Ci approntiamo a festeggiare il 25 aprile ricordando un passaggio fondamentale nella storia del nostro paese, quando il Comitato di Liberazione Nazionale dichiarò a Milano e in tutto il Nord Italia lo sciopero generale. La popolazione insorse e i partigiani occuparono le città; l’Italia riconquistò definitivamente la libertà, la democrazia e il proprio onore e il nazi-fascismo venne definitivamente sconfitto aprendo le speranze di un mondo senza guerre, senza genocidi, senza razzismi.
Non possiamo dimenticare che il fascismo è stato portato in Europa dagli italiani e che il regime, dopo aver soppresso le libertà democratiche usando la violenza, ha promosso sanguinose guerre coloniali connotate da tante stragi perpetrate in Africa, ha promulgato le ignobili leggi razziali e ha infine scatenato il secondo conflitto mondiale a fianco di Hitler trascinando l’Italia nel baratro.
Così si uscì dalla tragedia della guerra
Non possiamo dimenticare che alla fine del 1942 dopo che Stalingrado aveva resistito all’assedio tedesco e dopo che Rommel era sconfitto in Africa l’Italia comprese che la guerra era persa e si interrogò su come uscire da quella tragedia. Si interrogò l’esercito, la Chiesa, la Corona, l’imprenditoria, gli intellettuali, una parte delle stesso fascismo. Purtroppo si interrogarono in tanti ma non si mosse nessuno.
Si mobilitarono solo i lavoratori con i grandi scioperi del marzo 1943 e con quelli ancor più imponenti della primavera del 1944 che impressionarono la grande stampa internazionale che ne scrisse titolando a caratteri cubitali. I lavoratori diedero con quelle azioni un colpo formidabile al fascismo disvelandone le debolezze. I lavoratori seppero esercitare una funzione nazionale fondamentale. Nessun altro ceto sociale ha saputo svolgere una funzione così importante.
La nascita della Costituzione
Ciò ha portato il nostro paese alla elezione, al voto delle donne, della Assemblea Costituente eletta dal popolo, alla promulga della Costituzione che affonda le proprie radici nella Resistenza al fascismo dove sta scritto al suo primo punto che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Una Costituzione che va applicata integralmente. Che va difesa dai tanti attacchi che subisce e che va fatta invece vivere nella sua pienezza.
Quando nel 1945 è terminato il conflitto in Europa i resistenti di tutti i paesi dichiararono solennemente: “mai più guerre, mai più persecuzioni razziali”. Purtroppo la storia è andata come sappiamo. Guerre e persecuzioni sono apparse in dimensioni impressionanti e il mondo stenta ad individuare un equilibrio condiviso mentre riemergono violenze e razzismi.
Dopo il trentennio dei gloriosi anni dello sviluppo economico post-bellico e della estensione dello Stato sociale in queste ultime stagioni è andato in crisi anche il modello di sviluppo della globalizzazione senza regole che ha fatto seguito alla caduta del muro di Berlino e che ha svalorizzato e precarizzato il lavoro mentre si sono create diseguaglianze che non hanno eguali nella storia dell’umanità.
La crisi della democrazia
E’ in corso nel mondo un violento terremoto politico, economico e sociale con l’intrecciarsi della crisi economica con quella pandemica, con quella ambientale. E con una crisi della democrazia che spinge milioni di persone ad estraniarsi da un percorso partecipativo con il dilagare dell’astensionismo che lascia spazio a movimenti populismi caratterizzati da tratti preoccupanti con forti caratteri eversivi che si manifestano in Europa come nelle Americhe. Il tutto sotto la cappa terribile di una guerra scatenata da Putin nel cuore dell’Europa con l’invasione della Ucraina.
Una guerra sanguinosa che bisogna assolutamente fermare. Occorre giungere rapidamente al cessate il fuoco, all’avvio dell’azione diplomatica che sappia innescare le trattative per ricercare un accordo condiviso, una pace giusta. Non è possibile lasciare l’iniziativa diplomatica solo alla Turchia o alla Cina, occorre un’azione determinata dell’Europa. Purtroppo l’Unione Europea e i suoi Governi appaiono incredibilmente inerti e sanno solamente emanare messaggi esasperatamente bellicisti. E’ la palese rinuncia ad avere un proprio autonomo ruolo, un comportamento che la storia non potrà che giudicare severamente.
Bisogna fermare la guerra, le bombe, i morti, le tragedie. Le guerrenon hanno mai risolto alcunchè ma hanno sempre fatto pagar prezzi indicibili alle persone, ai popoli e oltre a lacrime, sangue e a devastazioni hanno solo portato alla sconfitta di tutti. Chiediamo atti di responsabilità e di saggezza.
Lo stato è antifascista, non solo il 25 aprile
In Italia la destra è andata al governo del paese e non si sta comportando bene. Si dimentica in particolare che le istituzioni debbono operare perché lo Stato manifesti pienamente la propria natura antifascista in ogni sua articolazione mentre decisioni e comportamenti di alcuni rappresentanti delle istituzioni si manifestano ripetutamente come sbagliate, divisive e del tutto inadeguate rispetto al ruolo esercitato.
Si impone per tutti una netta condanna del fascismo riaffermando nel 25 aprile il giorno che unisce tutti gli Italiani nel significato più profondo della Liberazione. Ci sono crimini che moralmente non cadono mai in prescrizione e vi sono valori imperituri fondanti la nostra civiltà: gli uni e gli altri non potranno essere mai confusi, anche se sono trascorsi da allora molti anni.
Abbiamo bisogno più che mai di idealità alte, di riferimenti e di valori forti come li seppero testimoniare quelle persone che seppero animare la Resistenza. Abbiamo bisogno di rinnovare le loro speranze. Anche i loro sogni. Abbiamo bisogno di giovani, di donne e di uomini capaci di indignarsi di fronte alle ingiustizie, alla carenza di democrazia, di libertà, di pace come seppero fare coloro che seppero tra il 1943 e il 1945 scegliere di stare dalla parte giusta.
Facciamo del 25 aprile il giorno della speranza ripartendo dalla memoria di coloro che si sono battuti pagando prezzi pesanti per ridare la libertà a chi c’era, a chi non c’era e per garantirla anche a chi si batteva contro. Uomini e donne ai quali la democrazia italiana deve moltissimo.
Carlo Ghezzi è vice Presidente vicario nazionale Anpi