Alla normativa Antiriciclaggio, e sempre in attesa di sciogliere il rebus sulla nuova legge per il reato di Auto-riciclaggio, serve una robusta revisione a sette anni dalla sua introduzione.
L’Unità di Informazione finanziaria è oramai sommersa da numerosissime segnalazioni (saranno oltre 70mila nel corrente anno, in grandissima parte provenienti da Banche e Poste), ed ha bisogno di intercettare, via intermediari e professionisti, le nuove frontiere del riciclaggio.
Che ormai si sta muovendo sempre più verso il cash in-cash out (ovverosia persone fisiche titolari di centinaia di prepagate, da utilizzare contemporaneamente ovunque), con l’utilizzo di Società opache, polizze “unit linked, Società di broker estere ma di proprietà italiana che svolgono operazioni in apparente non-utilità economica e infine Onlus con operatività all’estero (anche in Paesi in white list).
Di tutto questo (e della evoluzione della finanza sommersa, che ormai ha raggiunto un valore pari al 15% del Prodotto Interno Lordo del nostro Paese) si è parlato recentemente in un Convegno promosso in Banca d’Italia. E mentre l’Uif lancia un appello ai soggetti tenuti per legge alle segnalazioni (a cominciare dalle Professioni classiche, ancora molto timide), dal Convegno è emerso che “ a sette anni dal varo del Dlgs. 231, è tempo di pensare ad una tipizzazione delle condotte antiriciclaggio, ricordandosi che l’evoluzione regolamentare (provvedimento Bankitalia del 3 aprile 2013) e giurisprudenziale hanno già rivoluzionato il sistema. L’utilizzo del “dolo eventuale” nei confronti delle banche, o meglio dei direttori di agenzie, è un chiaro segnale che serve anche un cambio di cultura aziendale. Anche perché i flussi finanziari dei territori, incrociati con i dati Uif, dicono che non sempre i procedimenti penali aperti hanno avuto origine dall’Uif. La 231 è dunque da rivedere, fisando elementi tassativi e non più solo linee guida da tenere.
Di “cultura bancaria” si è parlato poi, evidenziando come il merito del credito e l’applicazione corretta della normativa Mifid basterebbero già come “elementi complementari naturali dell’antiriciclaggio, senza fare slalom tra etica e prassi”.
Segnali importanti arrivano dal mondo delle Fiduciarie, in quanto “per la profilazione del cliente ormai non ci si accontenta più dell’identikit statico dei protocolli, ma viene redatto settimanalmente un rating dinamico e con procedura rafforzata, rilevato da Banche Dati pubbliche, articoli di giornali e Rassegne stampa”.
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