Il 29 novembre 2012 non abbiamo firmato l’accordo sulle tensioni occupazionali perché ritenevamo che rispondesse esclusivamente agli interessi aziendali. La situazione attuale conferma il nostro giudizio e riteniamo possa aprire un’utile riflessione tra le altre Organizzazioni sindacali che per “senso di responsabilità” hanno condiviso l’intesa.
L’applicazione dell’accordo ha trasformato i lavoratori del gruppo in un bancomat a cui l’azienda ricorre per sistemare i problemi di cattiva gestione. Quanto ci costerà Pescanova? Coincidenza vuole che il credito concesso alla società spagnola a rischio insolvenza sia all’incirca pari a quanto garantito dall’intesa di novembre in termini di risparmio sul costo del personale (120 – 130 mln di euro).
L’accordo autunnale ha prodotto un raccolto abbondante di frutti avvelenati: organici ridotti all’osso, straordinari non riconosciuti, pressioni commerciali insostenibili, recuperi banca ore a rischio. E ora? Nelle prossime settimane si discuterà il premio aziendale. In aprile i vertici di UBI avevano proposto (e l’assemblea dei soci a sua volta deliberato) un dividendo 2013 equivalente a quello pagato nel 2012.
Semplice considerazione: si sono trovati i soldi per pagare gli azionisti e sostenere le spese per la partecipazione dei soci all’assemblea UBI? Si faccia altrettanto per i dipendenti che nel frattempo, da inizio anno ad oggi, sono scesi di altre 700 unità e rischiano di “scoppiare” travolti da carichi di lavoro e pressioni commerciali in continuo aumento. Per queste ragioni chiederemo che a tutti le lavoratrici e a tutti i lavoratori UBI venga riconosciuto un premio che sia di importo almeno equivalente a quanto erogato nel 2012.
Pensiamo che sia una richiesta non solo logica ma anche condivisibile e sostenibile da parte delle altre Organizzazioni sindacali. C’è un bisogno impellente di recuperare equità nella suddivisione dei sacrifici e nella distribuzione dei riconoscimenti economici per il lavoro fatto da colleghe e colleghi.