Il Governo si inserisce nella discussione in atto sull’auto-riciclaggio, con tre emendamenti presentati dal ministero della Giustizia, emendamenti che potrebbero segnare una svolta nella lotta al denaro “sporco”.
I punti del Ministero sono molto evidenti, con interventi sostanziali sul testo che sta seguendo l’iter di approvazione in Commissione Giustizia del Senato. Il calendario della Commissione è stato così aggiornato per l’approssimarsi della discussione sulle nuove proposte governative, che è fissata per il 10 giugno.
Il primo emendamento è sulla nuovo versione, proposta dal Senato, del reato di “impiego di denaro, beni od utilità di provenienza illecita (attualmente il 648-ter), dove la provenienza illecita era stata sostituita, in maniera restrittiva, con la “provenienza da riciclaggio”. Tutto l’articolo passa ora sotto il primo emendamento del Ministero, che ritiene “eccessivamente ristretto l’ambito applicativo della norma”: in pratica verrebbero esclusi dalla punibilità tutti gli altri reati presupposto della norma, che nell’attuale versione non sono tipizzati (“denaro, beni od altre utilità provenienti da reato”). Sull’auto-riciclaggio (art.648-ter, testo del Senato) l’intervento del Ministero riporta la fattispecie entro i binari invocati dalla dottrina. Innanzitutto la norma emendata prevede che l’autore, sostituendo o trasferendo denaro (beni od altre utilità), debba perseguire “un ulteriore profitto” rispetto a quello conseguito con il reato presupposto. Questo, per il Ministero, è il vero punto debole della proposta legislativa perché “desta serie perplessità nella misura in cui non attribuisce la necessaria rilevanza all’ulteriore profitto che, attraverso l’attività di auto-riciclaggio, il soggetto vuole procurarsi a sé o ad altri”.
In sostanza l’emendamento sfila dalla norma incriminatrice il cosiddetto “auto-reimpiego”, cioè il godimento diretto del nero (per es. l’acquisto di una barca, orologi od altro, per sé od altri). Dal punto di vista giuridico, la mancata differenza tra auto-riciclaggio ed auto-reimpiego comporta la punibilità del cosiddetto Post Factum (imputare ad un ladro di biciclette il reato di utilizzo della stessa). L’auto-reimpiego, secondo i giuristi, non possiede “autonomo disvalore penale” e come tale non deve essere punito.
Ancora più incisivo l’intervento sulla cancellazione dell’ulteriore elemento di danno dall’auto-riciclaggio secondo il ,Senato, cioè la prova che determini un danno concreto “alla libera concorrenza, alla trasparenza e all’andamento dei mercati”. Per il Ministero di giustizia impossibile da provare e che renderebbe di fatto irraggiungibile un’imputazione con ragionevole tenuta processuale.
Nel testo emendato c’è poi un’ulteriore stretta sulle circostanze aggravanti. Nella versione senatoriale queste scatterebbero solo per gli esercenti attività professionale, bancaria o finanziaria, con un aumento di pena rimesso alla valutazione del giudice. Il ministero invece suggerisce di inserire “ogni altro ruolo con potere di rappresentanza dell’imprenditore”, mirando così a perseguire efficacemente le aziende che traggono vantaggio dal “nero”, alterando la libera concorrenza. Per ragioni di coordinamento, con i nuovi interventi emendativi l’art. 6 del Dlg in discussione al Senato (confisca in caso di condanna) verrebbe cancellato.
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