattutto comunità di persone che hanno sempre trovato nella identità, nella tradizione, nella solidarietà, le armi vincenti per reggere le tante sfide della storia. Sfide che oggi si chiamano crisi economica, globalizzazione e molto altro. E verso le quali le Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali  si pongono, da un lato valorizzando le autonomie e le migliori tradizioni locali; dall’altro facendo “rete” e “sistema” per affrontare il futuro, consapevolmente.
Come ha sottolineato nel suo intervento introduttivo il Presidente di Federcasse (l’Associazione delle 400 BCC e Casse Rurali italiane) Alessandro Azzi, discutere oggi dei borghi e del localismo che rappresentano, non significa ragionare sulla obsoleta opposizione tra “antichità ed una modernità”, ma sulla necessità di individuare una nuova sintesi tra le migliori esperienze (di saperi, di cultura, di solidarietà) e le sfide del presente. Senza cadere nel tranello di considerare la “grande dimensione” un’ancora di salvezza alle deformazioni della crisi. “Va cambiato il paradigma – ha detto Azzi – ; per usare un termine scacchistico, la mossa del cavallo necessaria, quella che consente di guardare alle questioni in modo nuovo, suggerisce di valorizzare altri criteri, altre modalità, altri strumenti. E di valorizzare l’eccellenza delle reti, la connessione”. “E’ la rete che permette di superare il limite della piccola dimensione. E’ la rete che supera i limiti della geografia riconoscendo nel contempo le specificità dei territori. E’ la rete che ottimizza la gestione delle risorse e delle competenze, che possono essere individuate e valorizzate lì dove si trovano”.
“Dello spirito dei borghi – ha proseguito Azzi – va salvaguardata allora proprio la capacità di “fare cerchio”. Non tanto e non più scavando fossati che isolino dall’esterno, ma recuperando lo spirito di coesione e di comunità senza il quale è difficile portare avanti qualunque costruzione. E soprattutto quella del futuro di una nazione.  E’ questa la positiva eredità della civiltà dei borghi da non smarrire. C’è un bene comune da recuperare e da rendere di nuovo protagonista. Anche il credito è un “bene comune”. Rispetto al quale la formula cooperativa ben si presta a mediare tra le esigenze di un servizio di natura “pubblica”, nel senso appunto di comune, e le esigenze di efficienza proprie del servizio privato. La cooperazione assicura la gestione condivisa, l’obiettivo della ricerca di un vantaggio distribuito, l’ottica del lungo termine. Il tutto dentro le regole dell’impresa”.
                     
Sintesi dell’intervento del Presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, Giuliano Amato.
Dopo aver ripercorso la storia particolare dell’Italia “minore”, basata sin dal tardo medioevo sull’identità delle comunità locali, Amato ha voluto mettere in relazione la nascita delle prime forme di organizzazione solidale, e delle Casse Rurali, con bisogno di sicurezza che nasce di fronte alle difficoltà della vita povera e ad un futuro incerto: “È impossibile capire il radicamento diffuso del Credito Cooperativo e la missione che ancora lo caratterizza ad oltre cento anni dalla sua nascita – ha precisato Amato –  se non lo si inquadra proprio  nella lunga storia dell’Italia dei borghi, una storia che risale a tempi ancora più lontani, addirittura a mille e più anni fa”. Una storia di comunità capaci di trovare nella propria identità e cultura, ma anche attraverso la definizione di forme organizzative solidali,  la forza per affrontare il domani.
 “Non è certo casuale il successo del Credito Cooperativo”  ha proseguito. “Esso fa leva infatti sui tratti distintivi del borgo, così come si sono radicati nella storia. Fa leva sulla rete di fiducia e di solidarietà reciproca che si è venuta creando fra i suoi abitanti e quindi sui consolidati rapporti personali che fanno fede più di qualsivoglia documento. Mediante la riscoperta e l’uso di questo antico patrimonio, fornisce a ciascuno mezzi che nessuno avrebbe potuto ottenere o da solo o rivolgendosi ad un tradizionale istituto bancario, consentendo così ai fittavoli o agli stessi piccoli proprietari di uscire dalla loro statica povertà e di acquistare le sementi o i mezzi meccanici, per migliorare o aumentare la loro produzione”.
“In questo modo – ha proseguito Amato – non solo taglia l’erba sotto i piedi a strozzini e usurai, che già avevano rovinato la vita a diverse persone in stato di bisogno o desiderose di cambiare la propria condizione. Ma diventa, forse al di là delle stesse intenzioni originarie, una delle determinanti di uno dei più formidabili mutamenti intervenuti nella nostra storia, quello che, via piccola industria e turismo, trasforma dopo secoli la vita di molti nostri borghi, dando ad essa una qualità e un relativo benessere, che mai avevano avuto in passato”.
Fino ad arrivare all’oggi. Dove si assiste ad una seconda giovinezza dei borghi ed al recupero di intere piccole comunità. Non solo, come rileva il Censis, per motivi socio economici (vita meno cara, facilità di relazioni), ma anche perché la nostra Italia “minore” è ricca di arte, cultura, storia.  In termini non eguagliabili altrove.
“E’ insomma – prosegue Amato – un bel capitolo di vita nazionale quello che oggi si sta scrivendo nell’Italia dei borghi. La domanda che però siamo costretti a porci è se il perdurare della gravissima crisi economica in atto e le misure di austerità sempre più stringenti che si adottano per fronteggiarla manterranno nei borghi le risorse e le qualità che ne hanno consentito la reviviscenza in atto”. E’ questa la vera, nuova sfida di oggi.
Si rischia, in altre parole,  di disperdere ed annullare un patrimonio secolare, unico al mondo. Ma, nonostante tutto, per Amato, ci sono motivi di speranza. Razionali.
“E’ sbagliato cedere al fatalismo della storia – ha proseguito – e pensare davvero che siamo condannati a ritornare al punto di partenza. Ci sono cicli alti e cicli bassi, ma è ben possibile che parte di ciò che ha determinato un ciclo alto rimanga e concorra più tardi all’uscita da un successivo ciclo basso. È un fatto che in questi mesi buona parte dell’economia si è trovata a secco di risorse finanziarie, e quindi ferma nelle sue attività, perché si erano essiccati i canali bancari del suo finanziamento. Molto meno questo è accaduto nel Credito Cooperativo, che ha infatti addirittura allargato raccolta ed impieghi, perché con le antenne inserite nel suo circuito di soci-clienti non ha subito quella drammatica crisi di fiducia che ha raggelato il sistema delle banche commerciali ordinarie”.
In conclusione, per Amato, “se proprio vogliamo guardare lontano senza illusioni, la crisi in corso saremo in grado di superarla, ma ciò non ci porterà ai livelli di benessere del passato, perché nell’economia globale di oggi e ancor più di domani, il punto di equilibrio lo si raggiungerà probabilmente su livelli di vita a metà strada fra quelli conseguiti dalle società occidentali e quelli attuali delle società emergenti”.
“È tuttavia una pro­spettiva di sobrietà, non di indigenza e come tale è una prospettiva alla quale i nostri borghi sono preparati dalla loro storia. Si tratterà di recuperare parte almeno dei servizi comuni che la crisi e le conseguenti misure di austerità hanno falcidiato. Ma anche questo sarà possibile e di sicuro lo sarà rimediare ai disagi dovuti al loro allontanamento. In conclusione: l’Italia dei borghi ha davanti un nuovo secolo e un nuovo millennio. Ed è una for­tuna per tutti noi”.
        Sintesi dell’intervento del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.
 
Dopo aver ricordato l’origine storica dei borghi italiani e soprattutto le loro attualizzazioni in termini di piccole comunità in grado di sviluppare imprenditoria di qualità, il Governatore Visco è passato ad analizzare l’attualità del sistema delle Banche di Credito Cooperativo.
“Grazie al radicamento nel territorio e a un sistema di valutazione delle iniziative dei piccoli imprenditori fondato sulla conoscenza diretta, le banche locali godono di vantaggi informativi sulle condizioni della loro clientela, che possono favorire una più efficiente allocazione del credito”. A questo punto di forza, tuttavia – precisa il Governatore – possono associarsi alcuni svantaggi. “Il radicamento può trasformarsi in condizionamento e distorcere così la valutazione del merito di credito e degli eventuali interventi necessari per ripristinarlo.” Inoltre, “la delimitazione territoriale dell’operatività comporta una minore possibilità di diversificare i prestiti, dal punto di vista sia geografico sia settoriale”.
“Per lungo tempo le BCC hanno risentito meno di tali svantaggi, avendo svolto principalmente la funzione di raccolta del risparmio. Solo in una fase più recente si è realizzato un mutamento della loro operatività, attraverso la forte espansione dell’attività di finanziamento. Tale mutamento è coinciso con il processo di consolidamento del sistema, di espansione della rete di sportelli e di crescente insediamento in ambito urbano”.
“Le BCC hanno inizialmente risentito in misura relativamente contenuta dell’impatto della crisi finanziaria; in presenza di un arretramento delle banche più grandi, hanno continuato a fornire ampio sostegno a famiglie e imprese. Il dispiegarsi degli effetti della crisi sull’economia reale e le tensioni sul mercato del debito sovrano hanno condotto anche le BCC a rivedere le proprie politiche di finanziamento”.
“Sin dalle origini, anche nei momenti difficili, le BCC sono state in grado di contribuire alla tenuta economica e sociale del territorio, facendo leva sulle potenzialità del modello di banca mutualistica e locale. La situazione attuale spinge a consolidare in chiave evolutiva la tradizionale funzione di sostegno a famiglie, artigiani, piccole imprese. è un ruolo che molte BCC possono svolgere in modo complementare a quello delle banche più grandi operanti sul territorio, valorizzando le proprie specificità di intermediari profondamente integrati nel tessuto sociale e produttivo delle comunità di riferimento”.
“Un ruolo privilegiato, ad esempio, le BCC potranno svolgerlo proprio nell’accompagnare, a livello locale, le iniziative innescate da quelle politiche nazionali di manutenzione e di messa in sicurezza del territorio. Potranno in questo modo mettere a frutto la conoscenza del contesto locale e il proprio patrimonio di relazioni, contribuendo a preservare o recuperare la bellezza dei nostri centri minori e a valorizzare la nostra tradizione artigianale”.

 

 

documento

Was this article helpful?
YesNo

    Questo articolo ti è stato utile No

    Pulsante per tornare all'inizio
    error: Content is protected !!