Siamo venuti a conoscenza di varie difficoltà riscontrate, soprattutto da lavoratrici madri, rispetto all’accoglimento delle domande di part time.
Ci è stato infatti segnalato il mancato accoglimento di circa 40 domande di part time presentate nella Direzione Territoriale di Lucca del Banco Popolare. All’interno di queste richieste risultano non accolte tutte le domande, circa 15, relative all’art.4 punto 5 dell’accordo in oggetto, corrispondente alla casistica dei neogenitori con figlio unico di età non superiore ai 3 anni.
A Verona, così come in altri territori, dove non risulterebbero respinte domande di part time, la situazione è stata “risolta” con rientri pomeridiani (fino a 3); scelta che, ovviamente, poco si coordina con le esigenze di chi fa richiesta di svolgere attività lavorativa a tempo parziale per esigenze di cura.
Tale imposizione viene poi mascherata da “richiesta volontaria” della lavoratrice, condizione indispensabile per la concessione del rinnovo.
Ferma restando l’esigenza di una compiuta verifica dell’applicazione dell’accordo, abbiamo ribadito ancora una volta all’azienda la rilevanza sociale delle attività di cura, sia nei confronti di bambini che di anziani, attività svolta quasi esclusivamente da donne, spesso lavoratrici.
Fino ad oggi queste situazioni, personali e familiari, avevano sempre trovato nel gruppo un’adeguata tutela dall’applicazione dell’accordo e da interventi circostanziati della gestione del personale.
Ora invece emerge una maggiore difficoltà a ricercare soluzioni pur nel contesto di recenti accordi per la gestione delle ricadute a seguito di rilevanti riduzioni occupazionali che hanno determinato l’uscita di centinaia di colleghi e l’astensione obbligatoria di almeno 3 giornate lavorative per tutti i dipendenti del Gruppo. Questa inattesa e incomprensibile contraddizione non può essere ignorata e necessita di una precisa presa di posizione del sindacato.
Il part time è una soluzione, non un problema. Quando si parla di riduzione dei costi, di esuberi, di riorganizzazione, non è più giustificabile questo atteggiamento aziendale nei confronti di un istituto che armonizza esigenze aziendali e personali.
O le soluzioni devono essere sempre obbligate e obbligatorie?
Ci è stato infatti segnalato il mancato accoglimento di circa 40 domande di part time presentate nella Direzione Territoriale di Lucca del Banco Popolare. All’interno di queste richieste risultano non accolte tutte le domande, circa 15, relative all’art.4 punto 5 dell’accordo in oggetto, corrispondente alla casistica dei neogenitori con figlio unico di età non superiore ai 3 anni.
A Verona, così come in altri territori, dove non risulterebbero respinte domande di part time, la situazione è stata “risolta” con rientri pomeridiani (fino a 3); scelta che, ovviamente, poco si coordina con le esigenze di chi fa richiesta di svolgere attività lavorativa a tempo parziale per esigenze di cura.
Tale imposizione viene poi mascherata da “richiesta volontaria” della lavoratrice, condizione indispensabile per la concessione del rinnovo.
Ferma restando l’esigenza di una compiuta verifica dell’applicazione dell’accordo, abbiamo ribadito ancora una volta all’azienda la rilevanza sociale delle attività di cura, sia nei confronti di bambini che di anziani, attività svolta quasi esclusivamente da donne, spesso lavoratrici.
Fino ad oggi queste situazioni, personali e familiari, avevano sempre trovato nel gruppo un’adeguata tutela dall’applicazione dell’accordo e da interventi circostanziati della gestione del personale.
Ora invece emerge una maggiore difficoltà a ricercare soluzioni pur nel contesto di recenti accordi per la gestione delle ricadute a seguito di rilevanti riduzioni occupazionali che hanno determinato l’uscita di centinaia di colleghi e l’astensione obbligatoria di almeno 3 giornate lavorative per tutti i dipendenti del Gruppo. Questa inattesa e incomprensibile contraddizione non può essere ignorata e necessita di una precisa presa di posizione del sindacato.
Il part time è una soluzione, non un problema. Quando si parla di riduzione dei costi, di esuberi, di riorganizzazione, non è più giustificabile questo atteggiamento aziendale nei confronti di un istituto che armonizza esigenze aziendali e personali.
O le soluzioni devono essere sempre obbligate e obbligatorie?
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