Intesa Sanpaolo – Reggio Calabria: la solitudine dei numeri primi

Assistiamo giornalmente ad una realtà lavorativa significativamente difforme da quella che viene rappresentata e pubblicizzata. Ma purtroppo quella vera è quella vissuta!

Siamo già dentro la banca digitale, è iniziato il processo di migrazione in senso lato, ma nonostante questo i colleghi dentro le filiali, soprattutto nella rete, vivono e subiscono un crescente stress lavorativo legato a inefficienze procedurali, organizzative, funzionali.

Abbiamo molti primati ma ci mettiamo anche settimane per ricevere risposte dall’ assistenza tecnico procedurale, il mitico ticket web, per la soluzione di problemi che inficiano la consulenza, i famosi successi, e che sfiniscono e deludono i clienti (“attendere prego”) ma anche i colleghi che ci mettono la faccia, anzi che la perdono per non riuscire a dare le risposte attese e dovute. E questo è’ un problema a 360 gradi, cioè riguarda tutti gli ambiti aziendali: retail, exclusive, imprese, agribusiness.

Siamo i primi ma non riusciamo a far sì che i dispositivi Atm siano sempre funzionanti: eppure abbiamo eliminato quasi completamente le casse affermando che non erano necessarie, salvo poi non garantire il servizio per problemi di linea, guasti tecnici, sostituzione di pezzi mancanti che si prova a rastrellare dove capita (meraviglioso, ma non sufficiente il magazzino Ubi): le macchine in uso sono vetuste e non adeguate all’ utilizzo e spesso si inceppano per i troppi versamenti (il contante non si usa più).

Siamo i primi ma non riusciamo ad avere dotazioni lavorative snelle e efficaci, per esempio: per avere uno scanner ed evitare continui avanti indietro da stampanti condivise e lontane dalla postazione, i colleghi devono aspettare la chiusura di qualche filiale e mettersi in fila per verificare se ne avanza qualcuno: per non parlare dei tempi medi mattutini per riuscire ad avviare il pc a causa di continui aggiornamenti, con appuntamenti presi dai clienti, sin dall’apertura (attendere prego)

Siamo digitali, abbiamo la filiale on line: peccato però che la stessa indirizzi sempre e comunque i clienti alla filiale fisica per quasi ogni problema: per non parlare dell‘accensione dei conti on line che richiede obbligatoriamente gli adempimenti di verifica nelle filiali scelte dai clienti. I colleghi si ritrovano spesso di fronte clienti a cui, per ragioni ambientali, magari avevano detto che non era possibile avviare relazioni. Questo è un altro grande tema, che nessun algoritmo sarà mai in grado di implementare e dimostra che i modelli unici non vanno bene su tutto il territorio; per non dire dei rischi e degli impatti negativi economici che ricadono sulle povere filiali, alle quali viene imputato il default per l’utilizzo non coperto, di carte di credito rilasciate, velocemente, a perfetti sconosciuti, in beffa a qualunque valutazione di merito creditizio! Ma facciamo riunioni continue per il presidio del rischio.

Premiati per l’app, ma i clienti vanno educati a diventare tecnologici e questo rientra fra le incombenze dei colleghi, nel tempo, nella fatica, nell‘uso della pazienza, della professionalità, della disponibilità, a volte, ignorata e neppure riconosciuta: e sta dentro sempre alla stessa durata della giornata lavorativa che purtroppo nessun miracolo ha moltiplicato nelle ore: sono sempre 7,30 ma ne servirebbero sicuramente il doppio; forse se ci fossero più persone, già’ le persone, le nostre persone, sarebbe tutto più’ possibile. E’ proprio vero che sono preziose, più corretto dire rare.

Parliamo della domanda di uscita lavorativa che tanti, troppi rispetto alle disponibilità’, hanno sottoscritto: segnale importante sia per chi vuole andare via (oggi più che mai, anzi vuole quasi scappare) ma anche per chi resta: in che condizioni ancora più pesanti e faticose si lavorerà?

Questo mitico digitale, questa rivoluzione attesa di riorganizzazione non risolverà’ i problemi: riduciamo filiali, riduciamo colleghi, ma la clientela rimane, esiste e dovrà essere assistita, almeno questo affermiamo.
Siamo i primi ma non per il benessere dei colleghi, le nostre famose persone sono sfinite: devono sopperire a carichi di lavoro impossibili, alle assenze di esodati mai sostituiti, agli organici carenti, senza conseguente e adeguata riduzione dei budget strutturati sul numero delle risorse assegnate e non su quelle effettive. Bisogna vendere i prodotti, scusate fare consulenza, fare le Skype, anche più volte al giorno, fare autoformazione anche su prodotti o procedure che a volte scopriamo lavorando; fare riunioni consuntive, anche infra giornata, servire clienti con e senza appuntamento, rispondere al telefono fisso, al cellulare, alle mail dei clienti, rispondere ai clienti che comunicano tramite internet; lavorare le liste, fare le pratiche, caricare il bancomat, inserire i prestiti, parlare sempre e continuamente di tutela, fare la formazione, anche quella obbligatoria comunicata oggi per dopodomani, accompagnare i clienti ai dispositivi automatici, assisterli nell’app, quasi da OSS; pianificare e suggerire strategie per crescere… Risultato: pronti a esplodere, a scoppiare, colpiti e affondati.

E anche volendo la disponibilità H24 del supporto psicologico non giustifica che si debba vivere serenamente la giornata lavorativa per non parlare del peso morale della consapevolezza delle difficoltà quotidiane a volte di sopravvivenza che giorno dopo giorno e sempre di più, aziende e famiglie si trovano ad affrontare e i colleghi a condividere: e non basta il prestito sociale, magari li aiuta la polizza!

E’ INDISPENSABILE, anche per chi continua a negarlo, riaffermare e tornare, nei fatti alla normalità, al tempo umano, al tempo possibile (il covid avrebbe dovuto insegnarlo, ma si vedono solo peggioramenti☹, l‘uomo non impara, neppure dalla storia) all‘umanizzazione del lavoro, ad organizzazioni di vita lavorative veramente compatibili: e la soluzione va offerta anche a chi lavora in forma tradizionale, perché il problema non è il dove, non è il luogo, ma è solamente il come, ossia in che condizioni viene messo il lavoratore per svolgere il proprio compito: e quelle vissute, ormai da anni, dimostrano un continuo deterioramento della qualità di vita lavorativa e non ne saranno certamente panacea, l’espressione domestica o quella evoluta, l’hub.

L’azienda non vuole problemi, ma i lavoratori necessitano di soluzioni indispensabili: le attendono da troppo tempo.

Reggio Calabria, 17 febbraio 2023

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