Rispondiamo oggi ad alcune domande che ci sono pervenute direttamente da alcuni lavoratori, e le cui risposte riassumiamo in questo articolo.
L‘introduzione di incentivi al rientro dei capitali dall’estero è legata alla problematica delle conseguenze penali per gli eventuali reati commessi, specialmente quelli fiscali. Sarebbe quasi automatico, infatti, lo sforamento delle soglie di imposta evasa che fanno scattare la sanzione della reclusione, in base a quanto previsto dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 74/2000 per i reati di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione dei redditi e dell’Iva.
Il problema della disciplina penale di questi reati, dunque, è quello che più preoccupa il legislatore, e non senza ragione.
L’amministrazione finanziaria potrebbe infatti, a fronte del rientro dei capitali (soprattutto per somme cospicue, svolgere verifiche per accertare il comportamento tributario del contribuente nelle annualità non ancora prescritte (e, comunque, soggette al raddoppio dei termini nel caso di contestazione di reati).
L’ipotesi di amnistia per gli eventuali reati commessi è difficilmente praticabile nel contesto attuale ed è impervia anche perché per introdurla, in base alla Legge Costituzionale 1/1992, serve una legge deliberata a maggioranza dei due terzi di ciascuna Camera, evento difficile da raggiungere. In ogni caso, per i reati in materia di Iva (imposta europea) c’è il divieto proveniente dalla giurisprudenza comunitaria.
Con lo scudo fiscale del 2009 è stata prevista l’applicazione della normativa pregressa del 2002 sul “condono tributario” e quindi, salvo alcune esclusioni, la non applicazioni delle sanzioni penali per i reati commessi. Questo effetto estintivo, però era subordinato all’effettivo pagamento dell’imposta straordinaria.
Il problema si pone, quindi, nel caso in cui il legislatore non intenda adottare una normativa simile a quello dello scudo fiscale, ma scegliere una strada diversa, svincolata dal pagamento delle imposte.
Bisogna comunque ricordare un precedente in materia di “condono edilizio” introdotto con la Legge 47/85, che consisteva nella “sanatoria delle opere abusive” con il pagamento di una somma “a titolo di oblazione”, che portava all’estinzione dei reati urbanistici commessi. Dopo un acceso dibattito politico e giuridico, incentrato sul divieto di introdurre una “amnistia mascherata” , per superare la procedura dell’art. 79 della Costituzione, la Consulta, con la sentenza 369/88, aveva ritenuto legittimo l’istituto, sostenendo che non si trattasse , nella specie, di un’amnistia, ma di una sorta di “oblazione speciale”, non contrastante con la Costituzione. Per la Corte Costituzionale infatti, il legislatore, quando vuole produrre un determinato effetto estintivo del reato, subordinandolo a date condizioni, può liberamente farlo senza dover passare per il tramite dell’istituto dell’amnistia, non esistendo alcuna “riserva costituzionale di amnistia” in materia di cause estintive del reato. C’è, dunque, una strada percorribile per invogliare i contribuenti a far rientrare i capitali illecitamente esportati.
Peraltro, oltre ai reati fiscali potenzialmente emergenti, si deve anche considerare la problematica del riciclaggio. Su questa materia, l’attuale articolo 648-ter del Codici penale prevede il reato di “impiego di denari, beni o utilità di provenienza illecita”. Questo presuppone che l’autore del reato non sia concorso nel reato-base; è il caso, ad esempio, dell’amministratore delegato di una società che impiega, nella stessa società, attività economiche o finanziarie derivanti da un reato tributario attribuibile ad un’altra persona, come il presidente della società che aveva sottoscritto la dichiarazione infedele. In ogni caso il legislatore intenderebbe introdurre ora anche il reato di auto-riciclaggio secondo il piano delle proposte elaborate dalla Commissione.