Oltre 45 miliardi di euro. A tanto ammontano gli aumenti di capitale effettuati dai gruppi bancari italiani tra il 2008 e il giugno di quest’anno. Una cifra colossale. Certo, nel frattempo è accaduto di tutto: dalla crisi finanziaria internazionale innescata dal fallimento della Lehman Brothers, che provocò il crollo dei mercati, alla grande recessione, forse ancora più grave di quella del ’29, che ha espluso milioni di lavoratori dal ciclo produttivo, ha privato di prospettive milioni di giovani in cerca di prima occupazione e portato al collasso grandi, medie e piccole imprese dell’industria, dell’artiginato, dei servizi e del commercio. Prorio in seguito a questi eventi e per mettere in sicurezza il settore, le autorità di controllo hanno imposto nuovi e più stringenti criteri prudenziali che hanno costretto i gruppi del credito a rafforzare la struttura patrimoniale. Questo dato è però anche la conferma della condizione di sottocapitalizzazione in cui versava il sistema bancario nazionale già prima che fosse travolto dall’onda d’urto della crisi.
Con una iniezione di capitale di 14,5 miliardi tra il 2008 e la metà del 2014, l’UniCredit è il gruppo che ha maggiormente consolidato il proprio patrimonio, seguito a distanza da Intesa Sanpaolo con 5 miliardi. Parliamo dei due maggiori istituti di credito italiani. UniCredit ha scontato in questi anni da un lato l’acquisizione della tedesca HypoVereins, che le portò in dote uno stock considerevole di crediti deteriorati, e dall’altro quella di Capitalia, acquisita senza nemmeno una due diligence.
Nel medesimo periodo, il Banco Popolare ha dovuto deliberare operazioni sul capitale per un totale di quasi tre miliardi e mezzo. Come se non bastasse, il gruppo veronese ha dovuto salvare l’Italease dal fallimento dopo averla finanziata e ricapitalizzata per anni.
Aumenti per oltre 2 miliardi e per un 1,75 miliardi sono stati effettuati rispettivamente da Banca Carige e da Banca Popolare di Milano. Ed è stato aumentato di un miliardo anche il capitale di Ubi Banca.
L’altro istituto che detiene il record degli aumenti è il Monte dei Paschi, che tra il 2008 e oggi ha inghiottito, è il caso di dire, quasi 13 miliardi di nuovo capitale. Con un ammontare di crediti deteriorati pari a quasi quattro volte e mezzo il valore del patrimonio netto, l’stituto senese resta ancora oggi un gruppo “a prognosi riservata”.
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