Le imprese scelgono il “verde” per uscire dalla crisi. E le Banche?

By: Erasmus T – All Rights Reserved

Rapporto GreenItaly 2012, realizzato dalla Fondazione Symbola, rileva che il 23,6% delle imprese punta sulla green economy per uscire dalla crisi. La peculiarità della green economy italiana, sta nella riconversione in chiave ecosostenibile dei comparti tradizionali dell’industria. Dalla chimica alla farmaceutica, dal legno-arredo all’high tech, dalla concia alla nautica, passando
per l’agroalimentare, l’industria cartaria, tessile, edilizia, minerali non metalliferi, per la meccanica, l’elettronica e i servizi.
Il Rapporto evidenzia riflessi positivi sulla creazione di nuova occupazione: circa il 30% delle assunzioni non stagionali programmate complessivamente dalle imprese del settore privato per il 2012 è per figure professionali legate alla sostenibilità.
La green Italy, attraversa il Paese da Nord a Sud, tanto che le prime dieci posizioni della classifica regionale per diffusione delle imprese che investono in tecnologie green sono occupate da quattro regioni settentrionali e sei del Centro-Sud. Le imprese della green Italy, inoltre, sono quelle che hanno la maggiore propensione all’innovazione: il 37,9% delle imprese che investono in eco-sostenibilità hanno introdotto innovazioni di prodotto o di servizio nel 2011, contro il 18,3% delle imprese che non investono green. 

È possibile chiedere alle Banche di finanziare in modo principale le attività e le imprese sostenibili, disincentivando invece quei progetti che hanno un elevato impatto ambientale o sociale? Questa concreta proposta è stata presentata all’interno degli Stati Generali della Green Economy che si sono svolti a Rimini. L’obbiettivo è chiaro: riformare in chiave sostenibile il settore del credito e della finanza in Italia, in modo da svolgere un ruolo di sostegno all’economia. Il Direttore dell’Istituto di Management della Scuola Superiore di Sant’Anna (e coordinatore del gruppo di lavoro presso gli Stati Generali) ci conduce in un ragionamento che non fa un generico appello alla sensibilità o coscienza ambientale delle Banche, ma che si basa sul buon senso e che perciò risulta molto efficace. Il senso del suo ragionamento è sostanzialmente questo: i settori legati alla Green Economy sono relativamente disgiunti dalla crisi economica. Per questo essi sono in grado di offrire alle Banche, agli Investitori e a tutto il mondo della Finanza la possibilità di operare investimenti decisamente più interessanti rispetto ai tradizionali comparti dell’Economia tradizionale, e sono coinvolti in prospettive di crescita e di innovazione.

Per questo la Green Economy deve essere vista non come un vincolo alla crescita, ma al contrario uno stimolo alla stessa.
Da queste considerazioni prendono spunto le 20 proposte politiche e di azione che possono essere utilizzate per aumentare le prospettive di sostegno finanziario alla Green Economy italiana.

Alcune sono di carattere generale e prevedono il miglioramento della consapevolezza degli Investitori, del mondo politico e dei cittadini riguardo l’importanza della Green Economy e della tutela delle risorse naturali. Secondo il progetto in essere, le Pmi italiane sono quelle con il miglior grado di competitività sul mercato, grazie all’innovazione e alla sostenibilità. Con meccanismi di finanziamento appositi può esservi una forte spinta di sostegno. Per esempio si potrebbe rendere obbligatoria la
pubblicazione di indicatori chiave di impatto ambientale come parte integrante dei Bilanci Aziendali, questo avrebbe come scopo la possibilità di utilizzare le informazioni da parte dei mercati finanziari per la valutazione degli investimenti e anche per la concessione del credito. Ulteriori proposte sono il miglioramento nell’utilizzo dei fondi europei, l’introduzione di finanziamenti dedicati al rinnovamento del patrimonio immobiliare e l’estensione dei project bond alle attività green.
Oggi, nel nostro Paese, la Finanza Sostenibile è legata sia all’adesione ad iniziative internazionali sia ad una pluralità di progetti locali che coinvolgono singoli operatori o reti di Enti od Istituti. Nel primo caso troviamo i Principle For Responsible Investment (che a fronte di una adesione di più di mille istituzioni finanziarie europee, ha trovato l’interesse di solo otto italiane) con una gestione di 30mila miliardi di dollari e i Principle For Sustainable Insurance, rivolti alle Assicurazioni. I firmatari si impegnano ad investire in imprese ed asset sostenibili e di integrare i fattori sociali, ambientali e di governance nella gestione dei processi d’investimento e nella valutazione dei rischi. 

In Italia, secondo i dati dell’Osservatorio dell’Abi, negli ultimi cinque anni gli Istituti di Credito hanno destinato più di venti miliardi in finanziamenti verso le rinnovabili. Abbiamo poi progetti particolari come il bando della Fondazione Cariplo, che ha coinvolto 650 piccoli Comuni della Lombardia con iniziative di sostenibilità ambientali ed energetiche. La Cariplo ha finanziato con otto milioni di euro diagnosi energetiche su 3.700 edifici. Complessivamente la Finanza Sostenibile gestisce 447,6 miliardi, che posiziona l’Italia al sesto posto nella classifica europea.

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