La responsabilità dei dipendenti nel ccnl credito ed assicurativo – capitolo 2

2 – LA RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE

Pubblichiamo la terza parte del documento curato da Alberto Massai.
Passando ora al tema della responsabilità patrimoniale del dipendente nei confronti del datore di lavoro, appare un quadro normativo ancora più lacunoso, nonostante si tratti di argomento che riveste indubbia importanza in un settore lavorativo come quello del credito.

Al riguardo, i CCNL delle assicurazioni (sia ANIA che agenzie) non prevedono alcunché ed infatti allo stato attuale è tuttora rispettata l’entente cordiale in base alla quale le società di assicurazione – almeno in linea di massima non esercitano azioni patrimoniali nei confronti dei dipendenti.

Il CCNL del credito, contiene invece un’unica norma, che è rappresentata dall’art. 35 e fissa due principi assai generici. Il primo si riassume nell’obbligo per il personale di cassa di denunciare le eccedenze e le deficienze di cassa riscontrate nella giornata contabile; il secondo si riassume invece nell’obbligo in capo agli stessi di rimborsare le deficienze di cassa nel termine stabilito dal datore di lavoro, che sentiti gli interessati valuterà i singoli casi anche tenendo conto degli importi degli ammanchi. Appare di tutta evidenza la portata limitata di tale norma contrattuale: limitandosi ad una mera applicazione letterale, essa stabilisce una responsabilità patrimoniale applicabile ai soli ammanchi privi di giustificazione contabile emersi in sede di quadratura, causati ad esempio da furti, da errori nella conta delle banconote, dall’incasso di banconote false. Oltre a queste, occorre prendere in considerazione anche quelle operazioni di cassa che hanno un’apparente giustificazione contabile – che in un secondo tempo si rivela insussistente e comportano un danno per la banca accertabile non nella giornata contabile ma solo successivamente. Il caso più comune è quello del pagamento di un assegno a persona diversa dall’effettivo beneficiario; oppure un versamento su un conto corrente diverso da quello indicato, con successivo indebito prelievo da parte del correntista che si è visto accreditare erroneamente la somma. Sono fatti non qualificabili come una deficienza di cassa nei termini ristretti sopra definiti, ma che possono certamente arrecare un danno patrimoniale per la banca.

Infine, ancora in materia di responsabilità patrimoniale in capo ai cassieri, bisogna menzionare i casi di responsabilità derivante da negligente e imprudente custodia del valori, in violazione alle svariate normative interne, che conducono a sparizioni più o meno misteriose di contanti per causa di furti ad opera di sconosciuti. In questi casi, è ricorrente una richiesta di rimborso da parte del datore di lavoro, rimborso totale o parziale in base alla valutazione discrezionale di cui si è detto. Si tratta di una richiesta di rimborso che trova ragione nella generica responsabilità patrimoniale del dipendente, responsabilità a sua volta giustificata dalla cosiddetta “indennità di rischio”, corrisposta al personale addetto al servizio di cassa ai sensi dell’art. 44 CCNL del credito. Si può osservare come esista una discrepanza fra gli obblighi assai circoscritti di cui all’art. 35 CCNL del credito ed i casi molto più ampi in cui si ravvisa una responsabilità patrimoniale in capo ai cassieri, ma in effetti l’art. 44 CCNL riconduce genericamente l’indennità di rischio allo svolgimento delle mansioni di cassa, senza richiami al solo art. 35. Casi ulteriormente diversi di responsabilità patrimoniale del dipendente sono quelli derivanti dai danni derivanti alla banca da comportamenti negligenti ascrivibili ai dipendenti nelle più diverse attività bancarie, diverse da quella di cassa. I casi più evidenti sono le perdite arrecate alla banca da errori in operatività in titoli oppure per effetto dell’erogazione di crediti poi rivelatisi inesigibili. E’ da osservare come tali casi possano comportare un danno unicamente per la Banca oppure un danno in capo al cliente che

si rivale sulla banca, com’è di tutta evidenza nel caso di clienti danneggiati da errori in contratti di borsa. Ovviamente si tratta di casi che nulla hanno a che vedere con l’operatività di cassa ed ascrivibili a dipendenti ai quali non viene erogata una specifica indennità di rischio. In tali situazioni l’eventuale richiesta di risarcimento da parte del datore di lavoro avviene in base all’applicazione del principio generale della responsabilità del debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, principio previsto dall’art. 1218 codice civile

. Per quanto ovvio, tale articolo del codice civile è una norma di carattere generale, sempre applicabili a prescindere dalle mansioni svolte dal dipendente e dalla circostanza che il dipendente stesso fruisca o meno dell’indennità di cassa. Peraltro, il Sindacato ha spesso eccepito l’illegittimità di richieste di risarcimento di tale genere, in quanto riferite a danni che derivano alle Banche dal rischio d’impresa; ciò è di particolare evidenza quanto meno nei casi in cui l’errore operativo sia accompagnato da lacune aziendali in materia di verifiche e controlli interni, di inadeguata normativa, di carente formazione dei dipendenti stessi

. Sarebbe auspicabile, in sede di rinnovo del CCNL una complessiva revisione ed integrazione delle norma in tema di responsabilità patrimoniale dei dipendenti, fissando norma chiare per i casi di danni causati per le operazioni in titoli e di erogazione del credito. E’ da evidenziare come la responsabilità disciplinare e la responsabilità patrimoniale non si escludano a vicenda, ma possano sommarsi: così, nei confronti di un dipendente, a fronte di irregolarità operative che hanno comportato un danno per la Banca, può essere irrogata una sanzione disciplinare e può essere altresì richiesta la rifusione del danno. A fronte di tale situazione, presso i dipendenti di banca hanno larga diffusione specifiche polizze assicurative. Usualmente vi sono 2 distinte polizze. La prima tipologia, più semplice, copre i rischi di cassa, rischi che coincidono con quelli previsti dal citato art. 35 del vigente CCNL del credito. La seconda tipologia di polizza, più complessa, copra la responsabilità patrimoniale in senso lato. Tale seconda tipologia può avere diverse varianti, può riguardare i rischi di cassa che non si palesano come un ammanco riscontrabile a fine giornata, può essere estesa anche ai rischi derivanti da operazioni in titoli e da operazioni di fido, può coprire anche le eventuali spese legali pur prevedendo usualmente varie limitazioni. Ovviamente tali polizze escludono qualunque rimborso per i casi di dolo dell’assicurato e così pure non rimborsano multe ed ammende, ma questo è un principio assolutamente generale del diritto assicurativo. Per una corretta valutazione di una polizza, oltre agli aspetti più ovvi del costo, del massimale assicurato, delle franchigie, occorre tenere conto altresì delle modalità di rimborso – ad esempio se l’assicurazione interviene dopo che la Banca ha esperito senza esito il tentativo di recupero delle somme oppure se interviene solo dopo una sentenza che accerti la responsabilità per colpa del dipendente. A questo punto è necessario aprire una parentesi in ordine alla nota situazione verificatasi nel collocamento di titoli di stato emessi dall’Argentina o di azioni ed obbligazioni emesse da Cirio, Parmalat e da altre primarie imprese rivelatesi insolventi. Dopo lo stato d’insolvenza dell’Argentina – dichiarato nel 2001 – e della Parmalat – dichiarato nel 2003 un gran numero di clienti delle banche ha sostenuto infatti di essere stata danneggiata da irregolarità operative e ancor più da consulenze “viziate” riconducibili a dolo o colpa dei dipendenti delle Banche. Soprassediamo da qualunque considerazione circa le responsabilità ascrivibili in primo luogo agli esponenti di vertice di grandi società finite in fallimento, circa la responsabilità delle società di rating, delle società di revisione contabile ed anche di certa stampa specialistica: sono questioni di tutto rilievo per inquadrare il significato di tali scandali affaristici, questioni sicuramente prevalenti rispetto alle responsabilità delle Banche, ma che ci porterebbero troppo lontano dall’argomento della presente trattazione. In ordine ai fatti del 2001 e 2003, limitandoci strettamente all’operatività bancaria e ai casi più evidenti, non c’è dubbio che fosse ravvisabile una responsabilità dei dipendenti in presenza di oggettive irregolarità operative – di per sé di facile prova come nel caso esemplare di ordini di borsa eseguiti in assenza di firma del cliente. Al riguardo, in caso di contestazioni disciplinari, la diffusione di prassi operative “disinvolte” e non allineate alle disposizioni di servizio della Banca non ha rappresentato un’esimente; neppure in caso di precedenti azioni d’incentivo – più o meno pressanti alla vendita di titoli da parte aziendale. Ciò ha fatto comunque emergere i rischi e le distorsioni connesse ai sistemi incentivanti largamente adottati negli ultimi anni dalle banche, tesi a spingere i dipendenti a realizzare in qualunque modo i massimi volumi d’affari. Caso del tutto diverso e molto più sfumato era quello di una possibile responsabilità nella valutazione della congruenza fra i rischi insiti nei titoli venduti ed il profilo del risparmiatore: in assenza di specifiche direttive aziendali vigenti al tempo dei fatti, in generale non si sono colti elementi di responsabilità del dipendente, in un contesto peraltro intrecciato ai diversi concetti di risparmio piuttosto che d’investimento, il primo ormai desueto, il secondo quanto mai a la mode fra il pubblico. Le successive e ripetute crisi di borsa susseguitesi dagli ultimi mesi del 2008 e tuttora in essere non pare abbiano comportato un’ondata di azioni legali contro le banche ed i dipendenti di queste paragonabili – per numero a quelle originate dei precedenti affaires Argentina e Parmalat. Si sono riscontrate un certo numero di azioni legali concentrate per lo più in relazione alle obbligazioni Lemhan. Probabilmente, in presenza di una situazione di forte e ripetuto calo di più o meno tutti i titoli azionari, in Italia ed all’estero, è difficile impostare un’azione legale contro le banche per una qualche responsabilità di sorta.

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