I prodotti derivati si chiamano in questo modo perché il loro valore deriva dall'andamento del valore di una attività ovvero dal verificarsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente.
L'attività, ovvero l'evento, che possono essere di qualsiasi natura o genere, costituiscono il "sottostante" del prodotto derivato.
I derivati sono nati soprattutto per ridurre il rischio finanziario degli investimenti effettuati .
Esempio: Nel 2015 una famiglia stipula un mutuo a tasso variabile della durata di 20 anni e, per paura che dovrà pagare una rata più alta in futuro, stipula anche un derivato (cosiddetta “opzione”) che “copre” la famiglia da aumenti futuri dei tassi oltre, per esempio, il 5%.
Nel caso che i tassi, durante la durata del mutuo, vadano ad esempio al 7%, la famiglia dovra’ comunque pagare non più del 5%.
Nel tempo, con le liberalizzazioni normative avvenute negli anni ’90 del secolo scorso, i derivati sono stati utilizzati in modo crescente per motivi speculativi, cioè si assumono esposizioni al rischio al fine esclusivo di conseguire un profitto.
Esempio: un investitore acquista un’opzione di acquisto di un bene (ad esempio frumento, grano o anche gas) ad un determinato prezzo a scadenza senza sborsare un euro. Se prima di quella scadenza il prezzo del bene è salito oltre quanto pattuito l’investitore potrà rivendere quell’opzione lucrando sulla differenza (e senza aver mai versato nulla)
Ciò è avvenuto ad esempio nel principale mercato di riferimento del gas naturale di Amsterdam (TTF).
Approfittando delle tensioni internazionali (vedi guerra Ucraina), l’ondata di speculazioni, avvenuta con utilizzo di grandi somme di denaro da pochi grandi player finanziari, ha contribuito a spingere in alto il prezzo del gas e a far salire le bollette dei cittadini.
Tutto questo è moralmente accettabile?
È normale che chi non produce il bene possa speculare sul mercato per far salire il prezzo di quel bene così da guadagnare somme astronomiche a tutto svantaggio dei cittadini?