Sicurezza sul lavoro e inclusione di genere

Resi noti i dati sulle denunce infortuni e malattie professionali

In occasione della Giornata internazionale della donna sono stati resi noti i dati sulle denunce degli infortuni e delle malattie professionali con differenze di genere, che in dettaglio andremo ad analizzare.

 

l’analisi di anmil (associazione fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro)

In premessa è utile ricordare che per disabilità si intende qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a una menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. La disabilità rappresenta l’oggettivazione della menomazione e come tale riflette disturbi a livello della persona.

Le caratteristiche dell’ambiente in cui la persona con disabilità opera e agisce hanno una stretta correlazione con il grado di inclusione sociale e lavorativa ed esercitano un impatto sulla sua vita, che ne condiziona il grado di autonomia che può raggiungere.

L’ambiente fisico, i prodotti e le tecnologie sono in grado di “ridimensionare la disabilità” e favorire l’autonomia nello svolgere le attività: un ambiente inclusivo e accessibile costituisce un fattore indispensabile per il diritto al lavoro delle persone disabili.

L’ANMIL ha teso richiamare l’attenzione su quanto sia ancora necessario fare per migliorare la sicurezza sul lavoro delle donne e, all’indomani di un infortunio cui consegue una disabilità permanente, favorire il loro reinserimento lavorativo così come quello delle vedove dei caduti sul lavoro.

Nella considerazione che sia i numeri degli infortuni sul lavoro “al femminile” che continuano ad attestarsi su livelli elevati sia l’inserimento lavorativo delle donne, ci parlano di un mercato in cui sono proprio le donne con disabilità a subire una doppia discriminazione e ad essere ancor più escluse dal mercato del lavoro rispetto agli uomini con disabilità, l’Associazione ha cercato di dare una spinta a risvegliare l’impegno collettivo per il superamento dei principali fattori di discriminazione di genere riproponendosi come un concreto promotore della cultura della prevenzione.

I dati Istat sull’incidenza della disabilità in Italia sono inferiori a quelli stimati dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui il 15% della popolazione mondiale – pari a circa un miliardo di persone – sarebbe coinvolto da una forma di disabilità. Nel nostro paese sono 3 milioni e 100 mila persone, pari al 5,2% della popolazione, a soffrire di limitazioni considerevoli, per problemi di salute di vario genere, nello svolgimento delle abituali attività quotidiane.

Guardando sempre i dati elaborati dall’ISTAT, emerge che il 15,1% delle donne disabili in età lavorativa è in cerca di occupazione: sono circa 50.000 donne, per lo più di giovane età, che vorrebbero contribuire all’economia nazionale partecipando attivamente al mercato del lavoro, ma che vengono praticamente respinte. E poi ci sono donne che hanno perso il proprio compagno di vita a causa di un infortunio sul lavoro o una malattia professionale e hanno dovuto fare i conti con una tutela affidata ad una normativa del 1965.

La popolazione con disabilità in età lavorativa è stimata intorno alle 700.000 unità e solo il 31,3% risulta occupata.

Tale percentuale scende al 26,7% tra le donne (circa 100.000 unità) ed è pari al 36,3% tra gli uomini (circa 120.000).

Il gap di genere relativamente tasso di occupazione nella popolazione generale è al  pari a 18,1 punti percentuali ma, se guardiamo alle donne con disabilità il divario raggiunge addirittura 25 punti percentuali.

l’analisi di inail

La nuova pubblicazione, elaborata dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto (Dossier donne 2023) analizza i dati mensili ancora provvisori del biennio 2021-2022 (rilevati al 31 dicembre di ciascun anno) e quelli annuali consolidati del quinquennio 2017-2021 (rilevati al 31 ottobre 2022) per descrivere il fenomeno infortunistico, in relazione alle varie caratteristiche che lo contraddistinguono (genere, età, modalità di accadimento, settore di attività, territorio, Paese di nascita).

INFORTUNI AL FEMMINILE I DATI DEL 2021 IN PILLOLE
• Infortuni sul lavoro denunciati: 205.610 (-16,1% rispetto al 2020)
• Casi mortali denunciati: 148 (192 nel 2020)
• Infortuni in itinere denunciati: 40.909 (+27,0% rispetto al 2020)
• Casi mortali in itinere denunciati: 44 (38 nel 2020)
• Infortuni domestici denunciati: 528 (751 nel 2020)
• Malattie professionali denunciate: 14.878 (+23,4% rispetto al 2020)

I dati  riepilogativi

Tab_1

a) I primi dati del 2022: tra gennaio e dicembre 2022, rispetto all’analogo periodo del 2021, si registra un deciso aumento delle denunce di infortunio in complesso (+25,7%), sia in occasione di lavoro (+28,0%) che in itinere (+11,9%).
L’aumento tra il 2021 e il 2022 ha riguardato sia la componente maschile, che presenta un +16,0% (da 354.679 a 411.251 denunce), sia soprattutto la componente femminile, che registra un aumento del 42,9% (da 200.557 a 286.522).

b) I casi mortali nel 2022: per quanto riguarda il 2022 bisogna evidenziare che il confronto richiede cautela in quanto i dati delle denunce mortali, più di quelli relativi alle denunce complessive, risentono di una maggiore provvisorietà. I casi mortali denunciati nel 2021 all’Istituto entro lo scorso mese di dicembre sono state 1.090, 131 in meno rispetto alle 1.221 registrate nel 2021 (-10,7%), sintesi di un decremento delle denunce osservato in tutti i mesi del quadrimestre gennaio-aprile (-33,8%) e di un incremento complessivo nel periodo maggio/dicembre (+7,1%). A livello nazionale i dati, seppur provvisori, evidenziano un decremento nel 2022 rispetto al 2021 solo dei casi avvenuti in occasione di lavoro, scesi da 973 a 790 (-18,8%), per il notevole minor peso delle morti da Covid-19, mentre quelli in itinere sono aumentati del 21,0%. Il calo rilevato tra il 2021 e il 2022 è legato soprattutto alla componente maschile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 1.095 a 970 (-11,4%), mentre quella femminile passa da 126 a 120 casi (-4,8%).

c) Il trend nel quinquennio 2017-2021: concentrando l’attenzione sui dati annuali più consolidati, aggiornati al 31 ottobre 2022, nel quinquennio 2017-2021 emerge una diminuzione complessiva del 12,7% delle denunce di infortunio sul lavoro (dalle 646.661 del 2017 alle 564.311 del 2021). Il calo ha interessato entrambi i generi: -13,3% per i lavoratori (da 413.704 a 358.701 casi) e -11,7% per le lavoratrici (da 232.957 a 205.610). Nel 2020, complice anche il più elevato numero di contagi da Covid-19 tra le donne rispetto agli uomini, era risultata in aumento di sette punti percentuali (43%).
Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate sono stati complessivamente 1.400, 219 in più rispetto al 2017. Le lavoratrici hanno registrato 34 casi in più, da 114 a 148, pari a un incremento percentuale del 29,8%, quasi il doppio rispetto al +17,3% registrato nello stesso arco di tempo tra i lavoratori, passati da 1.067 a 1.252 decessi (+185 casi).

d) La distribuzione territoriale: nel 2021 le denunce femminili hanno registrato una diminuzione del 16,1%, rispetto all’anno precedente, che ha interessato tutte le aree geografiche del Paese, in particolare Nord (-21,7%), Centro (-5,0%) e Sud (-4,7%). Gli infortuni femminili si concentrano per circa i due terzi al Nord (62%), seguito dal Centro (20%) e dal Sud (18%). Anche i decessi per il genere femminile hanno subito una riduzione tra il 2020 e 2021 (da 192 a 148), sintesi di un calo sia al Nord (da 107 casi mortali nel 2020 a 67 nel 2021) che nel Sud (da 55 a 39) e di un aumento al Centro (da 30 a 42). Nel Nord si concentra il 46% dei casi mortali, al Centro il 28% e nel Sud il 26%.

e) Le classi di età: l’allungamento della vita lavorativa costituisce ormai un fenomeno che investe tutti i settori produttivi e che ha aumentato l’esposizione al rischio di infortuni e malattie professionali. L’invecchiamento è una condizione nella vita delle persone nella quale si verificano modificazioni fisiologiche e psicologiche che hanno ripercussioni rilevanti sull’attività lavorativa, con risposte diverse da parte di uomini e donne anche a parità di esposizione alla stessa fonte di rischio; le infortunate, ad esempio, sono tendenzialmente più anziane degli uomini.

Con 30.491 denunce, la fascia dai 50 ai 54 anni è la più colpita in valore assoluto, rappresentando circa il 15,0% di tutti gli infortuni al femminile del 2021. All’interno di questa classe di età, in particolare, gli infortuni delle donne costituiscono il 41% del totale riferito a entrambi i generi. Lungo tutto l’ultimo quinquennio, inoltre, vi è stato un aumento di quasi il 34% delle denunce per la fascia dai 65 ai 69 anni, dai 2.527 casi del 2017 ai 3.384 del 2021 (con un picco di 3.617 denunce nel 2020), limitato per il genere maschile a solo +2,5%. Per le donne si registrano nel 2021 diminuzioni rispetto all’anno precedente tra le 25-69enni, in particolare nelle classi dai 45 ai 49 anni (-28,6%) e dai 50 ai 54 anni (-26,7%), e aumenti per le under 25 (+39,5%) e le over 69 (+5,3%). Per gli infortuni mortali femminili avvenuti nel 2021, un quinto dei casi (31) riguarda la classe di età 50-54 anni, seguita dalle 60-64enni (24) e dalle 55-59enni con 23 decessi (erano 54 nel 2020).

f) Gli infortuni in itinere: la modalità di accadimento degli infortuni “in itinere” è una delle variabili che ha risentito maggiormente dell’emergenza Coronavirus. Nel biennio 2020-2021, infatti, le denunce in complesso per infortuni sul lavoro occorsi alle lavoratrici nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro risultano di poco inferiori a quelle degli uomini (40.909 casi contro 43.434), a differenza di quanto avvenuto negli anni pre-pandemia, quando il numero delle lavoratrici infortunate in itinere ha sempre superato quello dei lavoratori.

In termini relativi, la quota degli infortuni in itinere sul totale degli infortuni dello stesso sesso è rimasta comunque più elevata per le donne rispetto agli uomini, anche se nel biennio 2020-2021, ma soprattutto nel 2020, complice il massiccio ricorso allo smart working, è scesa notevolmente: dal 23% medio del triennio 2017-2019, al 13% del 2020 e al 20% del 2021. Anche per i casi mortali avvenuti in itinere, l’incidenza tra le lavoratrici nel 2021 è più elevata e pari a circa un decesso su tre (44 su 148), rapporto che per gli uomini scende a meno di uno su cinque (225 su 1.252). La quota di casi mortali in itinere sul totale dei decessi era comunque notevolmente più elevata nel triennio 2017-2019 (mediamente il 50% per le donne e il 25% per gli uomini).

g) Violenza sulle donne: le lavoratrici vittime di aggressioni o violenze (come ad esempio quelle da parte di pazienti o loro familiari nel caso delle operatrici sanitarie, da studenti e parenti nel caso delle insegnanti, fino alle rapine in banca e negli uffici postali) rappresentano circa il 3% di tutti gli infortuni femminili avvenuti in occasione di lavoro e riconosciuti dall’Inail. Tra queste, oltre il 60% svolge professioni sanitarie e assistenziali. Seguono, a distanza, insegnanti e specialiste dell’educazione e della formazione, impiegate postali, personale di pulizia, addette ai servizi di vigilanza e custodia, alle vendite e alla ristorazione.
Nel quinquennio 2017-2021 sei casi su 10 di violenza sulle donne sono stati denunciati al Nord, con Emilia Romagna, Lombardia e Veneto complessivamente con il 40% circa dei casi, seguito da Centro e Sud con un quinto dei casi per entrambe le ripartizioni geografiche.

h) Donne e Covid: l’aumento tra il 2021 e il 2022 relativo alla componente femminile è stato in larga misura influenzato dal notevole incremento degli infortuni in occasione di lavoro e, in particolare, di quelli da Covid-19.

Gli infortuni sul lavoro correlati al virus, infatti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria hanno coinvolto maggiormente le donne (68%), perché numericamente più presenti in quegli ambiti lavorativi con un’esposizione elevata al rischio di contagio come, ad esempio, il settore della sanità e dell’assistenza sociale, la grande distribuzione, le pulizie. Al contempo, l’incremento nel 2022 degli infortuni “tradizionali”, sempre al femminile, è da leggersi sia alla luce di una fase economica espansiva che di un minor ricorso allo strumento del lavoro agile rispetto al 2021.

Più analiticamente, possiamo dire che su 315.055 denunce di infortunio sul lavoro da Sars-CoV-2 pervenute all’Inail dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 31 dicembre, quelle che riguardano le donne sono infatti 215.487, pari a poco meno di 7 contagi su 10. Il 43,8% delle contagiate ha oltre 49 anni, il 37,0% tra i 35 e i 49 anni, mentre il 19,2% è under 35. Le professioni maggiormente esposte al rischio Covid sono quelle sanitarie, a partire dai tecnici della salute col 41,4% delle contagiate, in prevalenza infermiere ma anche fisioterapiste e assistenti sanitarie. Seguono le operatrici socio-sanitarie (18,8% delle denunce), i medici (6,9%) e le lavoratrici qualificate nei servizi personali e assimilati (6,6%). Tra le professioni non strettamente sanitarie, ai primi posti figurano le impiegate addette alla segreteria e agli affari generali (5,6%), le addette alle pulizie, anche di ospedali e ambulatori (2,1%), le insegnanti delle scuole primarie e pre-primarie e le impiegate addette al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta (1,7% per entrambe le categorie).

Le vittime da contagio sono complessivamente 891, di cui 154 lavoratrici, pari al 17,3% del totale, in linea con quanto registrato per l’insieme dei morti sul lavoro (mediamente l’11%). Le lavoratrici decedute sono generalmente più adulte, infatti l’86,4% ha oltre 49 anni e nessuna meno di 35.

L’emergenza determinata dalla pandemia ha fornito l’opportunità di ripensare determinate modalità organizzative afferenti al mondo del lavoro. Pertanto, onde mettere a frutto tale eredità, appare necessario ricalibrare la posizione normativa, e soprattutto culturale, nei riguardi della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento alle differenze di genere che andranno valorizzate e non considerate un ostacolo. E’ positivo, comunque, che anno dopo anno si assiste a una crescita, in termini di consapevolezza, di quanto la differenza di genere debba essere declinata anche sul versante salute e sicurezza non soltanto dal punto di vista della maternità ma, anche e soprattutto da quello più ampio, della donna/lavoratrice.

Ad oggi, infatti, con riferimento alla valutazione dei rischi in ottica di genere si rilevano difficoltà attuative e, più in generale, carenza di metodologie standardizzate. Risultano ancora frequenti valutazioni del rischio che riportano riscontri generici, riferiti spesso alla sola tutela delle lavoratrici madri, senza però procedere poi a una reale diversificazione della valutazione dei fattori di rischio per la salute e la sicurezza in base al genere. Questa differenziazione va necessariamente basata su dati scientifici di evidenza che possano motivare specifici fattori di aggravio di alcuni rischi o, in altri casi, motivarne l’indifferenziazione in base al genere, richiedendo una diversa valutazione in base, ad esempio, all’età o ad altre variabili.

Una valutazione oggettiva delle differenze e peculiarità fra generi diventa uno strumento per raggiungere una tutela realmente paritaria, inclusiva ed efficace, portando spunti di conoscenza che, nel tempo, si tramutino in un patrimonio comune, per un mondo del lavoro più equo, sicuro e salubre.

i) Le malattie professionali: i primi dati provvisori del 2022, rilevati al 31 dicembre, mostrano come nel complesso le denunce di malattia professionale protocollate dall’Istituto siano passate dalle oltre 55mila del 2021 alle circa 61mila del 2022 con un incremento del 22,8%.

Prendendo in considerazione il trend nel quinquennio 2017-2021 si rileva che le malattie professionali denunciate dalle lavoratrici nel 2021 sono state 14.878, 2.817 in più rispetto all’anno precedente (+23,4%) e pari al 27% delle 55.202 denunciate nel complesso, che rispetto alle 57.996 del 2017 sono calate del 4,8%, per effetto di una riduzione del 4,3% per gli uomini e del 6,1% per le donne. Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo si confermano tra le più prevalenti anche nel 2021 e insieme a quelle del sistema nervoso raggiungono l’82% del totale delle denunce. Questo risultato, però, nasconde una differenza ben marcata tra uomini e donne: se le malattie citate rappresentano il 78% delle denunce dei lavoratori, la stessa percentuale sale al 92% tra le lavoratrici (13.705 delle 14.878 denunce femminili complessive).

Nei disturbi psichici l’incidenza femminile è più alta: rapportando il numero delle denunce femminili per una determinata patologia sul totale delle denuncie registrato nella stessa patologia, si distinguono i disturbi psichici e comportamentali e le malattie del sistema nervoso, rispettivamente con il 47% e il 39%. Nel 2021, in particolare, i disturbi psichici sono stati denunciati in misura simile da entrambi i sessi (191 casi per il genere femminile e 215 per quello maschile), ma con una percentuale per le lavoratrici sul totale delle malattie dell’1,3%, più del doppio di quella degli uomini, pari allo 0,5%. A prevalere sono i disturbi nevrotici, legati a stress lavoro-correlato, ad esempio per mobbing (l’82% per le donne e il 76% per gli uomini), seguiti dai disturbi dell’umore (rispettivamente il 14% e il 20%).

l) Conclusioni: dall’analisi di questo studio ci sembra di poter affermare che questo lavoro dell’INAIL riproponga la necessità di dare sempre più attenzione al mondo del lavoro femminile, nella profonda convinzione che l’uguaglianza di genere non sia solo una questione etica e valoriale, ma una forma di avanzamento e progresso per una società più consapevole e matura. E’ necessario, quindi, un salto di qualità nell’affrontare la prevenzione in ottica di genere, anche perché, malgrado si cominci a comprendere la necessità di parlare di differenza di genere anche in materia di salute e sicurezza, molto, su questo tema, è ancora da fare.

E in questo senso è importante poter conoscere e approfondire le specificità che riguardano, nel nostro Paese, la diffusione di infortuni e malattie professionali tra le donne, cercando di cogliere anche le più adeguate e mirate strategie di prevenzione, ad esempio con riferimento alla valutazione dei rischi in ottica di genere.

In definitiva, alla luce di quanto evidenziato in questo studio, crediamo che ci sia sempre di più l’esigenza di un’appropriata formazione sui temi della tutela differenziata nei luoghi di lavoro.

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