La questione dei fringe benefit sulle agevolazioni finanziarie ai dipendenti ha creato un grande disagio tra i colleghi che avevano sottoscritto, anche nel recente passato, contratti di mutuo a tasso fisso inferiore al tasso di riferimento BCE.
Sono interessate peraltro, come da comunicazione in Echonet del 27/02 (da notare la tempestività…) tutta una serie di facilitazioni tra le quali le quote interessi relative a prestiti; scoperti di c/c; auto aziendale assegnata per uso promiscuo; alloggio aziendale e tutto ciò che è ricompreso nel welfare aziendale.
La norma, che considera “reddito imponibile” il beneficio derivante dalla differenza tra i due tassi, è nota da tempo ma non ha finora trovato applicazione in quanto il tasso di riferimento era stato da molti anni pari a zero mentre, ad oggi, si attesta al 3%. All’epoca dell’ultima revisione delle condizioni dei mutui per il personale – quando i dipendenti avevano convenienza ad avvalersi della surroga per beneficiare del ribasso dei tassi – la Banca, per limitare la perdita di attivi creditizi “sicuri”, decise di sottoscrivere una rinegoziazione contrattuale con la previsione in contratto del nuovo tasso, senza fare alcun riferimento a quanto disposto dall’art. 51 del tuir che, a prescindere dal tasso bce, era comunque in vigore.
La Banca potrebbe adottare, come abbiamo richiesto, un’interpretazione più tutelante per i colleghi. Si potrebbe, infatti, ritenere che, siccome il tasso contrattuale è quello effettivamente pagato e corrisponde al tasso di mercato del periodo in cui il mutuo fu rinegoziato, esso non rappresenti un’agevolazione a favore dei dipendenti e, dunque, non sarebbe soggetto alla tassazione in riservata ai fringe benefits dal TUIR.
La forma giuridica della rinegoziazione contrattuale, in luogo dell’aumento del contributo in conto interessi, scelta dall’azienda – come dalla Banca stessa evidenziato per bocca dei suoi massimi esponenti – avrebbe dovuto avere il preciso scopo di sottrarre i dipendenti dall’applicazione delle imposte sui FB.
L’interpretazione adottata da BNL prevede, invece, che la sola qualifica di “dipendenti” consideri il tasso negoziato (a suo tempo superiore al tasso ufficiale di sconto, ma oggi inferiore) un benefit. Le OO.SS. hanno, nel corso del 2022, allertato la banca che il fenomeno sarebbe stato più esteso di quanto segnalato dalla stessa.
Anche perché si sovrapponeva alla campagna di utilizzo del welfare aziendale che, come abbiamo a suo tempo denunciato, avrebbe fatto “saltare” il limite di esenzione di 3.000 euro in vigore nel 2022.
Tale soglia è purtroppo tornata, nell’anno corrente, all’ importo originario di euro 258,23. La tempesta perfetta determinata da: Aumento dei tassi da 0%all’attuale 3% e abbattimento della soglia di esenzione da euro 3.000 ad euro 258,23 avrà un impatto pesante sui conti di tanti colleghi.
Rileviamo la scarsa sensibilità dimostrata dalla Banca nel fornire informazioni tardive ai suoi dipendenti.
Riteniamo sia poco rispettoso verso i colleghi coinvolti che gli addebiti effettuati dalla Banca come sostituto di imposta, siano stati comunicati il giorno prima dello stipendio di febbraio mettendoli in una situazione di estrema difficoltà.
Il Sindacato ha da mesi incalzato la Banca su questo tema sollecitando chiarezza interpretativa su un tema tanto delicato nel quale la Banca riveste il ruolo di sostituto d’imposta.
Le risposte si sono limitate alla tardiva comunicazione in Echonet ed a mail individuali agli interessati il giorno lavorativo precedente all’accredito dello stipendio. Forse uno sforzo di trasparenza e comunicazione preventiva, in un Gruppo multinazionale che ribadisce di continuo valori di vicinanza, solidarietà ed inclusione ci poteva proprio stare: riteniamo che questa sia una ulteriore dimostrazione di come la Banca usi i propri dipendenti come compensazione di una confusionaria organizzazione e una totale mancanza di visione per il futuro.
Roma, 01 Mar 2023
Segreterie di Coordinamento Nazionale Gruppo BNL
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN