La fisionomia del sistema di acquisto di bitcoin si presta ad agevolare condotte illecite, per il fatto che permette di garantire un elevato grado di anonimato. Lo afferma la Corte di Cassazione con la Sentenza 27023 Seconda Sezione Penale.
Infatti, nel confermare misure cautelari anche per il reimpiego dei proventi di reati associati ad attività speculative come ‘acquisto di cripto valute, la Corte ha respinto un ricorso presentato con la quale si argomentava come le operazioni in questione non avessero finalità speculative aggiungendo che, comunque, le regole del mercato di riferimento essendo improntate alla massima trasparenza, non consentono di celare l’identità dell’acquirente.
La Cassazione, invece,ha espresso un parere contrario affermando che l’indicazione normativa dell’art.648ter1 antiriciclaggio Codice penale sulle attività in cui il denaro è frutto del reato presupposto può essere impiegato/trasferito non costituisce un elenco formale, ma piuttosto individua delle macroaree, tutte collegate dalla caratteristica dell’impiego finalizzato ad ottenere un utile inquinando in tal modo il circuito economico. In questa prospettiva nella nozione di attività speculative può essere ricondotta una pluralità di attività.
Per le valute virtuali la sentenza sottolinea che possono essere utilizzate per fini diversi dal pagamento ma anche per ottenere prodotti di riserva di valore per obbiettivi di risparmio o di investimento. Di conseguenza è possibile ottenere il massimo anonimato senza previsioni di controllo in ingresso e di provenienza di denaro convertito.
Infatti la Normativa antiriciclaggio italiana ha fatto fronte alla situazione anticipando la V Direttiva europea in materia di cripto-valute, valute virtuali e destinatari degli obblighi di prevenzione, affiancando queste misure a quelle penali previste dal Codice in tema di riciclaggio ed auto-riciclaggio.