“Piano Industriale” è un termine in oggi in voga, forse per affermare che le classi dirigenti di questo Paese in crisi immaginano una ricostruzione piatta, senza alcuna capacità di volare, ignara di essere seduta su incredibili tunnel, scavati dalla tante generazioni precedenti, dove vivono e corrono da sempre “i neutrini della finanza”.
Ora che il nostro blog ha superato i 10.000 contatti, con punte anche di 550 click giornalieri, è arrivato finalmente il momento di aprire tutta l’energia di cui siamo capaci. I nostri avversari ora hanno un volto ed un programma, una volta venivano definiti da Fortebraccio “lor signori” ma oggi più di ieri, sembrano essere privi in egual misura di etica e memoria, posseggono solo una smisurata supponenza ed arroganza.
Per combattere in difesa dei nostri diritti non abbiamo altra scelta che ritrovare tutti i fili dei nuovi dialoghi che si stanno riaprendo nei luoghi di lavoro.
E’ ora di tessere nuove tele, di alzare nuove tende.
Apriamo pertanto una nuova rubrica: – 3 domande sotto la tenda.
Oggi Previtenda incontra Antonio Damiani, Segretario generale della Fisac Cgil del Gruppo Mps alla vigilia di uno dei momenti più duri e drammatici della storia di questa Azienda.
A noi di Previtenda hanno molto colpito nell’ultimo comunicato sindacale unitario alcuni termini come “arroganza infinita”, “segnali di disprezzo nei confronti dei lavoratori” che paiono uscire dalla usuale sintassi sindacale per andare a denunciare una piega personalistica che sembra assumere l’intera vicenda. Secondo te Antonio perché questa presunta discontinuità industriale viene declinata oggi con questo astio e questa supponenza contro i nostri lavoratori?
Come sai da alcuni mesi stiamo affrontando una vertenza sindacale con una controparte che ha fatto della delegittimazione del sindacato una delle sue priorità. Ora appare in tutta la sua evidenza come questo atteggiamento preparasse un micidiale attacco al salario e ai diritti dei lavoratori. Viene presentato un Piano d’Impresa che non contiene nessuna idea a livello di progetto industriale e che come unica linea guida ha quella del taglio dei costi del personale e dell’eliminazione di qualsiasi contrappeso normativo e negoziale. Ci troviamo di fronte ad una drammatizzazione nella quale l’azienda rinuncia a priori al confronto e ad ascoltare le ragioni e le idee dei lavoratori. E in questa situazione, nella quale si vorrebbero far pagare ai lavoratori costi altissimi, non si rinuncia neanche ad una serie di assunzioni di cosiddetti top manager ai quali si garantiscono retribuzioni di centinaia di migliaia di euro. Nel momento nel quale si decide di far pagare ai neoassunti un prezzo altissimo, eliminando le integrazioni economiche previste dal Cia, si confermano retribuzioni di vertice inaccettabilmente alte. A causa di ciò il rapporto fra lo stipendio di un impiegato neo assunto e quello dei top manager più elevati è di 1 a 100. Questo rapporto è socialmente ed eticamente non sostenibile. In questo momento l’Azienda si sta allineando alle peggiori pratiche del settore industriale. Il CdA ha persino deliberato la disdetta formale del Contratto Integrativo, anche se in un primo momento hanno cercato di farla passare per una opzione fra le altre. La disdetta integrale del Cia rende ancora più evidente l’intendimento di cancellare decenni di contrattazione. Si vorrebbero cancellare decine di norme, che riguardano tutti gli aspetti della vita lavorativa, la maggior parte delle quali non hanno un risvolto di costi, ma hanno l’intollerabile difetto di impedire una gestione totalmente discrezionale, da parte dell’Azienda, del rapporto di lavoro. E’ questa l’arroganza infinita, la prepotenza di chi pensa di approfittare di una situazione di difficoltà per umiliare il lavoro e, nello stesso tempo, per mascherare l’assoluta mancanza di idee. E’ in corso il tentativo di azzerare la nostra storia, la nostra professionalità, la nostra passione. Una sorta di Delenda Carthago.
Prima di ora noi non avevamo mai sentito parlare di “outsorcing socialmente sostenibile” e quindi ti chiedo come giudichi che da questo odioso processo di espulsione di migliaia di lavoratori del back-office possa nascere, (cito la 37 slide di presentazione del P.I.) “un rafforzamento welfare sulla direttrice persona famiglia” – sembra mancare solo il copyright Margaret Thatcher.
Si tratta del tentativo di minimizzare un provvedimento che al contrario è assolutamente insostenibile ed inaccettabile. L’Azienda fa della minimizzazione e della divisione, assolutamente esemplare da questo punto di vista la decisione di non pagare il Vap ai lavoratori della Capogruppo, la sua unica strategia. Il tentativo di ingenerare confusione e paura prendono il posto della ricerca della condivisione che, si sa, ha bisogno dell’autorevolezza per essere ispirata. L’ esternalizzazione, pratica che tra l’altro ha una storia antica nel settore e che è stata sempre utilizzata a prescindere dalle condizioni delle aziende, viene soltanto indicata, senza dare nessun tipo di dettaglio. È inaccettabile perché scarica su un limitato, anche se numeroso, gruppo di lavoratori le conseguenze più rilevanti. Noi questo non l’accetteremo mai, perché come abbiamo scritto in un comunicato, la Banca siamo noi, siamo tutti noi. E questo vale per tutte le aziende del Gruppo, che cercheremo fino in fondo di tutelare. Il fatto di non aver potuto esercitare il nostro ruolo nel caso della cessione di Biver Banca, nella quale la Banca Mps non ha dato neppure le informazioni contrattualmente previste, è per noi un motivo di sofferenza. E, consentimelo, di disonore, per l’Azienda.
La Banca Mps come sai è stata confermata nel Dow Jones Sustainability Index lo scorso 9 settembre 2011 come pensi possa recuperare sotto l’aspetto reputazionale distruggendo le relazioni sindacali dentro il Gruppo. Ti ricordo che i Fondi Pensione interni sempre nel corso del 2011 hanno ricevuto da Eurosif il riconoscimento di best practice in social responsability e tuttora hanno in portafoglio strumenti di debito e di capitale della Banca Mps per diverse decine di milioni.
Questo penso sia un tema molto delicato. Sicuramente in tema di responsabilità sociale e di sostenibilità non si possono fare sconti. La nostra speranza e di riuscire a riannodare il dialogo perché i lavoratori possano avere un ruolo attivo nel rilancio della Banca. A noi le idee non mancano ed i progetti pure. Ed hanno sempre a che vedere con la solidarietà e con l’eticità, valori da applicare sia nei rapporti con la clientela che in quelli con i dipendenti. Se la Banca dovesse continuare sulla strada che ha intrapreso, di taglio indiscriminato dei salari e dei diritti, della messa in discussione dei posti di lavoro, dell’erogazione di retribuzioni scandalosamente alte ai top manager, la sua reputazione non potrà che peggiorare e dovrà anche essere valutata da chi ha interesse che nel suo portafoglio non ci siano titoli di aziende che non rispettano i principi della sostenibilità sociale.