dal sito fisacgruppointesasanpaolo.it
“Le nostre persone sono il centro vitale della Banca” dichiara il CEO Carlo Messina, “il personale è il fattore chiave della crescita del Gruppo”, recitano i comunicati stampa. Qualcosa però in questa narrazione non ci convince e ci appare artefatto.
Stride, ad esempio, con le tante denunce delle OO.SS. sullo stress da lavoro correlato in costante crescita.
Stride anche con organici ormai inadeguati che portano molti colleghi a prendere in considerazione l’idea di dimettersi, da tanto si sentono sopraffatti, e quelle effettivamente realizzate non fanno che aggravare ancor più il problema.
Registriamo una crescente disaffezione tra i colleghi assunti con il cosiddetto “contratto misto”, formula che prevede alla fine del primo biennio la facoltà del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro dipendente da part-time a full-time.
Questi giovani colleghi, selezionati tra i migliori laureati d’Italia, appaiono sempre più frustrati e disillusi. Dopo due anni difficili, alla richiesta di conversione del rapporto di lavoro, frequentemente si vedono trasferiti in tutt’altra zona del Paese, non solo rispetto alla propria residenza, ma anche rispetto alla attuale assegnazione.
In questo caso, la questione delle esigenze aziendali regge poco, anzi, non regge per nulla: i problemi di carenza di personale si risolvono solo anticipando le assunzioni in programma nei prossimi anni.
Resta comunque difficile conciliare le dichiarazioni di attenzione alle persone di una Banca che poi appare sorda alle loro necessità di conciliazione vita-lavoro (i trasferimenti, solitamente, sono presso località che distano tra loro centinaia di chilometri), soprattutto in presenza di neo genitorialità.
Non comprendiamo come, dopo aver investito nella formazione di queste “persone”, si possa con apparente disinteresse accettare che queste vadano ad arricchire la professionalità di aziende concorrenti.
Non comprendiamo come un’azienda, che si proclama etica e che dichiara di essere attenta ai bisogni del proprio personale, non comprenda l’importanza di dare stabilità e certezze a questi lavoratori, in modo tale che possano immaginare di costruirsi un futuro fatto non solo di lavoro ma, se lo desidereranno, anche di famiglia e figli, senza doversi anche preoccupare di girare l’Italia come un pacco postale.
Non vorremmo che proprio la nostra Azienda si mostrasse del tutto disinteressata a problemi che non sono solo individuali, ma che impattano anche sulla tenuta sociale del nostro Paese.
Se non per etica, se non per sensibilità, tutte le aziende dovrebbero comprendere che questa cecità sta disgregando la nostra società, minandone la solidità anche economica con progressivi effetti negativi anche per il mercato cui tengono molto.
Ci auguriamo che lo “strabismo di Venere” su tali vicende possa essere rapidamente corretto dando sostanza a dichiarazioni, ad oggi, non così convincenti.